Sta per partire il salvataggio del Monte dei Paschi con un'iniezione di soldi pubblici. E il governo dovrà decidere se ridurre le retribuzioni dei vertici. In teoria i gruppi quotati non devono rispettare i paletti fissati per i manager pubblici, ma a livello internazionale tutte le nazionalizzazioni di istituti di credito sono andate a braccetto con tagli ai maxi compensi: non oltre i 500mila euro. Fa eccezione la Gran Bretagna
La Germania e l’Irlanda, quando hanno salvato le loro banche, hanno fissato un tetto di 500mila euro per gli stipendi dei manager. La Spagna ha messo l’asticella a quota 600mila euro, ma ha preteso la restituzione dei premi incassati dai vertici di Bankia. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno istituito la figura dello “Special master”, incaricato di ridefinire le buste paga e i bonus. Solo la Gran Bretagna, tra molte polemiche, ha continuato a concedere compensi milionari ai numeri uno degli istituti nazionalizzati. In Italia, per ora, l’argomento è rimasto sotto traccia. E, visto che a livello europeo esistono solo “linee guida” ma non una normativa precisa, è tutto da vedere se il Tesoro dopo l’operazione di salvataggio del Monte dei Paschi di Siena avviata a fine dicembre accoglierà la richiesta dei sindacati dei bancari di ridurre lo stipendio del numero uno portandolo a circa un quinto del valore attuale. E facendolo rientrare nel tetto dei 240mila euro previsto per i manager di società partecipate dallo Stato, soglia dalla cui applicazione, tecnicamente, le aziende quotate in Borsa come Mps (al momento tutti i titoli sono congelati) sono escluse.
Lo Stato si appresta a diventare primo azionista di Rocca Salimbeni con una quota largamente maggioritaria. I dettagli del piano di salvataggio potrebbero includere anche misure che riguardino le retribuzioni dei vertici, ma non è detto: l’Ue ha fissato solo principi guida su competenze, onorabilità e struttura delle retribuzioni, ma non una normativa precisa. Tutto da decidere, dunque, il destino dello stipendio di Marco Morelli che lo scorso ottobre ha sostituito Fabrizio Viola. L’avvicendamento è stato voluto da Jp Morgan, la banca statunitense che dietro lauto compenso si era assunta il compito di orchestrare una soluzione di mercato per la ricapitalizzazione di Mps, tentativo poi fallito. Morelli, che ricopre sia la carica di amministratore delegato che quello di direttore generale, percepisce un compenso di 1,4 milioni di euro lordi l’anno (ha però deciso di devolvere 200mila euro della sua retribuzione al fondo di solidarietà per i dipendenti del gruppo). All’arrivo a Siena ha ricevuto una “buona entrata” di 300mila euro e nel caso venisse mandato via senza una giusta causa avrebbe diritto a 24 mensilità. La sua poltrona comunque non sembra a rischio: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in audizione nelle commissioni Finanze ha annunciato che dopo l’entrata dello Stato nel capitale verrà nominato un nuovo consiglio di amministrazione, ma ha aggiunto che “il management di Mps, che pure ha manifestato la disponibilità a rimettere il proprio mandato, gode della fiducia del governo”.
La questione dei requisiti di onorabilità non dovrebbe essere un ostacolo, visto che all’atto della nomina e con il benestare della vigilanza Bce il cda di Mps ha giudicato adeguato il curriculum Morelli. Né a Siena né a Francoforte ha pesato la multa inflitta al manager da Banca d’Italia nel 2013 per il ruolo avuto nell’operazione Fresh del 2008, quando l’allora vicedirettore generale di Mps partecipò alla messa a punto dell’aumento di capitale da 900 milioni di euro riservato a Jp Morgan e utilizzato per finanziare in parte l’acquisizione di Antonveneta. Va detto che nell’inchiesta della magistratura relativa anche alla stessa operazione i pm hanno chiesto e ottenuto l’archiviazione della sua posizione di Morelli sottolineando come da fine 2007 non fosse più l’interlocutore dell’Autorità di vigilanza su questo dossier. Più in generale da diverse testimonianze era emersa anche una sostanziale contrarietà di Morelli alle scelte finanziarie con cui Mps aveva reperito i fondi per l’operazione Antonveneta. Forse anche per questo la Bce ha deciso di sorvolare sulla sanzione amministrativa e i rilievi di Bankitalia che, in base alle regole europee, dovrebbero rappresentare uno dei fattori più importanti per valutare il soddisfacimento dei requisiti di onorabilità.
La Bce chiede “moderazione salariale”: stipendio non oltre 500mila euro – Torniamo quindi a un aspetto più concreto, la busta paga. La Commissione Ue nel 2013 ha suggerito una severa politica retributiva per i dirigenti che non siano stati in grado di evitare il ricorso ad aiuti di Stato. In teoria lo stipendio dell’amministratore delegato non dovrebbe superare di 15 volte il salario medio nazionale o di 10 volte il salario medio della banca. Inoltre eventuali indennità di licenziamento non dovrebbero mai andare oltre quanto previsto contrattualmente. Se venissero applicate a Morelli, a spanne, il manager dovrebbe intascare uno stipendio di circa mezzo milione di euro, conservando il diritto alle 24 mensilità di indennizzo in caso di licenziamento senza giusta causa. Al momento non è tecnicamente chiaro sotto quale procedura ricada l’intervento dello Stato a favore di Mps e di conseguenza quali norme possano essere applicate. Tuttavia le indicazioni della Commissione sembrano essere abbastanza ampie da riguardare in ogni caso la situazione della banca senese. Inoltre, in sede di trattativa con Bruxelles e Francoforte è, verosimile che il ministero dell’Economia non voglia forzare gli orientamenti europei in materia di retribuzioni dei manager. Sulla composizione delle retribuzioni e in particolare l’erogazione di bonus ha voce anche la vigilanza Bce, almeno per quanto riguarda le 120 banche più grandi d’Europa. In passato Francoforte ha auspicato una sorta di moderazione salariale per le banche uscite malconce dagli stress test. La soglia dei 500mila euro l’anno sembra peraltro essere diventata una sorta di benchmark internazionale per i dirigenti di banche salvate.
Negli Usa una figura ad hoc per decidere su bonus e compensi variabili – Il Tarp statunitense, programma da 700 miliardi di dollari varato a fine 2008 per salvare il sistema bancario a stelle e strisce, contiene ad esempio esplicite disposizioni sui compensi delle banche che usufruiscono del sostegno pubblico nell’ottica di minimizzare le potenziali perdite a carico dei contribuenti. Viene istituita la figura dello “Special Master” che dopo un’attenta analisi della situazione della banca ha il compito di ridefinire le buste paga dei manager sia in termini di struttura che di ammontare dei compensi. In particolare il Tarp suggerisce che la parte “cash” degli stipendi non superi mai i 500mila dollari. Devono essere privilegiate, spiega il testo, forme di retribuzione legate al raggiungimento degli obiettivi. Lo Special Master valuta qualsiasi forma di bonus, premio o altra forma di compenso e che possono essere rivisti se in contrasto con il pubblico interesse.
In Irlanda tetto di 500mila euro per i manager di banche salvate dallo Stato – Simile l’approccio dell’Irlanda che tra il 2008 e il 2009 ha dovuto accollare sulle spalle dei contribuenti un’operazione da 64 miliardi di euro per salvare il sistema bancario nazionale. Le banche sono state affidate alla National asset management agency. Nell’atto istitutivo dell’agenzia e in altri testi di legge come il Credit institutions stabilisation act si attribuiscono all’azionista pubblico ampi poteri su nomina o rimozione dei vertici in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Viene inoltre prevista esplicitamente la possibilità per il ministero del Tesoro irlandese di mettere mano alle retribuzioni e in particolari di bonus in teoria previsti ma che mai si sarebbero potuti erogare se nel frattempo lo Stato non fosse intervenuto a salvare la banca. È stato inoltre fissato un tetto di 500mila euro per le retribuzioni annue dei manager di banche salvate dallo Stato.
Paletti anche in Germania. Ma solo fino a quando gli istituti restituiscono i soldi pubblici – Un tetto da 500mila euro e la rinuncia a qualsiasi bonus erano stati previsti nel 2008 anche dalla Germania come una delle condizioni per accedere agli aiuti di Stato. Un limite che è stato applicato oltre che a numerose Landesbank (simili alle nostre banche popolari) anche al colosso Commerzbank, seconda banca del Paese salvata dal crac con ripetute iniezioni di denaro pubblico e l’ingresso dello Stato nell’azionariato con il 25%. Appena la banca ha iniziato a restituire parte dei prestiti pubblici, nel 2013, il cda dell’istituto ha deciso la rimozione del limite alle retribuzioni del management. Una decisione che naturalmente suscitò polemiche e che i vertici della banca difesero con la necessità di far guidare l’istituto da “persone competenti” che altrimenti avrebbero scelto altre aziende.
Dopo il salvataggio di Bankia la Spagna ha preteso la restituzione dei premi – Un altro Paese che è intervenuto sistematicamente a sostegno delle banche è la Spagna che si è fatta carico della gestione dei crediti deteriorati degli istituti. Nel caso di Bankia si è arrivati ad una vera e propria nazionalizzazione nel 2012 dopo che la banca aveva accumulato una perdita di oltre 7 miliardi di euro solo nell’esercizio precedente. Complessivamente l’intervento dello Stato a favore della sola Bankia ha avuto un valore di oltre 20 miliardi di euro. Poco prima del fallimento la banca aveva erogato bonus ai suoi dirigenti. Dopo il salvataggio la banca centrale spagnola ha però preteso la restituzione dei premi e il governo di Madrid ha posto un tetto ai salari dei management delle banche salvate: 600mila euro l’anno lo stipendio massimo per le banche che hanno preso in prestito i soldi dallo Stato e 300mila euro per quelle nazionalizzate.
In Gran Bretagna liberi tutti: 4 milioni al manager della sofferente Rbs salvata dal Tesoro – Tra il 2008 e il 2009 la Gran Bretagna ha parzialmente nazionalizzato Royal Bank of Scotland, Northern Rock e Lloyds. Quanto agli stipendi dei manager i cordoni della borsa sono però rimasti larghi. Royal Bank of Scotland è ancora controllata al 73% dal Tesoro britannico ma l’attuale numero uno Ross Mc Ewan è finito ripetutamente al centro di polemiche per le buste paga milionarie. In particolare nel 2015 il manager incassò quasi 4 milioni di sterline, a fronte di una perdita della banca di 2 miliardi di sterline. Inoltre oltre 121 dirigenti hanno ricevuto stipendi vicini o superiori al milione di sterline. Il suo predecessore, rimosso nel 2013 dopo una perdita per la banca di oltre 8 miliardi di sterline aveva incassato oltre 2 milioni di sterline. Consola poco che si sia trattato della parte fissa della retribuzione e che nulla sia arrivato sotto forma di bonus, eliminati proprio per placare l’indignazione dell’opinione pubblica.