Il progetto è promosso dall’associazione Quelli del Sabato per ricordare a tutti che “la diversità è sempre un valore”. Diciotto fiabe celebri, da Cappuccetto Rosso a Hansel e Gretel, da Raperonzolo alla Bella e la Bestia, viste da un altro punto di vista
Le favole classiche viste con gli occhi dei ragazzi con disabilità, per raccontare, al di là della magia, il significato delle parole passione, fatica, e riscatto. E’ questo il fulcro del progetto intitolato C’era una svolta, promosso dall’associazione Quelli del Sabato per ricordare a tutti che “la diversità è sempre un valore”. Diciotto fiabe celebri, da Cappuccetto Rosso a Hansel e Gretel, da Raperonzolo alla Bella e la Bestia, cioè, raccontate da un punto di vista totalmente nuovo, quello di 18 ragazzi e ragazze con disabilità, che con l’aiuto di altrettanti scrittori professionisti hanno dato vita a un libro dove tutto cambia, e il viaggio intrapreso dagli eroi dell’infanzia diventa un cammino contro le avversità della vita.
“Il titolo del libro prende spunto dall’inizio classico delle fiabe moderne, e solo una lettera, la S, si appiccica a quell’inizio, facendo presagire tutta un’altra storia – spiega Ilaria Miglio di Quelli del Sabato – quel “C’era una volta”, rimasto immutato e preso come unica possibilità per decenni, si trasforma quindi in “C’era una svolta”: diventa quella piccola grande possibilità di cambiare la trama, di cambiare il mondo, che è data a ognuno di noi”.
C’era una svolta, quindi, non è solo un libro di favole: “E’ una raccolta di fiabe scritte da diversi autori e da autori diversi, che vi faranno sorridere, commuovere, meditare, illustrate magistralmente da Hikimi, al secolo Roberto Blefari. Favole per tutte le età, per tutte le stagioni”. Ai 18 ragazzi con disabilità dell’associazione sono state sottoposte 18 favole classiche, affinché le leggessero e ne decidessero il nuovo corso, sotto la guida dell’attore e autore teatrale Francesco Baldi. A quel punto, gli “spunti fantastici” inventati dei ragazzi sono stati sottoposti ad altrettanti scrittori professionisti, da Errico Buonanno a Lella Costa, da Fulvio Ervas a Martino Gozzi, a Ivano Porpora e Eduardo Savarese, solo per citarne qualcuno, che hanno contribuito alla stesura finale.
“E’ capitato un po’ di tutto – racconta Baldi – Biancaneve, ad esempio, si è trasformata in Bianca La Neve, una domestica il cui passato di promettente ballerina di provincia è minacciato dall’invidia di una ex danzatrice a fine carriera, e il Brutto anatroccolo, rinominato Super, diverso e bistrattato, che diventa l’eroico risolutore dell’inganno messo in atto da un macellaio senza scrupoli, salvando la vita ai suoi numerosi fratelli”. O ancora, il Soldatino di stagno, battezzato Stefano, irreggimentato nel plotone dei soldatini nella stanza dei giochi, che sogna di essere un grande ballerino, e il Gatto con gli stivali, che conoscerà una principessa indipendente e amante della libertà con cui partirà all’avventura.
Poi, oltre alle fiabe, tra le pagine di C’era una svolta c’è anche un po’ della quotidianità di chi le ha riscritte. L’ironia di Tiziana, i viaggi oltreoceano di Cosimo, la timidezza di Isabella. “E poi il romanticismo di Ilaria o il pragmatismo di Antonio – spiega Miglio – ci sono ragazzi che hanno battezzato i personaggi con i nomi di qualche caro amico, e hanno proiettato nella trama sogni e speranze. Ed è questo a rendere unico il progetto: gli ingredienti fantastici che lo compongono. Ingredienti diversi. L’inizio di nuovi racconti. Insomma, per dirla in una parola, la svolta”.
Una svolta che, tramite i racconti, l’associazione spera di innescare anche nella realtà. “Oggi il concetto di normalità che socialmente condividiamo è così rigido che finisce per portarci a discriminare quella diversità che invece è una qualità, è ciò che ci rende unici – sottolinea Miglio – siamo tutti diversi: c’è chi non sa cucinare, chi non è bravo a parlare in pubblico, chi non riesce a camminare. Ma non per questo meritiamo di essere emarginati. E allora diamo una svolta a questa parola, normalità, smettiamo di puntare il dito contro chi non è uguale a noi in tutto e per tutto: è un cambiamento culturale che possiamo compiere, di cui abbiamo bisogno, e che, soprattutto, andrà a beneficio di tutti”.