Giuseppe Leoni, per sei volte parlamentare del Carroccio, ha fatto pagare all'ente le spese legali di una causa per diffamazione individuale. Eppure resta saldamente al suo posto, lo stesso in cui siede da 15 anni, alternativamente come presidente o commissario
Neanche una condanna a tre anni per peculato ferma il Barone Verde che continua a sfrecciare nei cieli d’Italia. Barone Verde è il soprannome affibbiato a Giuseppe Leoni per accostarlo al mitico Barone Rosso, l’asso tedesco dell’aviazione nella prima guerra mondiale, e in omaggio alle sue due grandi passioni: il volo e la Lega Nord di cui più di 30 anni fa fu tra i fondatori insieme a Umberto Bossi. Dall’una e dall’altra infatuazione Leoni è stato ripagato con gli interessi: per la Lega dal 1987 in poi è stato eletto come deputato e senatore per la bellezza di sei legislature, mentre nel ramo del volo è da un quindicennio alla guida dell’Aero Club d’Italia, ente pubblico che si occupa di volo sportivo e di cui è stato prima commissario, poi presidente, poi di nuovo commissario e di nuovo presidente. E’ proprio per una vicenda che nasce intorno agli aerei che il Barone Verde è stato condannato il 14 dicembre 2016 dall’Ottava sezione del Tribunale di Roma. Ma a dispetto della sentenza e della legge Severino che prevede in questi casi la decadenza immediata dalla carica, Leoni rimane imperterrito al suo posto e come se niente fosse continua a presentarsi nel suo bell’ufficio nel palazzotto dell’Aero Club di via Beccaria sul Lungotevere a Roma.
“Non ci penso proprio a dimettermi” scandisce al telefono con ilfattoquotidiano.it, che racconta la sua versione dei fatti e spiega: “Il mio incarico all’Aero Club è elettivo e di natura politica, non ho poteri di spesa e quindi non rientro nella legge Severino. Il professor Clarizia ha preparato un parere pro veritate di questa natura e l’ho spedito al ministero dei Trasporti”. Leoni si sente vittima di una congiura ordita “da gentaglia, i soliti noti” che a suo dire ce l’hanno con lui perché li avrebbe allontanati dalle stanze del potere. Ci tiene a precisare che dal 2005 ha rinunciato ai 100mila euro di stipendio che gli sarebbero spettati come presidente e che dopo la condanna 100 Aero Club hanno inviato lettere al ministro per ribadirgli la fiducia.
La storia comincia nel 2011. Leoni, che a quei tempi era commissario dell’Aero Club nazionale, si sente ingiustamente attaccato da un certo Oriano Callegati dell’Aero Club di Lugo di Romagna. E gli fa causa per diffamazione, non nella sua qualità di dirigente dell’Aero Club d’Italia, ma in quella di privato cittadino contro privato cittadino. E invece di mettersi le mani in tasca per pagare l’avvocato, se lo fa pagare dall’Aero Club facendo approvare una delibera apposita per liquidare le spese legali sostenute fino a quel momento. Non contento fa stanziare altri 6mila euro a favore dello stesso avvocato perché vada avanti in appello contro Callegati.
La faccenda non passa inosservata a un legale di Valdagno, Luca Basso, a cui evidentemente il Barone Verde non sta molto simpatico, il quale invia un esposto alla magistratura di Vicenza. La macchina della giustizia si mette in moto, l’avvocato Basso viene sentito dalla Guardia di Finanza che indaga e infine per competenza tutta la faccenda viene passata alla Procura di Roma. La delibera incriminata viene nel frattempo sottoposta anche al vaglio dei giudici amministrativi: la Corte dei Conti considera che quelle spese legali sostenute da Leoni e pagate dall’Aero Club costituiscano un danno erariale, cioè che siano state ingiustamente scaricate dal Barone Verde sui contribuenti e quindi lo condanna alla restituzione della somma. Alla fine Leoni viene condannato anche in sede penale a tre anni di reclusione, interdizione dai pubblici uffici e una pena pecuniaria. Per il Barone Verde sembra la fine, ma passano le settimane e Leoni non molla la sua poltrona romana.
L’imbarazzante anomalia è stata nel frattempo segnalata da più parti a chi dovrebbe provvedere a sanarla e cioè il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che dovrebbe vigilare sull’ente aereo e anche Giovanni Malagò, presidente del Coni, il Comitato Olimpico di cui Leoni fa parte essendo l’Aero Club anche una Federazione sportiva. La faccenda è stata denunciata da una deputata di Sinistra Italiana-Sel, Lara Ricciatti, che in un’interrogazione sollecita un intervento urgente anche in considerazione del fatto che l’Aero Club d’Italia “versa in una situazione di grave criticità”. Pure l’avvocato vicentino Basso ha inviato un esposto diffida perché la faccenda sia risolta. Ma niente si muove: Gentiloni ha altro a cui pensare, Delrio tentenna e Malagò tace forse memore di quando con il Barone Verde si facevano favori a vicenda, come emerge da una telefonata intercettata a suo tempo dai magistrati. Malagò parla con l’influente factotum della Lega, Isabella Votino, e le ricorda di aver interceduto con l’allora ministro dei Trasporti Corrado Passera per la conferma di Leoni alla guida dell’Aero Club. E in considerazione di ciò dice di aspettarsi riconoscenza attraverso il voto per la presidenza del Comitato Olimpico a cui tiene molto. Della serie: una mano lava l’altra.