Mentre l’avanzata per liberare dallo Stato Islamico la città di Mosul arranca, a Baghdad il primo ministro iracheno, Haider al-Abadi, ha incontrato il suo omologo turco, Binali Yildirim. Il colloquio segna un riassetto, in positivo, dei rapporti fra Ankara e Baghdad, incrinati a causa della presenza di truppe turche a Bashiqa, vicino a Mosul, incaricate di addestrare combattenti sunniti in funzione anti-Isis. Truppe inviate senza il consenso del governo di Baghdad che, nell’ottobre scorso, aveva gridato “all’occupazione del Paese” e promesso che avrebbero “resistito” all’invasione. Ma l’incontro di oggi ha “risolto in modo amichevole la questione” con il raggiungimento di un’intesa che prevede il ritiro delle truppe di Ankara dalla base in Iraq.
“Ringrazio il primo ministro turco – ha detto Abadi in una conferenza stampa congiunta – per la sua determinazione a risolvere in fretta la questione di Bashiqa”. Ma sul tavolo c’erano anche altri punti. In conferenza stampa, Abadi ha detto che “si è esaminato con la controparte turca il problema dell’approvvigionamento idrico dal fiume Eufrate” motivo di tensione fra i due paesi, a causa del pompaggio turco che ne ha abbassato il livello. Yilderim, per parte sua, ha dichiarato di aver ricevuto la promessa da Baghdad e dal governo del Kurdistan iracheno che i “terroristi del Pkk lasceranno la zona del Sinjar” al confine con la Siria.
Un’area che confina con la regione di Hasaka, roccaforte dei miliziani curdi siriani dell’Ypg – branca siriana del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) considerata da Ankara organizzazione terroristica – che stanno avanzando verso la città siriana di Dair az Zor, controllata dall’Isis, e in direzione di Raqqa, capitale del Califfato Islamico in Siria. E poco dopo la fine della conferenza stampa, lo Stato maggiore turco ha annunciato in un comunicato che le forze armate turche hanno distrutto 11 postazioni dei militanti curdi del Pkk in una serie di raid aerei nel nord dell’Iraq. Attacchi che sono proseguiti per tutto il 6 gennaio nella zona del monte Qandil.
Al posto dei guerriglieri del Pkk, che hanno creato una regione contigua al territorio da loro controllato in Siria, Abadi ha detto che una “forza mista di guerriglieri curdi Peshmerga e di militari dell’esercito iracheno prenderanno il controllo della località” e della regione. Oltre a interrompere la costituzione di una zona autonoma del Pkk a cavallo fra Siria e Iraq, grazie al sostegno del governo curdo di Erbil, in rotta proprio con il l’organizzazione di Ocalan, Ankara punta a creare una sinergia con Baghdad. Infatti, dopo la costituzione di quella che il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha definito la “Troika”, cioè un’allenza fra Turchia, Russia e Iran, Erdogan punta a cercare nuovi attori regionali per limitare l’influenza di Teheran: l’alleato – nemico. In particolare nel nord della Siria, dove Ankara ha di fatto costruito una zona cuscinetto, e nel nord dell’Iraq, dove i miliziani sciiti del Fronte di mobilitazione popolare, sostenuti dall’Iran, potrebbero sconfinare e “arrivare in Siria, dopo la liberazione di Mosul”, come aveva detto Hadi al Amiri, a capo di una delle forze che compongono il Fronte sciita.