Raffaella Stampone, 32 anni, originaria di Fraine, in Kuwait ha aperto il suo laboratorio di pasticceria, sua passione da sempre. Vuole portare il Made in Italy anche a Dubai e Abu Dhabi e tornare in Abruzzo tra cinque anni. "Voglio spostare lì la mia attività e lavorare per il Middle East"
“È inutile negarlo: le donne italiane, specie quelle expat, hanno una marcia in più”. Dalla provincia di Chieti a Kuwait City, in fondo, il passo è breve. Raffaella Stampone, 32 anni, originaria di Fraine, in Kuwait ha vissuto per 6 anni: qui ha dato vita a ItaliaFoodk8, un laboratorio culinario che prepara, cucina e consegna i piatti tipici italiani. “Facciamo conoscere il buon made in Italy – racconta – Da queste parti è apprezzatissimo”. Prossima direzione? Oman.
Tutto è iniziato dall’ufficio tecnico di una società svizzera per la quale Raffaella lavorava. Negli anni arriva prima il trasferimento in Spagna, poi in Danimarca. Nel 2010, infine, l’arrivo in Kuwait, insieme a suo marito, e i suoi 3 figli. Dopo 5 mesi in azienda, però, Raffaella decide di lasciare: “Era difficile, da donna, inserirmi in quel contesto”, racconta. Si torna così alla passione di sempre: la pasticceria. “Con ItalianFoodk8 è iniziato tutto per gioco – ricorda –. La scuola internazionale dei miei figli mi chiese di fare delle lezioni di pasticceria italiana per i bambini”. Da lì nasce il laboratorio, con torte, dolci e piatti tradizionali della cucina italiana, ma anche demo, corsi, rinfreschi per ambasciate ed eventi. Fino alla famiglia degli sceicchi: “Sì, i miei ravioli sono arrivati sulla tavola dello sceicco Al-Sabah – sorride – E dicono che abbia gradito”.
Non è stato facile per Raffaella ambientarsi in Kuwait. “Appena arrivata non riuscivo ad integrarmi in una società molto chiusa, che non ti spalanca subito le porte come in Italia”, ricorda. A Kuwait City non ci sono marciapiedi, la temperatura tocca i 50°, e si passa il tempo libero spesso negli enormi centri commerciali, tra i più belli del Middle East. “Gli arabi sono diffidenti, ma allo stesso tempo possono rivelarsi gentili e amabili. Bisogna accettare i loro usi e costumi”, continua. C’è anche una cerchia fatta da beduini e integralisti che non accetta expat, ma è più ristretta. “Col tempo ho imparato a conoscere ed amare i kuwaitiani – aggiunge – Oggi dico che mi mancano”. Le cose stanno rapidamente cambiando. Negli ultimi sei anni il Kuwait è cresciuto tantissimo: e gli investimenti non si concentrano più solo all’estero. “I kuwaitiani hanno capito che esiste una vita fuori dai mall”, spiega Raffaella. In città sono spuntati infatti marciapiedi, piste ciclabili, parchi. Un esempio? L’enorme Al Shaheed Park, al centro di Kuwait City, “che non ha nulla da invidiare al Central Park di New York”.
Per i bambini è diverso: “Qui è come se stessero nel Paese dei balocchi”, aggiunge Raffaella. I suoi figli frequentano una scuola internazionale inglese: il livello è alto, l’istituto è privato e arriva a costare fino a 20mila euro l’anno a bambino, ma le rette sono incluse nei contratti da expat. Anche la sanità si basa sul modello americano, con costi elevatissimi. “Ma il servizio sanitario locale non è male. Anzi, ci sono ospedali dove lavorano parecchi italiani con uno standard alto”.
Nel 2017 Raffaella e famiglia vogliono vivere stabilmente a Sohar, città costiera dell’Oman. L’obiettivo è creare una solida rete di contatti per ItaliaFoodk8 con i vicini Emirati: Dubai e Abu Dhabi non sono lontane. “Qui il buon made in Italy è apprezzato tantissimo: è vero, ultimamente ci sono stati parecchi sciacalli arrivati per aprire finti ristoranti italiani – spiega –. Da qualche anno, però, gli arabi stanno cominciando a capire quali sono i prodotti di qualità: è una rivoluzione”.
L’idea è quella di rientrare in Italia, entro al massimo 5 anni. “Voglio tornare in Abruzzo e spostare lì il mio laboratorio, lavorando su commissione per il Middle East”. Raffaella si sente fortunata: “Anche se ho perso il lavoro sono riuscita a reinventarmi come mamma e come donna”, ricorda. Anzi, insiste, la donna expat riesce a tirare fuori il meglio di sé: “Qui in Medio Oriente non siamo solo lavoratrici e manager, siamo anche mamme, cuoche, mogli. Il potenziale che hanno le donne italiane qui non lo vedo nelle altre culture”.
Anche se il rapporto con l’Italia, per Raffaella, è molto discordante. “Siamo il Paese più bello del mondo, potremmo vivere solo del patrimonio che abbiamo: purtroppo le cose non funzionano”, dice. Prima di chiudere con una provocazione: “Se fossi rimasta? Il mio lavoro sarebbe sottopagato, la mia laurea sarebbe carta straccia, sarei comandata da un raccomandato. Purtroppo la realtà è questa: i giovani in Italia non hanno futuro. E voglio tornare – conclude – anche per cambiare le cose”.