L'Aula di Palazzo Madama salva il senatore di Ap-Ncd da una querela del pm. Ma l'accusa risale a quando l'ex sindaco di Milano era eurodeputato, non senatore. E l'Europarlamento aveva già respinto la richiesta
Il Senato “salva” il senatore Ap-Ncd Gabriele Albertini dal processo a suo carico per calunnia aggravata, nonostante le accuse rivolte al pm di Milano Alfredo Robledo che gli sono costate la querela, siano state pronunciate da Albertini quando ancora era parlamentare europeo. L’Aula di Palazzo Madama, con 185 sì, 65 no e 2 astenuti, ha approvato la decisione della Giunta per le Immunità presieduta da Dario Stefano (Misto) che il 25 ottobre scorso si era pronunciata a favore dell’insindacabilità. La maggioranza, ma soprattutto il Pd, si divide. Dei 94 Dem presenti, più di un terzo non “salva” Albertini: 17 votano contro e uno si astiene, mentre 18 non partecipano alla votazione.
Albertini nel 2012 presentò un esposto al ministero della Giustizia, perché secondo lui Robledo non aveva gestito correttamente tre fascicoli tra cui quello sull’acquisto di quote della società Autostrada Serravalle da parte della Provincia di Milano, allora guidata da Filippo Penati. Robledo si sentì calunniato e querelò l’ex sindaco. L’ex sindaco di Milano, allora eurodeputato, si rivolse al Parlamento europeo per ottenere l’immunità, ma gli fu negata. Per invitare il Senato a fare lo stesso, visto che Albertini non era senatore all’epoca dei fatti, venne presentata una petizione con centinaia di firme promossa da Paolo Pollice, ordinario di Diritto Civile all’Università di Napoli Federico II. “L’immunità retroattiva – spiegò – significa una totale impunità anche per reati commessi prima di entrare in Parlamento”.
Il senatore di Ap-Ncd aveva chiarito che senza l’insindacabilità avrebbe tolto il suo appoggio alla maggioranza. Alla prova del voto però il Partito democratico è risultato diviso sulla questione. E la divisione ci fu già in Giunta, dove il primo relatore designato Guido Pagliari decise alla fine di rinunciare all’incarico. Felice Casson votò contro, esattamente come oggi in Aula, e definisce la relazione della Giunta una “incredibile arrampicata sugli specchi”. Dura l’accusa del M5S che con Vito Crimi parla di “grave strappo” paragonando la decisione di oggi “al voto che ci fu in Parlamento sulla nipote di Mubarak” nel 2011. I Cinquestelle, Sinistra Italiana e parte della maggioranza contestano la competenza del Senato a decidere sulla questione.
La decisione del Senato rischia ora di diventare un “pericoloso precedente“, si spiega tra i contrari all’insindacabilità, visto che su Albertini si era già pronunciato il Parlamento europeo che aveva negato l’immunità in sede penale e in quella civile. Da ottobre ad oggi il “caso Albertini” era stato fatto slittare più volte. Poi, si osserva nell’opposizione, “una volta passato il referendum e ora che si è alla vigilia della sentenza (è attesa per il 13 gennaio)” si è deciso di votare. E senza che sia stato messo in calendario un altro “fascicolo caldo” della Giunta, deciso prima del “caso Albertini”: quello che riguarda la decadenza dal mandato di senatore di Augusto Minzolini, a cui nessun gruppo però fa più cenno.