Con il 68% di raccolta differenziata nel 2014, sulla carta è la regione più virtuosa per la gestione dei rifiuti in Italia. Ma in Veneto qualcosa non torna. A saltare subito all’occhio gli incendi in stabilimenti e mezzi del ciclo dei rifiuti: più di 20 negli ultimi due anni. Un fenomeno in crescita negli ultimi anni che, spiega il deputato Pd Alessandro Naccarato, autore di molte interrogazioni sui roghi tutte rimaste senza risposta, “indica un’attività criminale, dotata di notevoli capacità operative e organizzative, finalizzata a condizionare il mercato della raccolta e smaltimento rifiuti”. Carabinieri dei Noe e Dda del Veneto sono al lavoro per cercare i fili conduttori che legano le fiamme, convinti che non si tratti quasi mai di episodi isolati, quasi mai di incidenti. Chi sta conducendo le indagini racconta a ilfattoquotidiano.it: “Il riassetto di poteri ed equilibri sul territorio ha dei danni collaterali. In molti casi potrebbe trattarsi di mafia senza mafiosi e mafiosi senza mafia: persone fuori dalle organizzazioni malavitose che stanno però adottando il loro linguaggio”.
Padova Tre e la voragine da 30 milioni
Le storie sono tantissime e diverse, in un puzzle in cui spicca lo scandalo che ha travolto la società pubblica Padova Tre, divorata da un buco di 30 milioni di euro. Una spada di Damocle che pende sulle teste di cittadini e dipendenti. Creata dai Comuni del consorzio Padova Sud, dal 2010, insieme alle imprese Sesa, De Vizia Transfer e Abaco, gestisce il ciclo dei rifiuti in 58 municipi della bassa padovana. Con un’anomalia non da poco, che infatti è finita sotto la lente di ingrandimento di Corte dei conti, Anac e procura: affidante e affidatario dell’appalto sono in sostanza la stessa persona. Le indagini della Guardia di Finanza sono ancora in corso, ma sono già emerse pratiche fuori controllo. “I Comuni più grandi e politicamente più forti erano riusciti a contrattare prezzi più bassi rispetto ai servizi di cui usufruivano, ma questo beneficio veniva scaricato su tutti gli altri che si trovavano a pagare di più”, denuncia Francesco Miazzi del comitato Lasciateci respirare di Monselice. Parliamo, spiega a Il Fatto.it chi ha lavorato al risanamento dei conti dietro garanzia di anonimato, “di una quindicina di Comuni che pagavano anche mezzo milione in meno di quanto previsto dalle gare”.
I legami col business dell’accoglienza
E a pesare sui bilanci sarebbero stati anche i soldi trasferiti dalla Padova Tre alla sua partecipata fino al 2014 Ecofficina, cooperativa entrata nel business dell’accoglienza migranti. Con l’obiettivo di renderla subito competitiva in un settore così lucroso. Ecofficina è la stessa cooperativa che gestisce il centro di prima accoglienza di Cona, in provincia di Venezia, finito al centro delle notizie di cronaca nelle ultime ore a causa della rivolta scoppiata in seguito alla morte della giovane Sandrine Bakayoko. A legare Ecofficina a Padova Tre è Simone Borile, ex vicepresidente della società che si occupa di rifiuti e marito di Sara Felpati, amministratore della coop che si occupa di accoglienza. Anche i legami tra le due società sono finiti dentro l’inchiesta della procura di Padova, con la guardia di finanza che nel novembre scorso ha perquisito gli uffici di Ecofficina, che nel frattempo si è “staccata” dall’azienda di smaltimento rifiuti.
Proroga di affidamenti senza gara
Ma Padova Tre non è l’unica società nei guai con la giustizia. Basta spostarsi di pochi chilometri per trovare Etra, multiutility in mano a 75 Comuni veneti coinvolta in ben tre diverse inchieste giudiziarie su appalti e affidamenti diretti. Nel mirino della Finanza è finita in particolare la proroga dell’affidamento dall’inizio del 2016, avvenuta senza nuova gara, alla De Vizia Transfer, l’azienda che lavora anche con Padova Tre, attiva in oltre 200 Comuni italiani tra cui molti anche veneti. Per De Vizia, che pure non risulta indagata in questo contesto, non è il primo problema con la giustizia. I vertici della società con sede legale a Torino e radici nell’Avellinese, infatti, come raccontato in passato anche da Il Fatto.it, hanno avuto diverse grane giudiziarie.
Poche settimane prima che la Finanza bussi alle porte di Etra per acquisire i documenti sulla commessa prorogata, succede un fatto curioso: mentre con una mano opera in proroga da gennaio 2016, con l’altra De Vizia contesta a Venezia Ambiente, l’ente che pianifica il servizio rifiuti tra Venezia e Treviso, l’affidamento “in casa” del servizio di nettezza urbana a una società pubblica, la Veritas, come pure è consentito. Nella lettera dell’azienda torinese, che Il Fatto.it ha potuto leggere, De Vizia promette risparmi del 25% a Venezia Ambiente e “invita e diffida il Consiglio di bacino e i Comuni interessati a voler adeguare l’istruttoria” aprendo anche ai privati.
Corruzione e i presunti legami con la ‘ndrangheta
Veritas, che a settembre scorso ha subito un incendio di tre mezzi, probabilmente doloso, non è certo da parte sua una società che può dirsi limpida. Il suo direttore commerciale Claudio Ghezzo è accusato di corruzione e abuso d’ufficio dalla procura di Venezia, mentre la società faceva parte del sistema messo in piedi dal funzionario regionale Fabio Fior, che – secondo gli inquirenti – si faceva pagare dalle imprese per la protezione istituzionale accordata, condannato nel 2015 a tre anni di reclusione. E Veritas non era l’unica a sborsare: c’erano anche la stessa Etra, Solaris, e Sesa, azienda, quest’ultima, che lavora anch’essa con Padova Tre nella bassa. Controllata al 51% dal Comune di Este, la Sesa ha avuto in passato come socio di minoranza la famiglia di Sandro Rossato, vicepresidente della società dal 1995 al 2004. L’imprenditore è stato arrestato nel 2014 insieme ad altre 23 persone nell’ambito di un’inchiesta della procura di Reggio Calabria sugli interessi del clan Alampi.
*Aggiornato da redazione online