La possibilità di un’azione penale sulle violazioni delle emissioni seguirebbe naturalmente la denuncia dell’Epa. Intanto a Bruxelles una portavoce della Commissione fa sapere che valuterà con le autorità statunitensi le eventuali conseguenze "per i veicoli venduti nell’Ue". Restano sul tavolo, poi, le contestazioni della Germania sui gas inquinanti di alcuni modelli, risultati fuori norma. E i rappresentanti dei lavoratori, Fiom esclusa, si stringono attorno a Marchionne
Come prevedeva lo stesso Sergio Marchionne, sul caso delle emissioni Fca c’è anche l’occhio del Dipartimento di Giustizia americano. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando alcune fonti. La possibilità di un’azione penale sulle violazioni delle emissioni, del resto, seguirebbe naturalmente la denuncia dell’Epa, che ha rinvenuto su 104.000 auto Fca un software che a parere dell’agenzia ha consentito la violazione delle norme sulle emissioni. Tanto più che la casa italoamericana è già nel mirino del Dipartimento di Giustizia, che ha iniziato a indagare lo scorso anno sulle pratiche delle vendite di Fca. L’autorità starebbe valutando se Fiat Chrysler abbia gonfiato o meno i dati sulle vendite e anche la Sec, la Consob americana, ha aperto un’indagine sul caso.
Ma i guai di Marchionne non sembrano destinati a finire negli Usa dove giovedì è esploso un nuovo dieselgate in salsa italoamericana. Se in Italia infatti il ministero tace e i sindacati addirittura si stringono intorno all’azienda, a Bruxelles è tornato a scaldarsi il dossier fatto aprire dalla Germania che mesi fa aveva chiesto accertamenti alla Commissione Ue su alcuni modelli Fca. L’unica schiarita, insomma, arriva dalla Borsa di Milano, dove il titolo della casa automobilistica ha ripreso leggermente quota (+4,61% dopo il -16% di giovedì) dopo il crollo della vigilia, complici le rassicurazioni di Marchionne sul rispetto degli obiettivi finanziari, nonché le prime valutazioni degli analisti. Che pure, come fa Equita, non mancano di sottolineare che al netto dell’entità della potenziale multa, “le class action non possono essere escluse e le vendite dei modelli diesel in Usa potrebbero soffrire”. Considerazioni evidentemente diverse quelle fatte oltreoceano, dove il titolo ha viaggiato in negativo fin dall’apertura di Wall Street e ha perso più del 2 per cento (-10% la vigilia).
Da questo lato dell’oceano invece a rompere il silenzio, venerdì mattina, è stata la portavoce della Commissione europea Lucia Caudet che ha detto che le notizie dagli Usa “sono preoccupanti”. Bruxelles “è in contatto costante con le autorità americane” che hanno informato “ieri” l’esecutivo europeo di aver ricevuto “insufficienti informazioni” sul controllo delle emissioni. In particolare la Enviromental Protection Agency (Epa) statunitense, “con la quale siamo in costante contatto, ci ha informati delle accuse secondo le quali per alcuni camion e suv diesel Fca venduti negli Usa” la casa produttrice “non ha fornito alle autorità americane la completa descrizione della strategia di controllo delle emissioni durante il processo di certificazione. Si tratta di una insufficiente disclosure sulla strategia. La parola defeat devices non è stata usata finora. Ciò nonostante, le accuse sono preoccupanti: lavoreremo con le autorità degli Stati nazionali e con Fiat per appurare i fatti e le potenziali implicazioni per i veicoli venduti nell’Ue”.
Ue: “Chieste ripetutamente spiegazioni convincenti sulle accuse della Germania” – Coincidenza vuole che giovedì la Commissione Ue avesse sollecitato l’Italia a dare risposte che possano confutare le accuse avanzate dalla Germania, secondo cui il gruppo utilizza un dispositivo illegale negli impianti dei gas di scarico. Berlino aveva chiesto all’esecutivo Ue di mediare la sua disputa con Roma, che ha respinto le accuse a proposito di un software nascosto che consenta un eccesso di emissioni sui motori diesel dei modelli, Fiat 500X, Fiat Doblò and Jeep Renegade. L’autorità tedesca Kba ha cominciato i test su diversi produttori, inclusa Fca, dopo che Volkswagen ha ammesso la condotta illecita sui test per le emissioni. Caudet venerdì ha avvertito che si sta “esaurendo il tempo” visto che la Commissione ha chiesto “ripetutamente” di fornire “spiegazioni convincenti” in materia. Nel quadro legislativo attuale, ha ricordato, “sono gli Stati membri ad essere responsabili della certificazione delle auto” per la loro immissione nel mercato europeo. “In questo contesto la Germania ha sollevato serie preoccupazioni sulla compatibilità di un modello Fiat con la legislazione europea sulle emissioni auto. Cosa che le autorità italiane contestano”.
Casa Bianca: “Nessun coinvolgimento nel caso”. Marchionne spera nei nuovi vertici dell’Epa nominati da Trump – Sul fronte statunitense, dopo che l‘amministratore delegato di Fca, a caldo, aveva ventilato “una guerra politica fra l’amministrazione uscente e quella entrante” negli Stati Uniti, un alto funzionario dell’amministrazione Obama ha ribadito che la decisione dell’Agenzia “è stata presa indipendentemente dalla Casa Bianca”. Qualche ora prima Josh Earnest, portavoce del presidente uscente, aveva spiegato che “le decisioni dell’Epa sono prese dai funzionari dell’Epa e non sono a conoscenza di un coinvolgimento della Casa Bianca su questo caso specifico”. Earnest non ha voluto commentare il fatto che il caso sia deflagrato a una sola settimana dall’insediamento della nuova amministrazione Donald Trump, che ha nominato come capo dell’Epa il repubblicano Scott Pruitt, alleato dell’industria dei combustibili fossili nonché uno dei principali nemici dell’agenda del presidente democratico sui cambiamenti climatici. Obama, ha continuato il portavoce, “mantiene la sua fiducia nel lavoro importante fatto dall’Epa e ha fiducia nella sua capacità di fare rispettare la legge”, ha poi fatto sapere la Casa Bianca rispondendo all’affermazione di Marchionne stando alla quale l’accusa a Fca è frutto del “comportamento di un’agenzia che perderà efficacia”. Tra i primi a dargli credito c’è Mediobanca Securities, che in un’analisi sulle ripercussioni finanziarie della vicenda per cui le prime stime parlano di una potenziale multa da 4,6 miliardi di dollari, sostiene che “quando il nuovo capo dell’Epa entrerà in ruolo, la storia potrebbe finire con una multa molto più piccola (450 milioni una buona supposizione) e facilmente gestibile dalla compagnia”. Senza contare che “Fca non è percepita come un’azienda straniera, ma americana, e i recenti annunci di massicci investimenti negli Stati Uniti aiuteranno”. Secondo Icbpi, invece, “allo stato attuale è difficile prevedere come si concluderà questa vicenda”, anche se “ieri l’azione ha già scontato più del dovuto, in quanto la probabilità che la vicenda si concluda con una condanna al momento è molto al di sotto del 66%”.
Sindacati schierati con Marchionne: “Gruppo vittima di lotta tra poteri forti. Caso diverso da Volkswagen” – Nel frattempo i sindacati italiani, Fiom esclusa, intimoriti dall’impatto che la supposta frode potrebbe avere sull’azienda e di conseguenza sui lavoratori, si stringono intorno a Marchionne. “E’ una notizia che ci preoccupa, ma siamo in presenza di qualcosa di completamente diverso dalla vicenda dieselgate – sostiene Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – In quel caso c’è stata una truffa, qui c’è un contenzioso di altro genere tra Epa e gruppo Fca. Il software di Fca non occulta le emissioni”. Di conseguenza per Palombella “non ci sono le condizioni per ritenere il comportamento di Fca lesivo da un punto di vista della fiducia“. E ancora: “E’ un fatto ascrivibile anche al cambio di presidenza Usa, con il gruppo vittima della lotta tra poteri forti. Ci auguriamo che non venga vanificato il sacrificio che i lavoratori hanno fatto in questi anni per avere un gruppo industriale internazionalizzato e competitivo”.
Il segretario generale dell’Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, dice poi di confidare “che la vicenda delle accuse mosse dall’Epa a Fca-Chrysler si risolva nel migliore dei modi per le centinaia di migliaia di persone che lavorano per l’azienda, in particolare in Italia, dove abbiamo condiviso importanti risultati e piani industriali” e si dice convinto che “il gruppo abbia agito in buona fede e che i vertici sapranno dimostrare di non aver violato le norme sulle emissioni dei veicoli”. Roberto Di Maulo, segretario generale del sindacato autonomo Fismic, si unisce al coro: “Il caso è diverso da quello tedesco perché nel caso di Fca non c’è un software che trucca le emissioni, e comunque nessun modello assemblato in Italia monta quei motori. Questo ci dovrebbe tenere lontano da ogni tipo di equiparazione al caso Volkswagen”. Tuttavia “la preoccupazione c’è perché quasi il 30% delle auto che si fanno in Italia viene esportato negli Usa. E per questo non si deve equiparare Fca a Volkswagen, non c’è alcuna ragione per farlo. Altrimenti i contraccolpi in Italia saranno molti”.
“E’ fondamentale che l’azienda convochi i sindacati. In queste ore così delicate è necessario che ci dica qual è lo stato dell’arte. Tra i lavoratori c’è preoccupazione, per questo un’informazione tempestiva è fondamentale”, dichiara invece Michele De Palma, coordinatore Auto della Fiom. “C’è un problema negli Usa, dove questa vicenda rischia di avere ripercussioni anche sulle vendite, ma anche in Italia per l’ulteriore impatto sullo stabilimento di Cento che produce motori per Chrysler e Jeep”, aggiunge De Palma. “E’ scandalosa la totale assenza del governo, mi sarei aspettato che convocasse l’azienda per parlare delle prospettive. E’ chiaro che il diesel in generale non ha un futuro luminoso, lo ha detto anche Marchionne a Detroit. In Italia abbiamo stabilimenti, capacità industriali e professionali, università perché si possa guardare rapidamente all’auto del futuro, elettriche e ibride. Vorrei discutere di questo con azienda e governo”.