Il Volksgerichtshof (o Tribunale del Popolo) era un tribunale speciale istituito nella Germania nazista tra il 1934 e il 1945 per giudicare i reati politici contro il Fuhrer e il suo regime. Il riferimento al popolo come arbitro della giustizia era solo nominale in quanto i giudici venivano nominati direttamente da Hitler e erano scelti in base ai principi di fedeltà indiscussa al regime. Caratteristica delle sentenze del Volksgerichtshof era l’inappellabilità delle sentenze. Una volta giudicato colpevole l’imputato non poteva più ricorrere in appello. Tale facoltà era consentita solo al pubblico ministero per aggravare la richiesta di pena qualora fosse stata reputata troppo mite.
Ogni qual volta la politica fa appello al giudizio del popolo, incorpora in sé qualcosa di inquietante e di oscuro. E quando il richiamo al popolo avviene in momenti di grandi contraddizioni storiche, di crisi economiche e di sfiducia nella democrazia, il rischio di fare precipitare le debolezze delle classi dirigenti e i vulnus della politica nell’abisso del totalitarismo è più che mai attuale.
Oggi esiste questo rischio in Italia? I segnali di una crisi senza precedenti che sta investendo il paese sono tutti presenti: indebitamento pubblico senza precedenti, crisi strutturale dell’economia, disoccupazione giovanile, malaffare e corruzione, sono elementi endemici della vita quotidiana. Di contro il vento della sfiducia nella politica soffia più forte che mai e travolge una dietro l’altra le opache figure di leader che si sono succedute negli ultimi anni al governo della nazione. Berlusconi, Renzi, Salvini sono dai più considerati come politici intercambiabili, espressione del medesimo marasma morale che a parole intendono combattere.
In questo scenario da fine repubblica di Weimar, il richiamo di Beppe Grillo alle giurie popolari chiamate a giudicare la correttezza dell’informazione suona più che mai sinistro per le orecchie di chi vuole intendere. Grillo non è più un comico che si può permettere di inveire su un palco contro i potenti di turno. E’ il leader del primo o secondo partito politico nazionale, candidato a assumere alle prossime elezioni la guida del paese. Per questo dovrebbe sapere, e come lui i suoi elettori e simpatizzanti, che in uno stato di diritto non è il popolo che giudica, ma la legge. Il popolo esercita il diritto di voto, i giudici fanno rispettare la legge.
Se oggi c’è un problema di informazione in Italia è perché si sono cumulate enormi concentrazioni di potere nelle mani di pochi. Un programma riformista che abbia a cuore il futuro del paese dovrebbe insistere sul ripristino delle norme minimali di garanzia del pluralismo dell’informazione. Spostare il problema chiamando il causa il giudizio universale del popolo da adito ai peggiori timori di cui fino a oggi ancora troppo pochi sembrano essere coscienti. I movimenti di protesta anti-sistema di cui i 5 Stelle fanno parte sono una reazione legittima alla incapacità delle elites politiche di tutelare i diritti dei cittadini. Quando la protesta diventa troppo furiosa però è necessario che chi se ne vuole fare portavoce abbia ben chiaro il perimetro del gioco democratico.
Paul Krugman ha recentemente parlato di “forze politiche sinistre“ che stanno diventando influenti nei paesi più colpiti dalla crisi, alimentandosi della frustrazione popolare e della frammentazione sociale crescente. Sono forze che si sono già viste molte volte nella storia. Inizialmente esprimono disagi legittimi. Ma se non sono controllate sfociano in movimenti totalitari, depositari di ragioni che per imporsi devono annientare e umiliare chi le contraddice.
Come scriveva la grande filosofa ebrea Hannah Arendt, è la banalizzazione della quotidianità a essere l’anticamera di ogni totalitarismo. Si può sorridere allora sulle affermazioni di Grillo sulle giurie popolari chiamate a giudicare giornalisti e informazione. Ma visto il clima generale in cui versa l’Italia forse sarebbe meglio che i 5 stelle studiassero bene i fondamenti della democrazia prima di invitare la folla a assumere il ruolo di tribunale della Verità.