Capita. Come scivolare su una buccia di banana. Purtroppo anche le ‘patacate’, come direbbero da queste parti, hanno le gambe cortissime ai tempi del web 2.0. E rischiano di inciampare nel meccanismo infernale della viralità. Ne sa qualcosa Pierpaolo Paolini, che a Rimini gestisce un piccolo ma famoso (e da ieri famosissimo) pub a due passi dalla battigia. Il Red Devil. Storico ritrovo per motociclisti e, come riportato sulla home page del sito, frequentato pure per l’intrattenimento… piccante. Dicono che la popolarità ha sempre il suo prezzo. E per il signor Paolini fanno cento euro.

Ecco la cifra per chi – cantante, musicista o strimpellatore alle prime armi – volesse esibirsi nel suo locale. Apriti cielo. In poche ore la provocazione, lanciata con inconsapevole nonchalance sulla pagina Facebook del locale, rimbalza come un flipper da una bacheca all’altra. Fino a generare, in sole 24 ore, migliaia di condivisioni e recensioni negative da tutta Italia. Una vera e propria rivolta virtuale della scena underground, che già dieci giorni fa aveva stroncato il Capodanno low cost della Capitale, con gli artisti romani chiamati dal sindaco Raggi a esibirsi gratuitamente all’ombra del Circo Massimo. Che per il mercato musicale piovesse sul bagnato era noto da tempo. In un’Italia che continua a scrivere libri senza più lettori e a produrre musica per un pubblico sempre più pigro e saturo, svezzato a pane e Youtube.

Insomma, ci hanno ingozzato di reality e abituato che la musica non si paga. Al massimo, si scarica. E allora, deve aver pensato il signor Paolini, perché non monetizzare questa sindrome da palcoscenico? “Nessun annuncio, solo una provocazione”, la retromarcia obbligata del gestore, che parla di un’operazione pubblicitaria mal riuscita. “Non volevo offendere nessuno, è stata una goliardata”, spiega. Ma ormai il dato è tratto, le scuse servono a poco. In poche ore le recensioni negative, tra sarcasmo e veri e propri insulti, superano i tre zeri. “Non vedevo un autogol simile da quando giocava Riccardo Ferri”, scrive Stefano. “Che fame … Me lo portate un panino?”, rincara Valerio. “Se mi date solo 10 euro ve lo mangio”. E ancora: “Al momento del conto pagateli in gloria. Apprezzeranno”. “Un imprenditore che si permette di non retribuire le persone che vengono a dare un servizio nel suo locale merita clienti non paganti per dargli visibilità”, insiste un altro utente. E si potrebbe proseguire per ore.

“Ma non è soltanto colpa del gestore”, una lancia a sostegno la spezza inaspettatamente Red Ronnie, storico critico e talent scout musicale. “La notizia di Rimini fa sorridere, significa purtroppo che abbiamo toccato il fondo. Ma non mi sorprende”, attacca l’autore di Roxy Bar. “La musica oggi è diventata una marmellata di sottofondo. Nei locali ormai funzionano solo le cover band, perché abbiamo disabituato la gente ad ascoltare quello che non conoscono. A Londra mica è così”. Ma puntare il dito e insultare il gestore non è la soluzione. “Questo signore ci ha comunicato il sintomo di un malessere, bisogna intervenire sulle cause. Serve una reazione degli artisti. Devono tornare a contaminarsi, formare una lobby di musicisti che vanno ad ascoltare altri musicisti. Va comunicato ai gestori dei locali che con la musica si può guadagnare, ma i primi a scendere in campo devono essere proprio loro”.

Intanto, ironia della sorte, sembra che l’operazione incidentale di viral marketing abbia funzionato. “Abbiamo la fila per sabato. Solo ieri mi sono arrivate quasi cinquanta e-mail di gruppi che vogliono suonare nel locale”, racconta Paolini. “Qualcuno ha esagerato, minacciando addirittura di bruciarci il locale. Il limite non andrebbe mai superato, verificheremo se prendere o meno provvedimenti”. E intanto la pagina Facebook del Red Devil, nel bene e nel male, continua a battere ogni record di contatti.

di Simone Bertozzi

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