Il vescovo si inginocchia e chiede perdono. Per i peccati della Chiesa padovana consumati nella parrocchia di San Lazzaro, per l’incapacità di capire cosa stava accadendo, per il pubblico scandalo che due sacerdoti, per loro stessa ammissione, hanno dato. Nel giorno in cui monsignor Claudio Cipolla, dall’Equador dove si trova in visita pastorale alle missioni, ha reso pubblica una lettera in cui dichiara apertamente “Mi vergogno”, escono nuovi dettagli sul caso di don Andrea Contin e di altri sacerdoti che avrebbero fatto sesso in canonica. Ammissioni ai carabinieri e perfino sospetti di ammanchi nella gestione di un ente per l’assistenza di anziani, di cui l’ex parroco era presidente. Cifre importanti, che sfiorano i tre milioni di euro e che potrebbero spiegare la disponibilità economica del sacerdote.

Monsignor Cipolla ha scritto: “Mentre i nostri giornali si gloriano di aver bucato lo schermo a livello internazionale, io mi vergogno non solo come uomo di Chiesa perché abbiamo guadagnato solamente la commiserazione di molti, l’ironia e la beffa di molti altri. Non tutti stanno capendo che è una ferita dolorosa per la nostra Chiesa e per la nostra società padovana”. E annuncia la linea dura: “Questi fatti gettano un’ombra tenebrosa soprattutto sulla nostra Chiesa: forse è per questo che mi vergogno e vorrei chiedere io stesso perdono per quelli che, nostri amici, hanno attentato alla credibilità del nostro predicare. In questo campo anche se penalmente non ci fosse rilevanza, canonicamente, cioè secondo le regole che come Chiesa ci siamo dati, siamo in dovere di prendere provvedimenti disciplinari perché non possiamo accettare fraintendimenti”.

Mentre il vescovo rendeva pubbliche queste riflessioni, trapelavano i contenuti dell’interrogatorio che don Contin ha rilasciato ai carabinieri pochi giorni prima di Natale quando in canonica fu scoperto un armamentario di gadget del piacere. Il sacerdote ha subito ammesso le relazioni. “In riferimento alla perquisizione che mi è stata fatta dichiaro di avere conosciuto in parrocchia cinque donne, con le quali, dopo una lunga conoscenza, ho avuto una relazione sentimentale sfociata in rapporti sessuali”. Come riferiscono i giornali locali, don Andrea non è stato reticente sulle circostanze. “I rapporti si consumavano solitamente in canonica anche con la partecipazione di altri uomini, anche di colore. Quest’ultima circostanza si è verificata sempre e solo con una donna…”. Si tratta della quarantanovenne che lo ha denunciato all’inizio di dicembre. Don Contin ha ammesso anche le riprese delle performance. “A volte filmavo questi incontri sessuali, ma mai all’insaputa delle donna. Sono immagini che non ho mai venduto o fatto vedere a terze persone. Non ho mai restituito i video alla donna nonostante lei me li avesse chiesti più volte perché avevo paura”. Forse temeva ricatti o una loro divulgazione. Ha anche parlato dei viaggi e delle cene in locali galanti assieme ad altre parrocchiane, ma ha categoricamente negato comportamenti violenti e ha escluso di aver percepito denaro in cambio dei rapporti con una delle donne che aveva procurato ad altri uomini. Insomma, ha allontanato il sospetto dell’induzione alla prostituzione, che è l’ipotesi su cui si basa l’inchiesta condotta dal pm Roberto Piccione.

Ha detto tutto? Sul numero delle donne ha giocato al ribasso, visto che i carabinieri ne hanno identificate e interrogate almeno diciotto. Anche il parroco di Carbonara di Rovolon, don Roberto Cavazzana, sentito per sei ore in Procura come persona informata dei fatti, avrebbe ammesso le relazioni. Nel suo caso le donne sarebbero una quindicina. Ma se non c’è passaggio di denaro, non c’è alcun reato penale. Sembra essere questa la linea difensiva di don Contin, mentre don Calzavara non è nemmeno indagato.

Qualche guaio si profila, invece, sulla provenienza del denaro di cui don Contin disponeva. I carabinieri di Padova, aiutati dalla Guardia di Finanza, stanno spulciando i conti e i bilanci di Casetta Michelino, il centro diurno per anziani di Pontevigodarzere di cui il sacerdote è stato fondatore, diventandone presidente. La struttura beneficiava di finanziamenti regionali e comunali, e questo impone una ricostruzione contabile completa, non esclusa l’analisi dei fidi bancari di cui Casetta Michelino fruiva. Il buco nella gestione potrebbe sfiorare – secondo Il Gazzettino – i tre milioni di euro.

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