Un soldato leale, eroe braccato dal suo passato, paladino della guerra al narcotraffico: se chiedi a Tommaso Paradiso quale personaggio di un romanzo gli piacerebbe essere, lui dice Art Keller, l’agente della Dea uscito dalla penna di Don Winslow e, dicendolo, ti spiazza. Perché il cantante dei TheGiornalisti è un ragazzo con la faccia da attore e i modi aggraziati, un poco più che trentenne con un nome che promette grandi cose e un certo savoir faire: mentre lo guardi ti vengono in mente i protagonisti scanzonati dei ‘”Racconti dell’età del jazz” di Fitzgerald più dei poliziotti impegnati nell’eterna lotta tra bene e male di Winslow. È per questo che ha scelto Keller, dice: “Mi piacerebbe vivere una storia completamente diversa dalla mia, essere un duro, un “freddo”. Mi piacciono quelli che non hanno paura di niente, che non sudano mai, che prendono decisioni in un secondo. Decisioni giuste”.
Una storia completamente diversa dalla sua. Eppure la sua, almeno nell’ultimo anno, è stata una storia niente male: il successo, per lui e la sua band, è arrivato nel tempo di due stagioni. Artisti rivelazione dell’anno secondo Rockol, disco d’oro digitale, “Completamente Sold Out” è l’album che ha portato il trio romano nei palchi dei live club di tutta Italia. Un titolo che è diventato una sorta di profezia che si autoavvera: “È autoironico – dice Paradiso, vestito leggero nella sua giacca verde e t-shirt bianca, perché il caldo nella redazione del Fatto non lascia scampo nemmeno quando Milano è il Polo Nord – Sembra una cosa spocchiosa e invece è un modo per non prendersi molto sul serio. Anche perché, chi oserebbe mai portarsi sfiga da solo? E poi sono due brani dell’album, “Completamente” e “Sold Out“. Solo dopo, una volta scelto, abbiamo capito che il titolo condiziona molto l’ascolto del pubblico”.
Questione di titolo, dunque? No. Perché i brani contenuti nell’album dei TheGiornalisti assomigliano a inni, che ti si insinuano nella testa a colpi di sonorità anni Ottanta e romanticismo da restarci secchi, che chiudono i riferimenti all’attualità fuori dalla finestra, che quando li senti suonare e cantare dal vivo ti unisci al coro, poco importa che tu li abbia già sentiti una volta oppure cento. Brani con un’ambizione non da poco, che è quella del “classico”: “Io seguo molto quello che accade intorno a me. E ne parlo anche tanto, soprattutto quando sono a tavola con amici o con la mia mamma. Sono un lettore vorace di giornali e sto spesso su Internet. Solo che nelle mie canzoni preferisco raccontare cose che conosco bene, sulle quali non posso sbagliarmi e così scrivo di me”.
Romanticismo, si è detto, di quelli che non hanno a che vedere solo con la relazione amorosa: perfino il funerale diventa, per Paradiso, un’occasione sentimentale quando in “Sold out” lo descrive come una festa malinconica. E se è vero che, oggi, la narrazione romantica funziona (Obama che a Chicago sembrava parlare solo per Michelle o Gosling che alla moglie ha dedicato la vita, mica il Golden Globe), Paradiso dice di non cantare niente che sia ‘costruito’: “Scrivo di sera, con un bicchiere di vino, in modo naturale. Credo che la gente la senta, la verità. Nelle canzoni così come, ad esempio, nel modo che ho di usare i social”.
Qualcosa di Vasco (che pure dice di aver scoperto da poco) nelle melodie e qualcosa che sta “tra il Nanni Moretti di Caro Diario e il Carlo Verdone di Borotalco” nell’immaginario, il cantautore romano non ha paura di dichiarare ‘un certo feeling con l’ansia’: “Scompare e riappare portandomi via, come la marea di Venditti – dice sorridendo – Ovviamente uno può curarsi e io ci ho provato. Ma resta un po’ ingestibile, comunque. E allora quello che faccio è cercare di rilassarmi quando so che sta per arrivare. C’è quasi un’accettazione. Fortunatamente alterno i miei momenti di ansia a momenti di gioia pura, di euforia. E secondo me sono proprio queste due maschere la chiave della scrittura delle canzoni. Malinconia alternata a momenti di ilarità assoluta: almeno per me, questa è la perfezione dell’arte, e vorrei che diventasse ancora di più la nostra cifra stilistica”.
Tommaso Paradiso, Marco Antonio Musella e Marco Primavera suoneranno al Palalottomatica di Roma (il 9 maggio) e al Forum di Milano (l’11 maggio): “È stata una scelta del pazzo che mi segue da quattro anni – dice ridendo e guardando il suo manager, Nicola Cani, seduto poco distante – con il quale ho un rapporto viscerale: sento più lui che la mia coscienza. Tutte le intuizioni che ha avuto finora sono state sempre azzeccate. Questa è la prima scelta sulla quale non mi sono sentito di dirgli “bravo” perché è ovvio che un po’ mi preoccupa. Va detto che io preoccupato lo sono sempre, in tutte le date. Qui però si tratta di palazzetti – continua sorridendo – Dai dati che abbiamo sembra però che le vendite dei biglietti stiano volando, quindi sono molto contento”.
Sul palco del Forum, dunque. E sul palco di un Sanremo condotto dalla coppia De Filippi-Conti come si vedrebbe, Paradiso? “La De Filippi all’Ariston c’è sempre stata. Questa volta in video ma Sanremo è un po’ il suo festival da qualche anno. Conti mi sembra un ottimo conduttore nazionalpopolare, anche perché uno non arriva a quei livelli senza avere dei meriti. Quello che c’è da augurarsi è che una coppia così scelga sulla base di criteri esclusivamente artistici. Se prendi le canzoni uscite in questi giorni, penso ai Baustelle o a Brunori, ecco, ho come l’impressione che quelle che sentiremo al festival non saranno più belle. E così è anche se pensi a Calcutta o a noi. Sarebbe bello avere “un Ariston” che rappresenti questa scena. Io ci andrei, se ci fossero le condizioni. E se avessi un brano adatto, ovviamente”. E chissà che non sia, anche questa, una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa.