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Trump e petrolio, il nuovo capo dell’Interno punta a togliere il tetto alle trivellazioni in Alaska

Il divieto posto da Obama è permanente e difficile da eliminare, ma non spaventa la nuova presidenza che cerca di tenere fede al suo cavallo di battaglia: l’indipendenza energetica del Paese e il completo sfruttamento delle risorse americane, con la promessa alle compagnie petrolifere di mettere a disposizione nuove aree da sfruttare

Nuovo schiaffo all’ambiente da parte di Donald Trump, che scende ancora in campo a fianco delle compagnie petrolifere. Dopo le nomine di personaggi a dir poco “clima-scettici” e “pro-major” (come l’ex ad di ExxonMobil Rex Tillerson a segretario di Stato, Scott Pruitt a capo dell’Epa e l’ex governatore texano Rick Perry alla giuda del dipartimento all’Energia), potrebbe arrivare ben presto un nuovo colpo antiecologista. Il deputato Ryan Zinke, nominato dal tycoon newyorkese a capo del dipartimento dell’interno, ha infatti annunciato di volere rivedere la decisione di Barack Obama di limitare le trivellazioni per la ricerca di gas e petrolio nell’Artico. Un divieto permanente e difficile da eliminare, ma che, a quanto pare, non spaventa Trump che cerca di tenere fede al suo cavallo di battaglia: l’indipendenza energetica del Paese e il completo sfruttamento delle risorse americane, con la promessa alle compagnie petrolifere di mettere a disposizione nuove aree da sfruttare. Tradotto: un nuovo mix energetico, fatto di petrolio, gas, fracking e carbone senza limiti, mettendo nella tomba ogni tentativo di contrastare i cambiamenti climatici e probabilmente anche le fonti rinnovabili. “Il presidente ha detto che vuole essere indipendente sul piano energetico. Posso garantire che è meglio produrre energia in casa in base a norme ragionevoli piuttosto che all’estero senza alcuna regola”, ha spiegato Zinkie.

Lo stop alle trivelle nell’Artico è stata una delle ultime mosse di Obama, che ha sempre improntato le sue politiche con una svolta green, risultando fondamentale per concludere una serie di accordi storici, come quello con la Cina sulle emissioni e quello di Parigi sul clima. Così, come ultimo atto, ha messo a punto, insieme al primo ministro canadese Justin Trudeau, una risoluzione che sancisce il divieto permanente di attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi sul 98% delle acque federali dell’Artico per circa 465mila chilometri quadrati. Il provvedimento riguarda diverse società petrolifere da anni impegnate nella ricerca di idrocarburi nei mari dell’Alaska. Tuttavia non è retroattiva e non coinvolge tutte le concessioni già rilasciate, tra cui quelle alla Shell che è tra le più attive nell’area e che in joint venture con Eni e Repsol è impegnata nella ricerca di idrocarburi nel mare di Beaufort.

La decisione di Obama è stata accolta con grande entusiasmo dagli ambientalisti, che considerano l’Artico un ecosistema ricchissimo di diversità biologica e fondamentale per la regolazione del clima del pianeta. Come sottolinea Greenpeace, nella zona vivono infatti oltre ventimila specie animali e i ghiacci, riflettendo i raggi solari, mitigano gli effetti del riscaldamento globale. La soddisfazione degli ambientalisti è stata poi particolarmente grande, perché tornare indietro e sbloccare di nuovo le trivelle, è molto difficile. Obama si è infatti servito di una legge del 1953, la Outer Continental Shelf Lands Act, che non indica se e come un nuovo presidente possa modificare questa decisione. Inoltre non esistono precedenti a cui fare riferimento.

Alcuni esperti dicono che ora una via che Trump potrebbe percorrere è quella di chiedere l’intervento della Corte Federale o, addirittura, della Corte Suprema. Così fecero Bill Clinton e George W. Bush per sospendere alcune concessioni, anche se in quel caso la matassa era meno imbrigliata e si trattava solo di interruzioni temporanee. Vedremo quindi le intenzioni di Trump quando scoprirà tutte le carte.

Ma lo sblocco delle trivelle non è l’unico obiettivo del governo Trump che preoccupa gli ambientalisti. C’è un’altra spada di Damocle che pesa sulla lotta ai cambiamenti climatici e fa capire come il mix energetico a stelle e strisce potrebbe cambiare radicalmente: il carbone. “Cancellerò le restrizioni killer per il lavoro sulla produzione di energia americana, compresa l’energia dallo shale e il carbone pulito, creando milioni di posti di lavoro ben pagati”, ha detto Trump sin dal suo esordio. E, proprio in questi giorni, Zinke Ryan ha ribadito bene il concetto: “Il carbone pulito è una grande parte del mix energetico americano, il Paese dovrebbe guidare il mondo in questo settore”.