Al dibattimento sulla 'ndrangheta in Emilia un imputato legge in aula il testo che chiede, oltre a un inedito controllo giudiziario sulle cronache, che le prossime udienze siano a porte chiuse. Nel mirino anche i resoconti delle Agende rosse sul social network e le visite delle scolaresche. "Vedono solo la parte accusatoria". M5s si rivolge a Minniti
Si è alzato da dietro le sbarre dove da 10 mesi segue il processo e ha letto una richiesta rivolta al giudice Francesco Maria Caruso, a nome anche degli altri 140 imputati: “Signor presidente, i sottoscritti imputati detenuti chiedono di voler procedere affinché il processo si svolga a porte chiuse. Da quando è iniziato stiamo assistendo a un linciaggio mediatico”. E poi una richiesta raramente udita in un’aula di giustizia: “Il tribunale acquisisca e verifichi gli articoli del giorno dopo il dibattimento. E prenda dei provvedimenti. La libertà di stampa significa non distorcere i fatti”.
A parlare è Sergio Bolognino, come gli altri imputati in carcere da quando a gennaio di due anni fa la Direzione distrettuale antimafia di Bologna fece partire l’operazione Aemilia. Operazione che portò allo smantellamento di quella che secondo l’accusa è una vera e propria associazione ‘ndranghetista radicata nel Reggiano e legata alla cosca Grande Aracri di Cutro, in Calabria. In abbreviato ci sono già state 58 condanne in primo grado, numerose delle quali per il reato di associazione mafiosa. Il dibattimento invece, iniziato a marzo del 2016, va avanti a ritmo di due udienze a settimana e proseguirà almeno per tutto il 2017.
Fin dalle prime udienze tra i banchi del pubblico non ci sono solo i famigliari degli imputati. Ci sono anche giornalisti, in particolarequelli della stampa locale e volontari di associazioni antimafia, come quelli delle Agende Rosse di Modena e Brescello, che quasi a ogni udienza fanno su Facebook una cronaca istantanea e quasi letterale di quanto succede in aula. Ed è proprio quella pagina Facebook di Agende rosse a riportare, quasi in diretta, le parole dell’imputato lette in aula a inizio udienza martedì mattina. Secondo il comunicato dei detenuti, i media stanno operando una “distorsione”. Bolognino cita la Gazzetta di Reggio, Telereggio: “Ogni articolo pubblicato è sempre in chiave accusatoria anche quando esame e contro-esame hanno dato un quadro diverso. Ogni articolo pubblicato è sempre in chiave ‘ndranghetista, si fa riferimento alla cosca anche quando nel capo di imputazione non è prevista l’aggravante. Ci sono state numerose smentite sulla Gazzetta di Reggio e ci sono pendenti denunce nei confronti della Gazzetta per aver pubblicato notizie distorte”.
L’imputato poi sembra prendersela proprio con le Agende Rosse: “C’è un sito pubblico su Facebook, sempre comunque in chiave accusatoria. I pentiti che non dovrebbero conoscere leggono su Facebook quello che viene detto. Il processo penale è una cosa seria”. Poi c’è una critica alla scelta di fare entrare le scolaresche alle udienze: “Le scolaresche e le associazioni partecipano, ma solo per ascoltare la parte accusatoria e vanno via quando c’è il contro-esame”. Secondo il documento letto in aula da Bolognino “allo stato attuale noi e le nostre famiglie siamo additate ogni giorno come colpevoli. C’è gente innocente totalmente e chi è colpevole ma non per questo fa parte di una cosca. La presunzione di colpevolezza sulla quale si basano questi media non è prevista dalle leggi dello Stato”.
Il presidente della Corte Francesco Maria Caruso si è riservato per la prossima udienza una decisione sulla richiesta degli imputati.Ma intanto su quelle parole lette in aula scoppia già la polemica politica. I parlamentari del Movimento 5 stelle in Commissione antimafia, Luigi Gaetti e Maria Edera Spadoni, lanciano la richiesta di una diretta online di tutte le sedute e si rivolgono addirittura al ministro dell’Interno Marco Minniti “affinché sia garantita la massima protezione a tutti i giornalisti e blogger”.