Da una parte, in tv, un uomo in poltrona, che la rete ha preso in giro con simpatia nel pomeriggio portandolo in cima ai trending topics di Twitter, con battute sulla sua piattezza comunicativa.

“Il discorso di fine anno di Mattarella si terrà a reti mummificate” dice @asialollo15, altri pubblicano gif di bradipi che sbadigliano, altri foto di tavolette sumere sulle quali il Presidente avrebbe scritto il testo del suo intervento. Mattarella si vendicherà più tardi con un monito contro il web.

Dall’altra parte, non a reti unificate ma unicamente sulla rete c’è l’inquadratura di un sistema operativo su un computer. E’ Rousseau, col quale Grillo raddoppia la dose dell’uso di Internet nella politica.

Durante il 2016 la politica si è spaccata fra il Sì e il No al referendum costituzionale (dico la politica, perché in realtà il Paese era unito dalla parte del No); ad inizio 2017 la politica italiana è ancora spaccata, stavolta sul ruolo della rete nell’informazione.

Se da una parte infatti tutti concordano sul fatto che il problema principale in questo momento storico sia il lavoro – ed è d’accordo pure Papa Francesco -, lo scontro è invece accesissimo su un fronte sorprendente, quello della guerra al web.

Veniamo da giorni di polemica sul ruolo del web nell’informazione. Una polemica non solo italiana.

L’ultimo botta e risposta è stato, il 30 dicembre, fra il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella e lo stesso Beppe Grillo. “Servono regole e sanzioni contro le bufale online: i pubblici poteri devono controllare l’informazione”, dice il primo. “È una nuova inquisizione contro Internet”, risponde il cofondatore del Movimento 5 Stelle.

Il malumore dell’establishment nei confronti del web ha qualche giorno in più e viene dalle recenti sconfitte elettorali subite.

Dopo la sconfitta contro Trump, che fa dei social network il suo media preferito continuando a snobbare e ad attaccare i media tradizionali anche da presidente eletto, Hillary Clinton rompe il silenzio solo per attaccare il web come mezzo d’informazione: le notizie false che corrono sul web sono una “epidemia e “un pericolo che va affrontato e va affrontato in fretta”.

Anche la Merkel, il cui gradimento è crollato negli ultimi mesi se l’è presa col web: “Gli algoritmi di Google e Facebook minacciano il dibattito democratico, ha detto.

Venendo all’Italia, Napolitano un mese fa disse: “Faccio fatica ad abbracciare questo pseudo metodo di coinvolgimento popolare ma bisogna reagire a questa ondata semplificatrice e in sostanza mistificatrice del click”.

Perfino Renzi, che col web ha provato a dialogare, si arrende dopo la sconfitta al referendum confermando di non averlo mai capito a fondo: “Abbiamo perso sul web. Abbiamo lasciato il web a chi diffonde di falsità”. Con questa mentalità non può che indirizzare il Pd verso nuovi errori sulla comunicazione online.

Nel suo discorso di fine anno Grillo definisce tutti loro “bambini della comunicazione che non capiscono la tecnologia”. Una similitudine che rende l’idea. Le forze al potere non hanno accettato la sconfitta da parte di chi, con pochi soldi, ha saputo comunicare col web. E oggi, invece di fare autocritica, se la prendono col mezzo. Vogliono bucare il pallone”. Grillo definisce i loro mezzi “rumori della stampa, delle televisioni, dei giornali che non hanno spostato nulla”, in termini di voti.

Mattarella col suo discorso di fine anno invece fa sapere di stare dalla parte di quelli che attaccano il web riducendolo a fonte di post-verità (neologismo e parola dell’anno secondo l’Oxford English Dictionary che, avendo visto lungo, la definisce una notizia completamente falsa ma che, spacciata per autentica, è in grado di influenzare una parte dell’opinione pubblica).  Il passaggio di Mattarella è questo: “Il web è uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi”.

Cosa significa “preservare e difendere” il web? Detto dal Capo dello Stato significa abbracciare la proposta di Pitruzzella, dai toni molto simili a quella che abbiamo citato della Merkel, facendo pensare che la guerra al web sia qualcosa di deciso ai piani alti delle istituzioni: “Oggi Facebook è il portiere dell’informazione – ha detto Pitruzzella – al di là dell’algoritmo con cui si pensa di combattere le false notizie, rischia di trasformarsi a sua volta in censore decidendo quali contenuti del suo miliardo e passa di utenti possano circolare o meno. Io penso che questo ruolo di guardiano debba essere esercitato da un’Authority statale che offra garanzie di neutralità ma che sia anche in grado di intervenire con prontezza nei casi più gravi”.

Il motto potrebbe essere “sovranità sulla rete”, ma il copyright è del governo cinesewangluo zhuquan”, che è riuscito nell’impresa di selezione delle informazioni che possono essere lette su Internet dalla popolazione. Ci è riuscito però solo creando un altro Internet, nazionale, solo cinese, una sorta di Intranet.

E’ impossibile controllare la rete. La rete è perfetta perché si controlla da sé. Il tentativo di esercitare “sovranità sulla rete” porta inevitabilmente al drastico modello dittatoriale cinese, dato che gli utenti cercherebbero sempre nuovi sistemi per mantenere la propria libertà sul web, innescando così un braccio di ferro con lo Stato e quindi un’escalation dell’uso della forza da parte di quest’ultimo.

Dal paragone dei due discorsi di fine anno emergono quindi principalmente due idee opposte di comunicazione. Lo scontro nel 2017 si eleverà: si sta passando dallo scontro sul messaggio allo scontro sul mezzo. Una sorta di battaglia finale tra passato e futuro, dove vincerà, come sempre, il futuro. Speriamo senza esser costretti ad assistere a prove di dittatura e altri abusi.

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