Eppure l’inizio era promettente: schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, una delle otto deleghe approvate nell’ambito della Buona scuola.
Proviamo ad essere chiari, se si ritiene necessario promuovere l’inclusione il legislatore dovrebbe innanzitutto richiamare alla mente le indicazioni della recente sentenza 275/16 della Corte costituzionale – “E’ la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione” – o la 80/2010 che enuncia “il rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per i disabili”.
Questo dovrebbe, il condizionale è d’obbligo visti i risultati, rappresentare il recinto naturale di una serie di norme che solo partendo da tali presupposti potranno incidere realmente nella qualità del tempo scuola degli alunni disabili.
E’ accaduto? Purtroppo no.
Infatti nei 21 articoli dello schema di decreto si ripetono ossessivamente i richiami a non determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza; nell’articolo 3 che si chiarisce spirito e corpo della legge con il rimando al d.l. 98 del 2011 per quanto concerne dotazione finanziaria ed organici (in sostanza l’essenza della scuola dell’inclusione). Ancorandosi a quelle disposizioni il governo sceglie di non cambiare nulla o poco più del nulla.
In realtà qualcosa cambia, in peggio, come nell’affermazione di principio contenuta nell’articolo che vede la necessità di formare le classi del primo anno della scuola materna e della primaria con al massimo 22 alunni dove c’è un bambino disabile. Lo sconcerto è grande: perché 22 e non 20 come da sempre postulato dai padri della scuola dell’inclusione e perché solo al primo anno? Con tutta evidenza ci troviamo al cospetto di un goffo tentativo di rimediare alla presenza delle classi pollaio, non lasciando agli istituti la possibilità di sdoppiarle quando ci sono molti alunni.
Anche la successiva definizione delle competenze degli enti locali riguardanti trasporto e assistenza educativa, nei limiti delle risorse disponibili, appare a qualsiasi amministratore un ulteriore scarico di responsabilità dello Stato centrale sulle periferie.
Preoccupa non poco l’aspetto che riguarda la definizione delle ore di sostegno per le classi che accolgono gli alunni disabili. In questo caso la sterzata contenuta nell’articolo 8 è brusca in quanto la determinazione delle stesse viene trasferita ad un organo territoriale (Git) sottraendo alle singole scuole la responsabilità della scelta. Sono sicuramente un malpensante ma a me sembra un modo sotterraneo per ridurre ulteriormente le risorse.
Sono altrettanto certo che questo organo neocostituito, lungi dal rappresentare uno strumento di prossimità per le famiglie, provvederà con le sue “razionalizzazioni” ad incrementare il numero ormai scandaloso di ricorsi al Tar.
Gli ultimi due aspetti, la formazione professionale richiesta che dal 2020 potrebbe determinare un incremento del 2% di insegnanti più preparati e la continuità didattica che fatica ad affermarsi anche nel testo in esame, completano un giudizio assolutamente negativo sull’impianto complessivo della legge.
La scuola dell’inclusione dei disabili che esce fuori da questo decreto viene indebolita, con buona pace dei riformisti della politica e delle associazioni. Poveri figli disabili!
Toni Nocchetti
Presidente 'Tutti a scuola onlus', medico
Diritti - 20 Gennaio 2017
Buona scuola, l’inclusione dei disabili non c’è. Il governo è preoccupato solo di non spendere
Eppure l’inizio era promettente: schema di decreto legislativo recante norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, una delle otto deleghe approvate nell’ambito della Buona scuola.
Proviamo ad essere chiari, se si ritiene necessario promuovere l’inclusione il legislatore dovrebbe innanzitutto richiamare alla mente le indicazioni della recente sentenza 275/16 della Corte costituzionale – “E’ la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione” – o la 80/2010 che enuncia “il rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per i disabili”.
Questo dovrebbe, il condizionale è d’obbligo visti i risultati, rappresentare il recinto naturale di una serie di norme che solo partendo da tali presupposti potranno incidere realmente nella qualità del tempo scuola degli alunni disabili.
E’ accaduto? Purtroppo no.
Infatti nei 21 articoli dello schema di decreto si ripetono ossessivamente i richiami a non determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza; nell’articolo 3 che si chiarisce spirito e corpo della legge con il rimando al d.l. 98 del 2011 per quanto concerne dotazione finanziaria ed organici (in sostanza l’essenza della scuola dell’inclusione). Ancorandosi a quelle disposizioni il governo sceglie di non cambiare nulla o poco più del nulla.
In realtà qualcosa cambia, in peggio, come nell’affermazione di principio contenuta nell’articolo che vede la necessità di formare le classi del primo anno della scuola materna e della primaria con al massimo 22 alunni dove c’è un bambino disabile. Lo sconcerto è grande: perché 22 e non 20 come da sempre postulato dai padri della scuola dell’inclusione e perché solo al primo anno? Con tutta evidenza ci troviamo al cospetto di un goffo tentativo di rimediare alla presenza delle classi pollaio, non lasciando agli istituti la possibilità di sdoppiarle quando ci sono molti alunni.
Anche la successiva definizione delle competenze degli enti locali riguardanti trasporto e assistenza educativa, nei limiti delle risorse disponibili, appare a qualsiasi amministratore un ulteriore scarico di responsabilità dello Stato centrale sulle periferie.
Preoccupa non poco l’aspetto che riguarda la definizione delle ore di sostegno per le classi che accolgono gli alunni disabili. In questo caso la sterzata contenuta nell’articolo 8 è brusca in quanto la determinazione delle stesse viene trasferita ad un organo territoriale (Git) sottraendo alle singole scuole la responsabilità della scelta. Sono sicuramente un malpensante ma a me sembra un modo sotterraneo per ridurre ulteriormente le risorse.
Sono altrettanto certo che questo organo neocostituito, lungi dal rappresentare uno strumento di prossimità per le famiglie, provvederà con le sue “razionalizzazioni” ad incrementare il numero ormai scandaloso di ricorsi al Tar.
Gli ultimi due aspetti, la formazione professionale richiesta che dal 2020 potrebbe determinare un incremento del 2% di insegnanti più preparati e la continuità didattica che fatica ad affermarsi anche nel testo in esame, completano un giudizio assolutamente negativo sull’impianto complessivo della legge.
La scuola dell’inclusione dei disabili che esce fuori da questo decreto viene indebolita, con buona pace dei riformisti della politica e delle associazioni. Poveri figli disabili!
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"Quel progetto coraggioso degli Stati Uniti d'Europa, la cui ambizione ha consentito di avere oltre 70 finora di pace nel nostro Continente e di garantire diritti fondamentali. Meloni dovrebbe vergognarsi di una vera e propria apologia di fascismo che offende gravemente la nostra storia, la nostra memoria, il fondamento della nostra Costituzione democratica. Un'inaccettabile arma di distrazione di massa per distogliere l'attenzione dalla totale ambiguità della risoluzione di maggioranza sulla difesa europea che non dà nessun mandato chiaro alla Premier in vista del prossimo Consiglio Ue”.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Meloni come Trump. Ha deciso di prendere a pugni i fondamentali della Repubblica e dell’Europa. Attorno ai fondamentali è ora di organizzare una risposta politica, democratica e civile". Lo scrive sui sociale Pierluigi Bersani.
Milano, 19 mar. (Adnkronos)(Adnkronos) - "Suzuki sta attraversando un periodo particolarmente positivo grazie all'andamento in crescita su tutte le aree globalmente coperte dal marchio''. Lo dice Massimo Nalli, Presidente di Suzuki Italia.
L'unica eccezione forse è proprio l'Europa, dove l'instabilità dei regolamenti sta delineando qualche incertezza. In realtà la crescita a livello mondiale è quasi del 4%, e nei primi nove mesi dell'esercizio fiscale - che noi, essendo giapponesi, iniziamo dal primo aprile e lo terminiamo il 31 marzo successivo - abbiamo già raggiunto 2 milioni e 600mila unità vendute, numero che ci colloca nella top 10 dei costruttori mondiali di auto".
"Suzuki ha un feeling con l’Italia - prosegue Nalli - Dal 2013, quando è cominciato il ciclo di rinnovamento di tutta la gamma, Suzuki è sempre cresciuta, sia di volumi che di quota di mercato. Non ha fatto eccezione il 2024, con un incremento che ci ha portati al 2,4% di quota di mercato. Nei primi due mesi del 2025, come dicevo, l'instabilità dei regolamenti europei ha influenzato anche le politiche del quartier generale, che è molto orientato e molto forte su mercati asiatici come il Giappone e soprattutto l'India. Ma siamo ottimisti per il prossimo futuro, sapendo che l'Europa in questo momento sta mettendo mano ai regolamenti”.
“Suzuki non ha una strategia segreta, ma quella che ha sempre dichiarato fin dall'inizio, ovvero cercare di dare al cliente quello che si aspetta, quello che serve per la mobilità – commenta Nalli in merito ai nuovi modelli, anche alla luce della flessione sul mercato italiano – Parliamo quindi di una gamma interamente ibrida: fin dal 2020 Suzuki è l'unico marchio tutto e solo ibrido; e poi, anche per rispettare le normative - perché Suzuki discute le norme ma poi le deve rispettare - il lancio di una vettura elettrica, che si chiama eVitara ed è la Vitara che ci si aspetta dalla Suzuki, ossia un fuoristrada duro e puro in versione elettrica”.
Sulle strategie future, Nalli aggiunge "Suzuki Motor Corporation ha intrapreso una strada multipath, cioè che segue diversi percorsi. L'ibrido sarà la nostra principale soluzione per la mobilità del futuro, unita all'elettrico: questo perché l'Europa ce lo chiede, il pianeta ce lo chiede e di conseguenza seguiamo volentieri le norme in tal senso. Non trascuriamo poi altre soluzioni come quelle dei biocarburanti o dei carburanti sintetici. In particolare Suzuki è molto attiva sul biometano, addirittura ne è produttore per il mercato indiano" conclude il Presidente di Suzuki Italia Massimo Nalli.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Pur di coprire le divisioni della destra, le bordate di Salvini, la patriota Meloni è disposta a irridere i padri della Patria e dell’Europa. Se guida il Governo di una Repubblica democratica è grazie a loro, che dal confino fascista di Ventotene concepivano un sogno di libertà". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri nella segreteria nazionale del Pd.