Disco verde alla riforma che rafforza i poteri del premier. Su 550 deputati in 339 votano "sì", non abbastanza per evitare la consultazione popolare che dovrebbe svolgersi tra marzo e aprile
Il Parlamento turco ha dato disco verde, in seconda e ultima lettura, alla riforma della Costituzione in senso presidenziale voluta da Recep Tayyip Erdogan. Stamane, infatti, sono terminate le operazioni di voto dei 18 articoli. Si sono espressi a favore 339 deputati su 550 deputati: sulla carta l’Akp di Erdogan contava su 316 seggi più i 39 del partito nazionalista Mhp, che appoggia la riforma. Non si è raggiunta dunque quota 367 voti, necessaria per non ricorrere al referendum, il cui svolgimento è previsto tra la metà di marzo e l’inizio di aprile. “Il popolo avrà la parola finale – ha dichiarato il primo ministro Binali Yildirim davanti ai deputati – Noi abbiamo fatto il nostro lavoro”.
Il leader dell’Mhp, Devlet Bahceli, citato dall’agenzia Anadolu, ha sottolineato che “la Nazione turca farà ora le sue valutazioni”, mentre Kemail Kilicdaroglu, il segretario del principale partito di opposizione, il repubblicano Chp, ha invitato gli elettori a “rovinare” i piani dei sostenitori della riforma. “L’errore che è stato fatto in Parlamento può essere cancellato dal popolo”, ha aggiunto. Il tema della riforma costituzionale aveva provocato proteste fin dalle prime dichiarazioni d’intenti, soprattutto da parte della Turchia laica che è più volte scesa in piazza per il timore di una islamizzazione del testo pronunciate dal presidente del Parlamento di Ankara, membro del partito conservatore di ispirazione spirituale fondato dal Capo dello Stato Erdogan.
Ancora più forti i timori di un eccessivo rafforzamento dei poteri in mano a Erdogan a scapito del Parlamento e senza sufficienti contrappesi. Dal 1923 la Turchia è infatti una repubblica parlamentare. La riforma approvata invece la commuta in presidenziale sul modello Usa, rendendo la figura del Presidente della Repubblica centrale, sommando di fatto i poteri del capo di uno Stato a quelli di capo dell’esecutivo. Una strada rivendicata come necessaria da Erdogan per garantire una leadership forte al Paese, soprattutto dopo gli scontri dello scorso 15 luglio in seguito al tentato colpo di stato. Ora tocca alla popolazione turca e all’opinione pubblica scegliere se sposare la linea del governo o quella di chi teme un’ulteriore restrizione degli spazi democratici.