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The Young Pope debutta negli Usa. Critiche in chiaroscuro. New York Times: “Una Vatican of Cards d’essai”

Variety elogia la serie definendola "sovversiva" e trovando analogie nell'era trumpiana che l'America sta per cominciare, mentre il quotidiano newyorchese fa un resoconto ambivalente della serie di Sorrentino: "Visivamente sublime e testualmente ridicola"

di Domenico Naso

The Young Pope”, la serie-evento diretta da Paolo Sorrentino, già andata in onda in Italia su Sky, ha fatto il suo debutto anche sugli schermi americani di Hbo. Molte attese e investimenti pubblicitari corposi (con enormi manifesti a New York e Los Angeles), per un prodotto televisivo che in Europa ha avuto ottime recensioni e che adesso deve affrontare un pubblico diverso in tutto e per tutto come quello statunitense, forse meno avvezzo al virtuosismo estetico del regista napoletano.

Sul New York Times, è James Poniewozik a firmare una recensione ambivalente, con alcune concessioni sincere al talento di Sorrentino e molti passaggi che, invece, somigliano a sonore stroncature. “Visivamente sublime e testualmente ridicola”, la serie co-prodotta da Sky, Hbo e Canal+, secondo il critico del New York Times, in alcuni momenti è “di scarso valore letterario e confusa”, “un Vatican of Cards d’essai”.

“Quando The Young Pope è brutto, lo è in maniera epica”. È “ridicolo”, “più debole quanto più cerca di raccontare gli intrighi della Chiesa”. E sembra interessante anche la lettura cultural-politica che Poniewozik dà del lavoro di Sorrentino: secondo il critico, The Young Pope fa eco a un fenomeno più ampio che va dall’elezione di Trump alla Brexit, con una sorta di Pontifexit rappresentata dall’atteggiamento schivo di Pio XIII, simbolo della nuova esigenza di “insularità” dell’Occidente.

Per il New York Times, alcune idee sorrentiniane (per esempio, il paragone del pontefice con Banksy, Salinger e Daft Punk) sono teoricamente interessanti, ma alla fine pare che l’atteggiamento bizzoso di Pio XIII serva solo a soddisfare l’esigenza di una determinata scena. Viene poi presa in considerazione una delle scene più sorrentiniane dell’intera serie: l’arrivo del canguro in Vaticano come dono del governo australiano, con tanto di incontri ripetuti tra il marsupiale e papa Belardo nei Giardini Vaticani. “È nella sensazione che questo genere di momento surreale induce – dove si sta in bilico la meraviglia e voglia di fischiare dalle risate – che “The Young Pope” può arrivare più vicino a Dio”.

Jeff Jensen, su Entertainment Weekly, mette in guardia lo spettatore: “Si può prendere The Young Pope in molti modi, ma non letteralmente. È una surreale commedia dark che destruttura in chiave pop la fede; un lamento irriverente sul silenzio di Dio, una sovversiva allegoria della crescita dell’ortodossia di estrema destra e una metafora dell’americanismo come religione mondiale”.
Per Jensen, “Sorrentino fa un uso sorprendente dei luoghi e crea un simulacro credibile del Vaticano, che esprime la natura bizantina e oppressiva della religione”. Il critico di Entertainment Weekly si è anche divertito, per esempio nella sequenza iniziale, descritta come “un modo divertente per introdurre un personaggio, definendolo da tutto ciò che non è”. Anche il critico di EW, però, trova le debolezze di The Young Pope nelle sottotrame, soprattutto nella storia “tediosa” del personaggio interpretato da Ludivine Sagnier. Il voto finale del magazine specializzato è una più che soddisfacente B.

Positiva (e in parte molto politica) è la recensione di Maureen Ryan per Variety. Secondo la Ryan, questa “importante e sovversiva serie HBO”, nonostante sia stata scritta da Sorrentino tempo fa, spiega molto bene il momento politico che sta vivendo l’America dopo l’elezione di Trump. E anche in questo caso si tira in mezzo anche la Brexit e, ovviamente, il trumpiano ante-litteram Silvio Berlusconi, così come “l’influenza destabilizzante della Russia”. Ma per la Bibbia dello showbiz americano, The Young Pope è un modo “rinfrescante” per ricordarci “che la giocosità e la profondità non devono necessariamente essere mutuamente esclusive”. Anche Maureen Ryan riconosce che la narrativa di Sorrentino non è “particolarmente interessata alla linearità e e all’ordine strutturale”. Ma “no matter”, non importa. Anche perché “la spontaneità che riverbera attraverso “The Young Pope” illumina le possibilità senza controllo di una connessione umana e spirituale, e il suo sornione e impassibile spirito è spesso una delizia”.

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