Cresce la tensione fra Tobruk e Roma. Martedì 10 gennaio, la riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli aveva causato le rimostranze proprio del governo di Tobruk, che aveva liquidato l’inaugurazione della sede diplomatica come una "nuova occupazione"
“Rifiutiamo qualsiasi aiuto italiano a meno che l’Italia ritiri le sue truppe dalla Libia“. Lo ha dichiarato Khalifa al Obaidi, portavoce dell’esercito nazionale libico, guidato dal generale Khalifa Haftar, fedele al parlamento di Tobruk. Domenica scorsa, 15 gennaio, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, nel corso di un’intervista in tv aveva annunciato che l’Italia avrebbe inviato aiuti umanitari “medicinali e aiuti urgenti” nell’est della Libia.
Le dichiarazioni di al Obaida sono l’ultimo segnale, in ordine di tempo, del momento teso nelle relazioni fra Roma e il parlamento di Tobruk che si oppone al governo di Tripoli presieduto da Fayez al Sarraj, sostenuto dall’Italia, riconosciuto dall’Onu e da molti paesi della comunità internazionale. Martedì 10 gennaio, la riapertura dell’ambasciata italiana a Tripoli aveva causato le rimostranze proprio del governo di Tobruk, che aveva liquidato l’inaugurazione della sede diplomatica come una “nuova occupazione“. Mentre il 12 gennaio, a dimostrazione della fragilità del quadro, miliziani fedeli Khalifa Ghwell, ex primo ministro del disciolto governo islamista di salvezza nazionale, avevano occupato per alcune ore diversi ministeri a Tripoli. Durante il raid, prima di essere scacciati dalle forze speciali libiche, parlando in conferenza stampa dal suo quartier generale nell’Hotel Rixos, Ghwell aveva condannato “la visita del capo di stato maggiore Claudio Graziano” e chiesto che “i militari italiani lascino Misurata”, dove presidiano un ospedale italiano nell’ambito dell’operazione Ippocrate.
E mentre si fa sempre più incolmabile la distanza fra Tripoli e Tobruk, secondo il portale elgornal.net, che cita dichiarazioni di fonti diplomatiche arabe e agenzie libiche, la Russia sarebbe pronta a fornire armi al generale libico Khalifa Haftar per circa due miliardi di dollari. Secondo le fonti, Haftar e il governo russo avrebbero “riattivato” un accordo in materia di fornitura di armi siglato nel 2008, ai tempi del regime di Muammar Gheddafi. La decisione di dare attuazione all’accordo del 2008 sarebbe stata formalizzata da Haftar durante la visita sulla portaerei Kuznetsov. La notizia è stata poi confermata da Ismail al-Gul, parlamentare dell’Assemblea dei deputati di Tobruk, alla quale risponde il generale Haftar, in un colloquio telefonico con il quotidiano al Arab. Per al Gul, si è trattato di dare “compimento ad accordi esistenti e questo non rappresenta un problema”.