Il 14 ottobre il pm di Roma aveva chiesto 30 ergastoli per la morte di 23 cittadini di origine italiana desaparecidos nel processo a carico di ex capi di Stato ed esponenti delle giunte militari e dei servizi di sicurezza di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay in carica tra gli anni ’70 e ’80. Oggi è arrivato il verdetto della III corte d’Assise di Roma: otto condanne all’ergastolo, 19 assoluzioni e sei non luogo a procedere per morte degli imputati. A vario titolo gli imputati erano accusati di aver mandato a morte 23 cittadini di origine italiana che vivevano nei paesi sudamericani. Le accuse contestate erano quelle di omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona. L’inchiesta è durata dieci anni. I condannati all’ergastolo sono Luis Garcia Meda Tejada, Luis Arce Gomez, Juan Carlo Blanco, Jeronimo Hernan Ramirez Ramirez, Francisco Rafael, Valderrama Ahumada, Pedro Richter Prada e German Luis Figeroa.
Nei confronti degli imputati non era contestata la strage per un vizio di procedibilità riscontrata nell’ambito delle udienze preliminari. Le attività di repressione degli oppositori avvennero all’interno del cosiddetto Piano Condor. La chiusura dell’inchiesta risale a sei anni fa e riguardava 140 persone (tra le quali anche 59 argentini, 11 brasiliani e 6 paraguayani) ma problemi burocratici legati alla notifica e la morte di numerosi esponenti delle giunte militari hanno fatto scendere il numero delle persone poi finite a processo. Una complessa attività investigativa ha cercato di risalire agli autori del “Piano Condor”, un vero e proprio accordo tra le diverse dittature di allora finalizzato all’eliminazione di sindacalisti, intellettuali, studenti, operai e esponenti di sinistra. Nell’elenco degli indagati comparivano anche i nomi dei i dittatori Jorge Rafael Videla (Argentina), Jorge Maria Bordaberry ed il suo successore Gregorio Alvarez (Uruguay), l’ex presidente del Perù (1975-80) Francisco Morales e l’ex primo ministro Pedro Richter Prada (1979-80) .
In rappresentanza dello Stato italiano in aula c’era anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. In un tweet questa mattina aveva scritto: “Processo Condor: lo Stato chiede verità e giustizia per le vittime italiane”.
Il primo caso contemplato nel procedimento avviato a piazzale Clodio, piuttosto anomalo rispetto agli altri perché avvenuto prima dell’insediamento della giunta militare in Argentina, è quello legato all’uccisione di Alvaro Daniel Banfi, sequestrato in Argentina il 12 settembre 1974 e morto un mese e mezzo dopo. L’inchiesta nel dicembre del 2007 portò all’emissione di circa 140 richieste di custodia cautelare di cui solo una fu eseguita nei confronti dell’uruguayano Nestor Jorge Fernandez Troccoli, 63 anni, già esponente dei servizi segreti della Marina accusato della morte di sei italiani e oggi assolto. “Accolgo con soddisfazione l’assoluzione di molti degli imputati – commenta l’avvocato Luca Milani, difensore di alcuni imputati -, tra cui anche alcuni miei assistiti perché forse ha prevalso rispetto delle regole e principi fondamentali del nostro ordinamento. Non condivido condanna nei confronti dei vertici istituzionali del Perù perché ho sempre nutrito forti dubbi sull’appartenenza di questa nazione al cosiddetto piano Condor”.