Piccoli comuni del Bresciano o del Lecchese. Quartieri-suk di Milano. E' qui che sono cresciuti gli integralisti islamici che hanno giurato fedeltà al Califfo. Sono tutti cittadini italiani o stranieri che da anni vivono nel nostro Paese. Molti di loro sono partiti per la Siria o per l'Iraq dopo una radicalizzazione lampo su Internet, portando con sé i figli piccoli. Ad altri è stato ordinato di rimanere per colpire le città degli "infedeli". Alcune figure di primo piano del terrorismo internazionale hanno scelto la regione più ricca d'Italia per spargere il germe del fondamentalismo. Le numerose inchieste degli ultimi anni ci aiutano a comprendere elementi inediti della galassia terrorista
Nessuna banlieue. Nessun ghetto. Le vere Molenbeek italiane si nascondono dietro nomi di paesi anonimi. Nell’abisso della provincia costellato da comuni di terre ricche e operose come quelle di Brescia e Lecco. O nella metropoli. Tra i palazzoni grigi dei quartieri a un passo dal centro città, a volte simili ad autentici suk. Come a Milano, in certe strade dei Navigli, di San Siro o in via Padova. Le “X” sulla grande mappa della “guerra santa” sono queste e sono tutte tracciate in Lombardia. Perché la regione più ricca d’Italia, vanto dell’amministrazione leghista, è anche il principale crocevia del jihad nazionale e internazionale. Lo è da vent’anni. E’ da qui, infatti, che è partito seguendo la rotta balcanica il maggior numero di foreign fighter italiani o stranieri residenti da anni nel nostro Paese. Sono centoquindici in tutta Italia. Quindici solo da Milano secondo l’intelligence, adesso impegnata a capire cosa abbia spinto fino a Sesto San Giovanni Anis Amri, l’attentatore di Berlino, il primo terrorista ucciso in Italia. Sempre dalla Lombardia provengono aspiranti jihadisti che hanno giurato fedeltà all’Isis o sono transitati reclutatori di alto livello. A raccontarlo sono le tante operazioni messe a segno dall’Antiterrorismo, dalle quali emergono gli identikit dei soldati del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Esistenze normali fino alla conversione e alla radicalizzazione lampo su Internet. Poi il sogno di vivere nella “terra promessa” del terrore. Jihad 2.0 e non solo. Perché leggendo le carte delle inchieste lombarde si scoprono elementi finora inediti sull’organizzazione delle succursali dell’Isis in Italia, sul filo rosso che lega il vertice siriano agli aspiranti martiri e sugli obiettivi da colpire nel nostro territorio. Ma emergono anche gli aspetti più umani. Il ruolo centrale delle donne e l’importanza della famiglia: il principale nucleo su cui si fondano tutti gli stati, Daesh compreso. Per questo chi parte alla volta delle enclave siriane e irachene porta con sé i figli. Strappati dalla scuola e dagli affetti, trascinati in guerra dopo un lungo viaggio e destinati a diventare soldati votati al martirio. Maria Giulia Fatima Sergio, Alice Brignoli, Abderrahim Moutaharrik, Valbona Berisha. Sono solo alcuni nomi di chi in questi anni è stato arrestato, indagato o condannato per terrorismo. A volte le loro storie si intrecciano. Ed è solo mettendole assieme che il grande romanzo nero del jihad lombardo prende forma.