Alessandra Caldana, 29 di Vicenza, era stata negli Usa per un anno col progetto Overseas. Finita giurisprudenza, aveva iniziato a lavorare per uno studio legale a Roma, ma tra affitti alti, partita iva e ritmi di lavoro insostenibili, ha deciso di andarsene. "Ho trovato un avvocato che mi ha detto: ‘Se hai voglia di imparare il diritto americano, vieni pure’, si è fidato di me alla cieca"
Dalla provincia italiana alla California. La storia di Alessandra Caldana ha tutte le carte in regola per finire nella categoria “sogno americano”, eppure sfugge a qualsiasi etichetta. Lei stessa ammette: “Per natura sono un po’ vagabonda e a un certo punto mi sono detta: ‘Proviamo con l’America’”. Ma facciamo un passo indietro. Nata in provincia di Vicenza 29 anni fa, quando è arrivato il momento di scegliere la facoltà, Alessandra non ha avuto dubbi: giurisprudenza all’Università di Bologna. “L’ho vista la prima volta e me ne sono innamorata”, racconta.
Il capoluogo bolognese era però solo un primo passo verso il suo futuro: “Sono sempre mossa dal desiderio di sperimentare e mettermi in gioco”, sottolinea. Così, durante l’ultimo anno di università, decide di fare un’esperienza all’estero e riesce a guadagnarsi un posto all’Università dell’Irvine tramite il programma Overseas: “I primi mesi ero in estasi, in California sembra sempre di stare su un set del cinema”, spiega.
La trasferta è stata anche un banco di prova importante: “Ho dovuto imparare tutto, dal concludere un contratto di affitto a come pagare le bollette”. Alessandra torna in Italia controvoglia, con il cuore ancora negli Stati Uniti, ma “il visto era scaduto e rinnovarlo non è semplice”. Così, dopo la laurea, inizia a guardarsi intorno in Italia e trova un posto in uno studio di consulenza legale a Roma: “Ho lavorato lì per due anni e nel complesso è stata un’esperienza positiva, ma dopo un po’ sentivo di aver esaurito il mio percorso di apprendimento”, ammette. E a questo si aggiungono le difficoltà di lavorare in una grande città italiana: “A Roma gli affitti sono alti e io facevo parte del famoso popolo delle partita iva – ricorda -, ogni volta che avevo l’illusione di aver messo un po’ di soldi da parte il commercialista mi ricordava che c’era ancora qualcosa da pagare”. I ritmi lavorativi, poi, erano diventati insostenibili: “Nei grossi studi italiani la mentalità dominante impone di stare sul posto di lavoro almeno 10 ore, anche se magari rendi molto meno e questa è una tendenza controproducente. Spesso si rimane di più solo perché sembra brutto andarsene prima”.
Per Alessandra era arrivato il momento di aprire il secondo capitolo del suo sogno americano: “L’ostacolo più grande è che il mio titolo di studio è poco spendibile negli Stati Uniti perché il loro sistema è totalmente diverso dal nostro – sottolinea -, ma non mi sono data per vinta”. E alla fine ce l’ha fatta: “Ho trovato un avvocato che mi ha detto: ‘Se hai voglia di imparare il diritto americano, vieni pure’ – ricorda -, si è fidato di me alla cieca”. Lei ha colto l’occasione al volo e nell’aprile del 2015 è tornata in California per ricoprire il ruolo di consulente legale, specializzandosi poi in diritto dell’immigrazione. A parte qualche logica difficoltà iniziale, Alessandra si è sentita di nuovo a casa: “Finalmente qui riesco ad avere una vita normale. Lavoro duramente, ma alle sei di pomeriggio posso uscire dall’ufficio e ritagliarmi del tempo per me”.
Come lei stessa ammette, “la California è un po’ un’isola felice” e l’unico difetto pratico che riesce a trovarle è che “bisogna usare sempre la macchina, perché le distanze sono enormi”.
Dal punto di vista personale, invece, ha imparato a prendere le misure: “Qui i rapporti sono più superficiali, per stringere amicizia devi lavorare sodo – ammette -, ma posso dire di avercela fatta e oggi ho amici che vengono da ogni parte del mondo e che lavorano in tutti i settori”.
Con l’Italia ha ancora un conto in sospeso: “In futuro mi piacerebbe tornare e restituire al nostro Paese tutto quello che mi ha dato in 25 anni”, spiega. Al momento, però, quel futuro non sembra così vicino: “Anche da lontano soffro per il nostro Paese, perché avverto un forte clima di disillusione e mi rendo conto che molti si accontentano di quello che hanno – sottolinea -, qui invece hai sempre la sensazione che se sei competente e ti impegni non c’è traguardo che non si possa raggiungere”.