Lo hanno deciso i giudici del tribunale di Torino, motivando la sentenza con cui il 7 ottobre scorso hanno assolto l'ex governatore dall’accusa di peculato. Secondo i magistrati, poi, tra le pezze d'appoggio sono state "erroneamente inserite a rimborso pezze giustificative per un valore complessivo non elevato (meno di duemila euro)": è quindi "da escludere una volontà appropriativa" del denaro
Per un governatore farsi rimborsare con fondi pubblici il regalo di nozze destinato ai suoi stessi assessori non è reato. Lo hanno deciso i giudici del tribunale di Torino, motivando la sentenza con cui il 7 ottobre scorso hanno assolto l’ex governatore del Piemonte, Roberto Cota, dall’accusa di peculato. L’esponente della Lega Nord è uno dei quindici imputati assolti alla fine del processo per la Rimborsopoli dei consiglieri regionali piemontesi, dal quale erano scaturite anche dieci condanne. Secondo i giudici, che oggi hanno depositato le motivazioni di quella sentenza, l’ex governatore non è colpevole perché ha fornito “puntuale giustificazione” di quelle che in un primo tempo erano sembrate “spese abnormi“.
Nei documenti relativi alle spese di Cota, all’epoca in cui era presidente del Piemonte, sono state “erroneamente inserite a rimborso pezze giustificative per un valore complessivo non elevato (meno di duemila euro)” ed è quindi “da escludere una volontà appropriativa” del denaro, scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza. Come dire: siccome si è fatto illegittimamente rimborsare cifre modeste, è da escludere che Cota lo abbia fatto volontariamente. Fra quei rimborsi i giudici citano esplicitamente anche il foulard che Cota regalò alla sua portavoce. Nel corso del processo era invece emerso che lo scontrino per l’acquisto di un paio di boxer negli Stati Uniti – le ormai note “mutande verdi” – era stato portato a rimborso per errore.
Non fu uno sbaglio, invece, inserire tra i rimborsi i regali di nozze che Cota acquistò per il suo vicepresidente Magliano e per l’assessore Coppola, come pure i libri per l’ex ministro Giulio Tremonti e per il senatore Enzo Ghigo. Secondo i giudici, infatti, quelle sono comunque da considerarsi “spese di rappresentanza quanto meno sotto il profilo soggettivo”. Come se il direttore di un qualsiasi ente pubblico si facesse rimborsare dalla collettività i regali di nozze per i suoi dipendenti.
In totale dall’incrocio degli scontrini e delle agende dei consiglieri coinvolti nell’inchiesta su Rimborsopoli erano emersi rimborsi per quasi 1,4 milioni di euro in due anni: pasti nei ristoranti, borse di lusso, il catering di un battesimo, massaggi da tremila euro, qualche elettrodomestico, un giogo da bue e poi ovviamente le mutande verdi di Cota e i regali di nozze per Magliano e Coppola.