La crociata anti-gender fa discutere ancora e investe la Liguria. Già a novembre scorso il consiglio regionale aveva approvato una mozione per l’istituzione di uno sportello di ascolto “pro famiglia” per la difesa della “libertà educativa” e per “arginare quei fenomeni di indottrinamento ideologico, noti come ‘ideologia gender'”. Le associazioni Lgbt e non, riunite nel Coordinamento Liguria Rainbow, hanno quindi reagito lanciando una petizione on line che nel giro di pochi giorni ha raccolto più di dodicimila firme.
“Abbiamo deciso di opporci a uno sportello che nasce da una esperienza già fallimentare, come quella della regione Lombardia” dichiara Simone Castagno, del coordinamento ligure. “Accostare problemi gravi quali bullismo, violenza di genere, dipendenze, a teorie antiscientifiche è una manipolazione per nascondere omofobia e discriminazione“. Il servizio in questione, infatti, si propone non solo di raccogliere segnalazioni contro i presunti docenti “pro-gender”, ma anche di fornire altri servizi già esistenti. “Scuola, consultori, centri antiviolenza e Sert hanno mezzi e buone pratiche per affrontare questi problemi; togliere risorse per creare un ulteriore sportello rappresenta uno spreco di fondi pubblici” afferma Castagno, che auspica invece che le risorse siano destinate alle realtà “già esistenti e competenti sul territorio, in modo da aiutare davvero e concretamente le famiglie”.
La protesta contro l’iniziativa è stata accolta dalla società civile, come nel caso di Lisa Dell’Utri, insegnante alla Don Milani dove è responsabile di un percorso contro bullismo omofobico, pregiudizi sulla diversità e stereotipi di genere. “La scuola è luogo dell’inclusione, in cui tutti devono poter esprimere la loro personalità. Ciò vale per i migranti, le persone di altre religioni e anche per gli allievi omosessuali”. La differenza tra queste categorie, secondo la docente, sta nel fatto che nel primo caso i ragazzi che appartengono a una comunità di minoranza ritornando a casa vengono protetti e accolti da quella stessa. Per gli studenti Lgbt non è la stessa cosa, perché possono non avere un adeguato supporto in famiglia e “per questo motivo hanno bisogno di nominarsi a scuola come tali”.
E sulle accuse di indrottinamento? “Noi facciamo un lavoro di inclusione. Lo sportello anti- gender invece si occupa di segnalare quegli insegnanti che perseguono una fantomatica ideologia. Un’assurdità, il ‘gender’ non esiste. Includere le differenze non corrisponde, come qualcuno teme, alla ‘promozione dell’omosessualità‘. Il ruolo di un insegnante è quello di conoscere le differenze e insegnare a riconoscerle. Per capire che sono una ricchezza. A questo puntiamo: a comprendere la ricchezza della differenza. Perché attraverso le diversità degli altri riusciamo a cogliere anche le nostre. Certo, qualcuno può pensarla diversamente, ma la scuola ha un altro ruolo”.
Bocciatura senza appello pure dal mondo accademico. Isabel Fanlo Cortés – sociologa del diritto all’ateneo di Genova, presidente del Centro Pari Opportunità dell’università e una delle voci di About Gender, rivista scientifica sugli Studi di genere – dichiara che “i toni della mozione sono preoccupanti, sia sul fronte della libertà di insegnamento, sia sul fronte della discriminazione”.
La scuola, infatti, sta già sensibilizzando sul contrasto al bullismo, ad esempio, e “il clima generato da queste iniziative mette questo lavoro in seria difficoltà, anche perché legittima interferenze che possono essere pericolose e renderà più arduo affrontare questi argomenti”. La sociologa ci ricorda che la “realtà sociale ci restituisce un quadro più composito, ci sono più modelli di famiglia” rispetto all’unico tipo caro ai movimenti anti-gender. Per altro, il concetto stesso “di ‘ideologia gender’ è oggetto di difficile definizione: cosa intendiamo con essa? A me pare che ci si serva di questa dicitura per screditare il più ampio campo degli Studi di genere”.
Intanto il Coordinamento non resta inerte: è stata confermata un’importante iniziativa per il 4 febbraio alla Don Milani, in cui si terrà un incontro per una scuola libera dai pregiudizi, uno spazio di riflessione e confronto legato all’educazione all’affettività, alla lotta contro discriminazioni e violenza di genere in un’ottica costruttiva. “Vogliamo cogliere l’opportunità, partendo da questo evento, per rilanciare certi temi”, puntualizza Fanlo Cortés. Perché una cosa è agitare fantasmi, un’altra è intervenire sui problemi reali che possono rendere difficile la vita di bambini e adolescenti. A Genova, in altre parole, si prova a fare del bene. E a qualcuno, evidentemente, tutto questo non piace.