Per molti di noi, il greco antico è stato un nemico comune, uno spauracchio. Ci hanno detto che tutto ciò che di bello e insuperabile è stato detto o fatto a mondo, è opera degli antichi greci. Ma oggi quella lingua non la parla più nessuno. Muore sui banchi di scuola, condannata dai neologismi inglesi tanto in voga. Un’eredità culturale che sopravvive soltanto nei programmi scolastici, fra interrogazioni, compiti in classe e vocabolari stretti sottobraccio la mattina con gli occhi ancora assonnati e tanta voglia di bigiare e restare sotto le coperte.
E se gran parte della scuola italiana riesce a farci detestare il greco (“il liceo classico così com’è strutturato sembra non avere altro scopo che mantenere i Greci inaccessibili”) Andrea Marcolongo ci invita a ripartire da qui, con un libro di “passione e sfida”. Questo è La lingua geniale. 9 ragioni per amare il greco (Edizioni Laterza). L’autrice ha una storia da raccontare. Classe ’87, laureata all’Università di Milano, è stata la ghost writer di Matteo Renzi, l’ideatrice del discorso sulla “generazione Telemaco” con cui ha aperto il semestre europeo. Chiamata alla Leopolda, doveva essere un simbolo del legame fra l’ex premier e le nuove generazioni ma la collaborazione si è interrotta in malo modo, fra delusioni e promesse infrante.
Marcolongo, però, si è rimboccata le maniche e si è tuffata in questo progetto-libro che ha già raggiunto le 12 ristampe, vendendo più di 58mila copie, incontrando centinaia di scolaresche lungo lo stivale, da Aosta a Siracusa. Il suo segreto, se così si può dire, è quello di usare un tono intimo, capace di veleggiare alto sulle nozioni, senza mai appesantire la lettura. Il miglior modo per trasmettere il sapere, insomma. Ma La lingua geniale è soprattutto un libro che sovverte tutti i luoghi comuni. Siete sicuri che gli studi classici non servano a nulla? Del resto se oggigiorno si invitano i ragazzi a studiare arabo e cinese – e in alcune scuole materne elitarie si è deciso persino di far “studiare” l’inglese agli infanti… – che senso ha questa crociata per le lingue morte?
Ogni lingua presuppone un modo di vedere la realtà e il greco antico è una lingua senza tempo, “perché passato e futuro sono creati dallo scorrere del tempo”. Loro, i greci, erano liberi e si chiedevano come. Noi ci interroghiamo solo sul quando e siamo perennemente in ansia da prestazione, non solo sul lavoro. Le cose, prosegue Marcolongo, hanno tutte un inizio e una fine. Tutte le cose, anche il dolore, dunque. I libri sull’auto-aiuto sono di gran moda e in libreria ci sono centinaia di libri che affermano di poter cambiare la nostra vita, passando dal pensiero positivo sino all’arte del riordino. Ma se la vera rivoluzione fosse quella di imparare una lingua morta? Un paradosso, una provocazione? Forse. Siamo tutti connessi, i gradi di separazione sono praticamente scomparsi passando da WhatsApp a LinkedIn e finiamo per essere più soli, attorniati anche sui social da chi la pensa esattamente come noi, eliminando ogni tipo di confronto, di alterità.
Passare attraverso il greco per riscoprire noi stessi sarebbe un azzardo? “Torniamo al greco quando siamo stanchi della nostra vaghezza, della confusione e della nostra epoca”. Lo disse Virginia Woolf. Tante vale provare, no?