Mai come quest’anno in diverse Federazioni sono partite delle “rivolte” dal basso, spesso guidate da ex atleti, sempre sconfitte. Ci è andato molto vicino Jury Chechi, il “signore degli anelli” che sognava di far rinascere la sua ginnastica. “Zero risultati, calo di tesserati, malcontento diffuso non bastano per rompere col passato”, racconta a ilfattoquotidiano.it. “Il mio sfidante era in Federazione da 28 anni, aveva tanti contatti… Io sono arrivato al 48%, è stato un miracolo. Purtroppo non è bastato”. Ci ha creduto pure Marzio Innocenti nel rugby. “Chi comanda ha in mano un sistema per cui alla fine a tutti o quasi arriva qualcosa: un incarico, un torneo da organizzare, una nuova struttura da costruire. Così le risorse non vengono spese per fare il bene del movimento. Mentre a chi si oppone viene fatta terra bruciata intorno”. Stesso destino anche per Antonio Rossi nella canoa e Stefano Mei nell’atletica. La prossima a provarci sarà Norma Gimondi, figlia del grande Felice, che a gennaio sfiderà nel ciclismo l’impero di Renato Di Rocco. “Mi hanno chiesto di candidarmi perché il nostro mondo è strangolato da questi personaggi che pensano solo al proprio tornaconto”. Non sarà facile, però. La Gimondi lamenta anche un problema di rappresentanza: “Votassero società e atleti, il ciclismo di sarebbe liberato da tempo. Invece il presidente lo eleggono i delegati, che rispondono spesso a logiche clientelari”. Stesso ostacolo incontrato da Chechi: “Alle nostre elezioni c’erano mille società votanti e solo 200 presenti: le altre si sono espresse per deleghe. Tutto legittimo, ma questo sistema non permette il cambiamento”.
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DA JURY CHECHI A NORMA GIMONDI: LA CARICA (FALLITA) DEI GRANDI EX - 3/6
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