La commissione d’inchiesta sui centri d’accoglienza? “Non è indipendente dal governo”. Il motivo? “Blocca documenti imbarazzanti per esponenti dell’esecutivo”. Un esempio? “Sta insabbiando la relazione sul Cara di Mineo, che coinvolge Giuseppe Castiglione, sottosegretario all’Agricoltura del Nuovo Centrodestra“. È un’accusa pesante e circostanziata quella di Erasmo Palazzotto, parlamentare di Sinistra Italiana e componente della stessa commissione d’inchiesta sull’accoglienza. Un addebito lanciato dal deputato durante una conferenza stampa a Montecitorio, motivato da un’eccessiva “lentezza” che blocca nei cassetti la relazione sul centro per richiedenti asilo in provincia di Catania. Sullo sfondo, per il parlamentare, c’è il “rapporto perverso” che lega la politica ai monopolisti del business dei centri d’accoglienza.
Onorevole Palazzotto, ha appena accusato la commissione di cui fa parte di insabbiare la relazione sul Cara di Mineo: in che modo starebbe avvenendo tutto questo?
Semplice: da luglio non c’è modo di riunire il gruppo di lavoro che da oltre un anno si occupa del centro per richiedenti asilo siciliano all’interno della commissione.
Non potrebbe essere un normale rallentamento dei lavori parlamentari?
Non credo proprio. È vero che tutta la commissione ha rallentato la sua attività, ma su Mineo le cose sono completamente ferme. E sono ferme per evitare imbarazzi al sottosegretario Castiglione, coinvolto nelle indagini sul Cara in provincia di Catania.
In pratica sta accusando la sua commissione di proteggere membri al governo.
Esattamente. C’è in atto un tentativo di soprassedere, di bloccare nei cassetti la bozza di relazione sul centro finito nelle indagini su Mafia capitale prima, e in quelle delle procure di Catania e Caltagirone poi. Le nostre richieste di sbloccare i lavori non sono state mai ascoltate finora. Il fatto poi che a coordinare il gruppo su Mineo sia stato messo Giovanni Burtone, deputato Pd anche lui di Catania, deve essere un’altra coincidenza.
Scusi onorevole, cosa c’è nella vostra relazione di così delicato? Qualcosa ancora non è ancora emerso dalle indagini giudiziarie?
A noi non spetta dare valutazioni giudiziarie, ma sulla base delle indagini e della nostra esperienza diretta dare una valutazione politica.
E nella fattispecie la vostra valutazione politica su Mineo quale è?
Semplice: dopo un anno di lavoro su Mineo posso dire senza dubbio che c’è un rapporto perverso tra le coop, la politica e i vertici del centro di accoglienza. Non esistono – solo per fare un esempio – gli elenchi dei fornitori. E oggi il direttore del centro è indagato dalla procura di Caltagirone nell’inchiesta sui numeri gonfiati delle presenze.
Quale è il ruolo di Castiglione invece?
Da presidente della provincia di Catania ha aperto il centro e poi – come dimostrano le inchieste giudiziarie – ha continuato ad avere un ruolo nella sua gestione anche negli anni da sottosegretario e da luogotenente di Alfano.
I dipendenti del Cara hanno di recente raccontato ai magistrati che gli veniva chiesto di tesserarsi al Ncd. Lo stesso partito che – come ha fatto notare anche Luca Odevaine – nella zona prendeva il 40 % dei voti: una coincidenza?
Non direi proprio. Tutte le persone di spicco coinvolte dalle indagini su Mineo sono legate a Ncd: pensiamo al gestore Paolo Ragusa, alla sindaca della città Anna Aloisi, allo stesso Castiglione, accusato più volte proprio da Odevaine. Il Nuovo Centrodestra è stato il magnete di una serie di conflitti d’interesse nati attorno al centro catanese.
Mineo però non sembra essere l’unico centro d’accoglienza ad essere nelle mani della politica: cosa emerge dalla vostra indagine parlamentare?
Il recente passato dimostra che la gestione dei migranti è in mano a grandi gruppi economici e imprenditoriali. Veri e propri monopolisti del settore che ci speculano sopra, che non fanno all’integrazione ma puntano solo a fare business. E spesso intrattengono buone relazioni con gli uomini di Ncd.
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