Fatture false per ottenere vantaggi fiscali con operazioni inesistenti. Sullo sfondo l’outlet The Mall di Leccio Reggello (Firenze), di proprietà del gruppo Kering dopo i piani di ampliamento portati avanti tra gli altri da un gruppo di imprenditori di area renziana, oggi nel mirino della Procura di Firenze. Che ha fatto eseguire tutta una serie di perquisizioni per cercare indizi – soprattutto documenti contabili e bancari – nelle sedi di società a Firenze, Figline, Scandicci e Barletta (in Puglia) e nelle abitazioni degli indagati.

GLI INDAGATI: DA NICCOLAI A DAGOSTINO, FINO A MORETTI E BACCI
Tra questi ci sono l’imprenditore di Scandicci Andrea Bacci, uomo fidatissimo dell’ex premier Matteo Renzi, ex socio di Tiziano Renzi nonché attuale amministratore di fatto della società di costruzioni Coam, per cui i pm di Firenze hanno chiesto il fallimento per bancarotta nel novembre 2016. Anche l’amministratore legale della stessa società, Fabio Bettucci, è indagato dai magistrati toscani, al pari di Luigi Dagostino e della sua compagna Ilaria Niccolai. Quest’ultima è la titolare della Nikila Invest, nome dal peso specifico fondamentale nella catena degli outlet extra lusso (di cui la Coam di Bacci è tassello non secondario), partita dalla mega struttura di Leccio Reggello e in procinto di realizzare altri centri commerciali a Fasano (in provincia di Brindisi) e a Sanremo. Dagostino e Niccolai, inoltre, tramite la Nikila nel 2015 hanno acquistato per 25 milioni di euro da Cassa Depositi e Prestiti il teatro di Corso Italia a Firenze per farne appartamenti di gran pregio. I due, poi, sono stati soci di Tiziano Renzi (estraneo all’inchiesta) nella Party Srl, sciolta a inizio 2016 a causa di quella che il padre dell’ex premier definì una “pesante campagna mediatica”. Nel registro degli indagati c’è anche Amedeo Moretti Cuseri, rampollo di una delle famiglie più importanti di Arezzo, imparentata con i Lebole, altra stirpe illustre aretina che ha vestito la borghesia italiana degli anni Sessanta e che è nota alle cronache per i rapporti d’affari con Licio Gelli, al quale vendette villa Wanda. I Moretti, come Bacci, Dagostino e Niccolai sono altri tasselli del mosaico outlet di Reggello. Perquisita anche Maria Emanuella Piccolo, amministratore unico della Uno Invest Srl, con sede legale a Barletta, in Puglia, città d’origine di Luigi Dagostino. Tranne Bacci e Bettucci (indagati per bancarotta e ricorso abusivo al credito), gli altri imprenditori perquisiti devono rispondere a vario titolo e in concorso fra loro di reati fiscali, in particolare per utilizzo o emissione di fatture false.

FATTURE FALSE DA BARLETTA A FIRENZE. E L’ALTRA INDAGINE PER BANCAROTTA SU BACCI
A sentire gli inquirenti, proprio a Barletta è situata la società cartiera che emetteva fatture per lavori di manutenzione e di altra natura, mentre le società che recepivano i vantaggi di queste operazioni sono ubicate in provincia di Firenze. Si tratta della Andi di Figline Valdarno, della Tramor di Scandicci, de Le Torri, Dil Invest, Mecenate 91 e di Nikila Invest di Firenze. Tutti gli indagati hanno ruoli di vertice nelle società e nelle aziende che oggi sono state perquisite dagli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Firenze su decreto della procura della Repubblica. A quanto è dato sapere, inoltre, la visita odierna delle Fiamme Gialle rientra nell’ambito della stessa inchiesta per reati fallimentari e fiscali su cui si sta indagando da qualche tempo e per cui, sempre oggi, ci sono state altre perquisizioni per l’utilizzo di fatture fiscali e per bancarotta. Per questa ipotesi di reato e per ricorso abusivo al credito sono indagati, in concorso fra loro, Andrea Bacci e Fabio Bettucci. Per gli inquirenti la bancarotta è relativa a una distrazione patrimoniale su cui la la Finanza sta svolgendo accertamenti. Il ricorso abusivo al credito, invece, fa riferimento alla presentazione da parte di Coam, sembra a più banche, di fatture emesse per operazioni inesistenti nonostante lo stato di insolvenza emerso negli ultimi mesi. Per la Coam, infatti, la procura ha già proposto istanza di fallimento ma la decisione è sub judice alla sezione fallimentare del tribunale di Firenze. E comunque i soci dell’azienda di Rignano hanno ‘risposto’ con una richiesta di concordato, già avanzata ‘in bianco’, che verrà perfezionata nel dettaglio con scadenza al prossimo 21 gennaio. Anche per questo, oggi, le perquisizioni alle abitazioni e alle aziende dove lavorano Bacci e Bettucci sono durate a lungo: agli indagati è stato concesso di far copia dei documenti sequestrati per poter predisporre lo stesso concordato, essendo pochi i giorni che mancano alla scadenza per presentarlo al tribunale. Un’operazione di copiatura che ha richiesto qualche ora in più.

GIRI DI AFFARI INESISTENTI PER MANTENERE I FINANZIAMENTI DELLE BANCHE
Nell’indagine odierna, come detto, i pm Luca Turco e Christine von Borries indagano sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti o per l’emissione di fatture false. Ciò in base alle funzioni assegnate alle società di cui, a vario titolo (amministratori, liquidatori, amministratori delegati), gli indagati gestiscono e controllano le attività. In particolare, la procura indaga per “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” e “per emissione di fatture” laddove le stesse venivano usate, e registrate nelle contabilità aziendali, come giustificativi di spesa per dimostrare al fisco – con lavori mai eseguiti, secondo gli investigatori – passività di bilancio utili per decurtare artificialmente il reddito imponibile con i costi finti. Non solo. Secondo gli inquirenti c’è anche un’altra ipotesi: nelle aziende cartiera che emettevano le fatture false, i presunti redditi acquisiti – ma in realtà irreali – sarebbero serviti per dimostrare alle banche l’esistenza di crediti, o comunque di ‘giro d’affari‘, sulla cui base poter mantenere i finanziamenti o convincerle della capacità di rientro dai debiti. Da qui le perquisizioni nelle case degli indagati, per trovare documenti, rubriche, agende, annotazioni, appunti, corrispondenza. Non si sa cosa le Fiamme Gialle abbiano trovato. Di certo, però, il prosieguo delle indagini punta a fare chiarezza sull’intreccio di interessi presente nell’outlet di Leccio Reggello.

 

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Lobby e trasparenza, nel registro Ue 10mila iscritti. In Italia proposte di legge ferme e per molti soggetti niente regole

next
Articolo Successivo

Banche, tra rimborsi disuguali e opacità manca sempre un modello serio di indagine dei reati finanziari

next