L’agenzia di rating canadese Dbrs ha tagliato il rating sovrano dell’Italia a BBB. La Penisola ha perso così l’ultimo giudizio a livello A rimasto finora, visto che le altre big (Standard&Poor’s, Moody’s e Fitch) hanno già ridotto la valutazione del merito di credito italiano a un valore inferiore a quello che indica una qualità medio alta. La decisione avrà conseguenze sui costi che le banche italiane sostengono quando chiedono liquidità alla Bce: Francoforte infatti, nello stabilire l’ammontare di titoli di Stato che gli istituti devono fornire come garanzie (collaterale), prende in considerazione il giudizio migliore tra quelli delle maggiori agenzie di rating.
Il taglio della valutazione o downgrade comporterà dunque un aggravio per gli istituti. Secondo l’agenzia Reuters, ipotizzando una maggiorazione media intorno dell’8% (coerente con la vita residua media del debito pubblico italiano) e considerando che l’esposizione delle banche italiane ai prestiti Bce secondo gli ultimi dati forniti da Bankitalia è di circa 175 miliardi, il risultato sarà una necessità aggiuntiva di collaterale fino a 14 miliardi. Nonostante questo via Nazionale ha di recente sostenuto che l’eventuale downgrade avrebbe avuto un “effetto limitato” sulla capacita delle banche italiane di accedere al rifinanziamento in Bce perché l’insieme delle attività depositate e pronte ad essere utilizzate in rifinanziamento è stato recentemente alimentato soprattutto da obbligazioni bancarie garantite ed è ulteriormente aumentata la riserva di titoli potenzialmente negoziabili.
Quanto ai motivi della decisione, il taglio “riflette una combinazione di fattori, tra cui l’incertezza sulla capacità politica di sostenere lo sforzo di riforma e la persistente debolezza del sistema bancario, in un periodo di crescita fragile“, si legge nel rapporto dell’agenzia. Dopo la bocciatura delle riforme costituzionali al referendum, “il nuovo governo ad interim può avere meno spazio per approvare ulteriori misure, limitando le prospettive al rialzo dell’economia”. Inoltre, nonostante i recenti piani di sostegno del settore bancario, il livello di crediti deteriorati rimane “molto elevato” tale da “compromettere la capacità del settore bancario di agire come intermediario finanziario per sostenere l’economia. In questo contesto, la bassa crescita ha comportato ritardi persistenti nella riduzione dell’alto debito, lasciando il paese più esposto agli choc”. Inoltre resta, secondo Dbrs, il rischio di elezioni anticipate nel primo semestre del 2017, specie dopo il pronunciamento della Consulta sulla nuova legge elettorale atteso per il 24 gennaio.
Il tutto in un contesto di crescita economica “piatta e in generale più bassa della media dell’area euro nell’ultima decade”. Anche il potenziale di crescita resta debole e “la necessità di migliorare le performance è una sfida fondamentale che impatta sul rating del Paese”, dove sia la bassa crescita sia la competitività insufficiente sono “probabilmente risultato della bassa produttività di lavoro e capitale, bassi tassi di occupazione e bassi investimenti in istruzione e ricerca e sviluppo”.