Nelle motivazioni della sentenza, i giudici sottolineano come si tratti di "una materia in cui la razionalità scientifica e il pubblico interesse devono prevalere su facili suggestioni". "L’iscrizione a un asilo comporta la convivenza dei bambini - continuano- per cui la mancanza di vaccinazione si ripercuoterebbe sulla salute degli altri". Lo scopo dell'obbligatorietà come requisito per l'iscrizione ad asili e materna è cercare di fermare il calo della copertura vaccinale
“Se i tuoi bambini non hanno assolto gli obblighi vaccinali, non li puoi iscrivere all’asilo”. Il Tar per il Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso presentato nelle settimane scorse da due famiglie contro la deliberazione del Consiglio Comunale di Trieste che ha introdotto l’obbligo delle vaccinazioni quale requisito d’accesso ai nidi e alle scuole d’infanzia comunali e convenzionate. A comunicarlo è l’assessore comunale all’educazione, Angela Brandi, che aveva proposto insieme a Forza Italia la delibera poi approvata il 28 novembre 2016.
Nelle motivazioni della sentenza, il Tar sottolinea come quella dei vaccini sia “una materia in cui la razionalità scientifica e il pubblico interesse devono prevalere su facili suggestioni ed epidermiche emotività, pur nel pieno rispetto della libertà di ognuno”. Per i giudici amministrativi, inoltre, “la libera e responsabile scelta di non vaccinare i bimbi, che comunque si pone contro la legge vigente, comporta delle inevitabili conseguenze, tra cui l’impossibilità di iscrizione agli asili comunali” se l’amministrazione decide di adottare “una norma di prevenzione e precauzione in materia della salute. Non è in discussione la potestà genitoriale, ma come quest’ultima deve cedere il passo all’interesse generale“.
“L’iscrizione a un asilo comporta la convivenza dei bambini in un ambiente ristretto – evidenzia la sentenza del Tar – per cui la mancanza di vaccinazione, per un elementare principio di precauzione sanitaria, si ripercuoterebbe sulla salute degli altri, anche quelli con particolare debolezze e fragilità immunitarie“. Per cui, aggiungono i giudici amministrativi, “il pur rispettabile e tutelabile interesse individuale deve regredire rispetto all’interesse pubblico”. Nella sentenza il Tar sottolinea, infine, “come in tale delicata materia la situazione oggettiva sia mutata negli ultimissimi anni, per la diminuzione della copertura vaccinale dei bambini”.
La delibera del Consiglio è entrata in vigore a gennaio e riguarda le iscrizioni all’anno scolastico 2017/2018. Trieste è diventata così la prima città italiana a prevedere l’obbligo di vaccinazione antidifterica, antitetanica, antipoliomietica e antiepatite B (le quattro vaccinazioni obbligatorie secondo la normativa vigente) per i bimbi che frequentano gli asili. Una norma simile è stata introdotta pochi giorni prima, il 22 novembre 2016, anche in Emilia Romagna. La giunta regionale ha approvato il progetto di riforma dei servizi educativi per la prima infanzia che introduce l'”aver assolto gli obblighi vaccinali” come requisito per accedere ai servizi.
Lo scopo di entrambe le leggi è cercare di porre un freno al continuo calo della copertura vaccinale. A Trieste è scesa sotto il livello di sicurezza del 95%. In particolare – ha riferito uno studio presentato dall’assessora Brandi – la copertura antidifterica è arrivata all’89%, quella antitetanica al 91%, l’antipolio al 92% e quella antiepatite virale B all’89%. Discorso simile vale anche per l’Emilia Romagna, dove la percentuale di bambini vaccinati è notevolmente diminuita negli ultimi anni e nel 2015 ha raggiunto il 93,4%. Il calo delle vaccinazioni in Italia è in atto da 20 anni, come dimostrano i numeri presentati più di un anno fa, nell’ottobre 2015, dalle istituzioni sanitarie italiane e dal ministero della Salute.
Negli ultimi decenni progressivamente l’obbligatorietà è venuta meno – di fatto – in molte Regioni. Sulla questione regna una certa confusione soprattutto dopo la riforma del titolo V della Costituzione nel 2001, che ha dato agli enti regionali enormi poteri sulle questioni riguardanti la salute. Molte Regioni hanno emanato propri provvedimenti che “attenuano” l’obbligatorietà (il Veneto ha addirittura sospeso l’obbligo) dei quattro vaccini ancora in vigore a livello nazionale: di fatto i genitori obiettori in tutta Italia non vengono più sanzionati. Ora Emilia Romagna e Trieste hanno dato il via a un’inversione di tendenza e il loro esempio potrebbe essere seguito da altri enti locali. Al di là del fronte antivaccinalista, che puntando sull’argomentazione degli effetti avversi ha fatto proseliti negli anni, a minare l’obbligatorietà c’è però anche un aspetto tecnico: la fiala normalmente somministrata contiene sei miscele diverse (esavalente). Oltre alle quattro previste dalla legge, anche due facoltative: quella contro la pertosse e l’haemophilus influenzae b.