La proposta del Campo progressista lanciata nei giorni scorsi dall'ex primo cittadino rischia di dirottare verso il Pd una parte dei consensi della futura Si, quando manca poco più di un mese al suo atto. E' per questo motivo che gli umori della base e i giudizi dei dirigenti della sinistra radicale non sono teneri nei confronti di quello che fu uno dei protagonisti della Rivoluzione arancione del 2011. Fratoianni: "Non è su di lui che vogliamo fare il congresso”. Palazzotto: "La sua visione politica è sbagliata". Ma Scotto apre: "No a bocciature in tronco"
Al solo sentirlo nominare, Nicola Fratoianni reagisce con una certa insofferenza. “Non è su Giuliano Pisapia che vogliamo fare il congresso”. Comprensibile, certo. Ma è anche inevitabile che per ora, quando manca poco più di un mese all’atto fondativo di Sinistra italiana, a movimentare il dibattito sulla natura e il destino del partito che sorgerà dalle ceneri di Sel sia anche e soprattutto l’ex sindaco di Milano. Pisapia il compagno “che sta sbagliando strada”, Pisapia il “distruttore”, il “tentatore”, addirittura il “megalomane”. Sentendo gli umori della base e le riflessioni dei dirigenti di Si, sono questi i giudizi che più spesso emergono su quello che fu uno dei protagonisti più osannati della Rivoluzione arancione del 2011. A far discutere è in particolare la proposta lanciata nei giorni scorsi da Pisapia: quella del Campo progressista. E cioè una forza – “non un nuovo partito”, s’è affrettato a precisare lo stesso giurista milanese – alla sinistra del Pd ma ad esso saldamente ancorato. Un’idea che pare piaccia molto a Matteo Renzi, ma assai meno ai rappresentanti di Si, che dal 17 al 19 febbraio si riuniranno a Rimini per il primo congresso del loro nascente partito.
Fratoianni, che a quell’appuntamento arriva come il rappresentante di maggior peso dell’ala radicale, e con il sostegno (per il momento non ancora ufficiale) di Nichi Vendola, boccia subito l’iniziativa: “Il centrosinistra cui Pisapia sembra aspirare oggi non è al centro dei nostri dibattiti semplicemente perché non esiste più. E non esiste più perché è stato cancellato dalle politiche del Pd di Matteo Renzi”. Arturo Scotto, altro candidato alla leadership, sulla nascita del centrosinistra si mostra più possibilista (“E’ una prospettiva per cui anche Sinistra italiana può impegnarsi”), ma è altrettanto categorico nel porre una condizione essenziale: “All’interno di un’eventuale alleanza di centrosinistra non può essere presente chi, come l’attuale segretario del Pd, di quella coalizione è stato il killer”.
Se queste sono le premesse, è difficile spiegarsi come mai sia proprio con Renzi, o comunque con un Pd a trazione renziana, che Pisapia sembra intenzionato a voler dialogare, pur senza ridursi – come lui stesso ha ribadito – ad essere “la stampella di nessuno”. O forse proprio difficile da spiegarselo non è, almeno stando a quanto sussurrano i maligni. Secondo alcuni osservatori, lo scopo di Pisapia potrebbe essere quello di cucire un’alleanza col Pd che gli permetta di partecipare ad eventuali primarie di coalizione. Senza alcuna prospettiva di vittoria, ovvio: ma con la certezza, quella sì, di racimolare una percentuale di rappresentanza che gli consenta poi di ottenere un qualche riconoscimento. C’è chi già parla di contrattazioni avviate: uno scranno alla Corte costituzionale o magari un dicastero. Dice Erasmo Palazzotto, deputato siciliano di Sel: “La visione politica di Pisapia è sbagliata: lui pensa che oggi sia necessaria una sinistra collaterale al Pd. Puntare cioè ad accordi su base locale e poi rivendicare, a livello nazionale, qualche posto di governo. Un partito satellite, insomma, come lo è il Partito socialista di Nencini. Lo scopo di Pisapia è stringere un’alleanza con Renzi nella speranza di vedersi nominato ministro della giustizia? A me sembra una strategia anche legittima, ma senz’altro avvilente”.
Chi Pisapia lo conosce bene, chi gli è stato vicino sin dai tempi di Rifondazione Comunista e lo ha accompagnato nella sua ascesa politica, tende a negare che si tratti solo di arrivismo personale: “Giuliano nel centrosinistra ha sempre creduto. Oggi però gli manca, mi pare, la capacità di capire che quella strada non è percorribile”. Alcuni compagni milanesi, di quelli che tra il 2001 e il 2006 sedevano accanto all’avvocato comunista sui banchi della Camera, parlano di un’operazione incomprensibile: “Ma come? Dici di voler unire la sinistra, e il tuo primo atto in questa nuova veste è quello di spaccare Sel alla vigilia del congresso?”. Ma allora come si spiega, l’idea del Campo progressista? “Semplice. È puro delirio di onnipotenza”.
A Milano la proposta ha diviso i militanti. Per alcuni, l’idea di allearsi col Pd è “una tentazione”: perché è vero che dover dialogare “con chi ha abolito l’articolo 18” e “siede al governo con un pezzo della destra” pone seri “problemi di coscienza”, ma è altrettanto vero che rinunciare a contaminarsi significherebbe “relegarsi all’irrilevanza”. C’è però anche chi sottolinea come un primo esperimento in piccolo di questa Campo progressista ci sia già stato: “E i risultati non sono stati esaltanti”. Il riferimento è alla Lista Arancione promossa proprio da Pisapia per garantire a Beppe Sala il sostegno della sinistra milanese nella corsa a Palazzo Marino, alle comunali dello scorso giugno. Una scelta che tra la base non riscosse grande entusiasmo. “Parliamoci chiaro: immaginare di fare le primarie col Pd, al momento, significa immaginare un terreno impraticabile. Un’ipotesi fuori dal mondo. Anche per questo la proposta di Pisapia non mi convince per niente”, sentenzia Fratoianni. Meno drastico, sul punto, Scotto: “Sono contrario alle chiusure a priori. Quindi anche la proposta di Giuliano rifiuto di bocciarla in tronco: nessuna chiusura netta. Ma precisiamo: l’illusione del governo del capo, la stagione dell’uomo solo al comando va senz’altro archiviata”. Se a Scotto si fa notare che ragionare di un Pd senza Renzi è quantomeno ardito, lui replica che è presto per fare previsioni: “Il nostro dialogo con la minoranza del Pd va avanti da tempo. Vedremo”. E comunque tutti, in Si, ci tengono a puntualizzare che più importanti delle alleanze sono i programmi: “Inutile parlare dell’alchimia degli schieramenti se prima non si elabora un’agenda condivisa”, dicono in coro.
Quanto a Pisapia, la proposta del Campo progressista farà pure fatica a scaldare i cuori dei militanti storici, ma forse rischia di togliere ossigeno alla futura Sinistra italiana, dirottandone verso il Pd una parte dei consensi. Pericolo che però viene ridimensionato da Palazzotto: “Non è a noi che Pisapia toglie il terreno sotto i piedi. Se la sinistra torna a fare la sinistra, troverà spazio e consenso. Semmai l’operazione di Campo progressista offre un’ottima sponda a Renzi nella sua sfida per il controllo del Pd, perché indebolisce chi, all’interno di quel partito, tenta di spostare l’asse più a sinistra”.
Nel frattempo, un’altra proposta di alleanza è arrivata a movimentare la marcia d’avvicinamento di Si al suo congresso fondativo. Pippo Civati, in un’intervista al Manifesto del 12 gennaio, ha teso una mano agli attuali esponenti di Sel: realizzare “un manifesto comune”, “una costituente delle idee, per scrivere un progetto di governo” in vista della prossima legislatura. “Stimo Pippo e la sua intelligenza – commenta Scotto – ma mai più sinistre arcobaleno e liste Tsipras. I cartelli elettorali non servono e non funzionano”. Secondo Palazzotto, invece, “Sinistra italiana deve uscire dal suo congresso con la volontà di avviare subito un dialogo con varie forze della sinistra”. E non solo Possibile di Civati: “Dobbiamo guardare anche a esperienze di governo locali e liste civiche come quelle rappresentate da Renato Accorinti a Messina e Luigi De Magistris a Napoli. Non nell’ottica del minestrone, ma in quella di una piattaforma ampia e inclusiva”.
La sensazione, comunque, è che a determinare gran parte delle strategie future di Si sarà la natura della nuova legge elettorale. Ammette Fratoianni: “Se passa il Mattarellum, lo so, c’è il rischio che restando fuori dalle alleanze si resti fuori dal Parlamento. Ma non può essere questa paura il motivo per costringersi ad accettare politiche sbagliate”. Viceversa, col proporzionale, lo scenario cambierebbe radicalmente. E non è un caso che tutti proporzionalisti convinti si dicano i dirigenti del nascente partito. “L’equivalenza un voto un seggio è fondamentale. Qualunque distorsione è dannosa”, osserva Scotto. In un’ottica simile, è evidente, un’alleanza col Pd diventerebbe assai meno necessaria. E anche la proposta lanciata da Pisapia si sgonfierebbe. Scherza Palazzotto: “Io Giuliano me lo ricordo come un accanito proporzionalista. Chissà se ora ha cambiato idea”.
Si vedrà. Quel che è certo è che per ora l’ex sindaco di Milano ha cambiato il suo programma d’impegni. La manifestazione nazionale di Campo progressista, prevista a Roma per il 22 gennaio, è stata annullata. “Non era mai stata davvero fissata”, precisano dallo staff di Pisapia. Ma secondo alcuni è un segnale importante, che dice di come l’avvocato milanese preferisca aspettare, ripensarci, confrontarsi con amici e alleati. Il progetto, per ora, resta poco definito: e non è detto che alla fine decolli davvero.