Nella mia passione natalizia di riportare storie positive oggi son andato a scovare il futuro (e passato) dell’informatica. E sono inciampato in un caso di archeologia informatica, con risvolti utili!
Tra la fine degli anni 90 e primi anni 2000, l’associazione siciliana Freaknet Medialab e l’associazione culturale calabrese Verde Binario iniziano a raccogliere e ripristinare tecnologie informatiche obsolete in modo indipendente. Le due iniziative sono uniche nel loro genere perché incentrate sul ripristino di tecnologie “storiche” e “archeologiche” rese funzionanti e accessibili all’interno di un museo.
Passa il tempo e oggi ci sono due musei, il “Museo dell’Informatica Funzionante” (MusIF) in Sicilia e il “Museo Interattivo di Archeologia Informatica” (MIAI) in Calabria, gestiti rispettivamente dalle due associazioni. I due gruppi non tardano a venire a conoscenza l’uno dell’altro. Si conoscono e decidono di lavorare in sinergia. Freaknet e Verde Binario recuperano computer e materiali utili al restauro, ne ricevono in donazione, e prendono in carico tecnologie di uffici, pubbliche amministrazioni e università.
Raccogliere e ripristinare tutti questi reperti richiede spazio, che questi musei non hanno; per questo ci sono proposte al vaglio del Comune di Cosenza e dell’UniCal, e un protocollo d’intesa con il Dipartimento di Fisica della stessa Università.
Non si tratta di una passione da collezionisti: recuperare vecchie tecnologie vuol dire recuperare dati. Sono stati recuperati dati dell’Enea: registrazioni sismiche su nastri magnetici risalenti agli anni 80. C’è stata una collaborazione con il Museo della Scienza e della Tecnica di Varsavia: non leggevano i dati di nastri magnetici. Con il blocco sovietico c’erano macchine diverse da quelle americane e questa in particolare aveva un sistema operativo sviluppato indipendentemente in Polonia. Per recuperare i dati dalle bobine è stato necessario ripristinare le relative tecnologie, un’operazione molto complessa.
Chi arriva al museo trova percorsi personalizzati pensati per diverse tipologie di utenti: da scuole ad appassionati e studiosi. «Abbiamo organizzato diverse mostre di retrogaming, relative ad aspetti artistici, di interazione uomo macchina. I bambini hanno sempre reazioni entusiaste»- dice Irene De Franco, presidente della Ass. Cult. Verde Binario e del MIAI.
Altro aspetto di grande interesse sono studi sui materiali, sulla loro conservazione e recupero, ad esempio i materiali plastici; e studi di carattere informatico: i primi linguaggi di programmazione e le prime interfacce. Ci sono schede curate nei minimi dettagli che mostrano una manualità ormai persa: un esempio è la ricostruzione storica del computer Apple 1, realizzata interamente con componenti d’epoca secondo criteri museali strettamente filologici.
«La storia di questi oggetti è anche la storia della produzione culturale»- commenta Emiliano Russo, responsabile tecnico e curatore del MIAI. Un esempio è il documentario, in fase di realizzazione, su Nanni Balestrini, primo poeta italiano ad usare il computer per comporre un poema (Tape Mark 1). Inoltre due anni fa, all’estero, sono state recuperate opere inedite dal computer di Andy Warhol grazie a un lavoro di restauro digitale molto complesso.
Fin qui le notizie positive. Chi paga il gioco? I due musei vivono di donazioni, anche dall’estero, che non sono mai sufficienti a coprire tutte le spese, compresi affitto e utenze. I progetti proseguono con risorse private e l’impegno volontario di molte persone.
Al momento l’unico sponsor, dal 2016, è Interlogica Industries, realtà IT di Mestre. «Ripristinare vecchi calcolatori, rimetterli in funzione e connetterli in Internet è un’iniziativa che mi ha colpito molto. Vedere persone così appassionate dedicare tempo a un progetto e a una realtà non profit, ci ha spinto a sostenerle. Vogliamo possano dedicarsi alla ricerca senza preoccuparsi dei costi ordinari. Come società ci interessiamo di cultura agile, di informatica contemporanea. Reputiamo però il ripristino e il mantenimento dell’informatica storica altrettanto di valore» – aggiunge Alessandro Fossato, CEO di Interlogica Industries.
Pur faticando e con il collo tirato dalle spese i museali moderni guardano anche al futuro. «Al momento stiamo elaborando una mostra itinerante. C’è inoltre in cantiere il restauro e la messa in funzione di un grosso mainframe: un VAX 11/780 della Digital Equipment Corporation» – dice Emiliano Russo del MIAI.
Sembra passato poco ma vorrei veder e i vostri figli alle prese con un Commodore 16. Un’altra epoca.
@enricoverga