Un ballottaggio tra il socialismo del cuore e quello della ragione: in testa il “Bernie Sanders della Francia” Benoît Hamon, solo secondo l’ex premier Manuel Valls. Il primo turno delle primarie del Ps in Francia è lo specchio di una crisi di identità a sinistra che da tempo attraversa l’Europa. L’ex ministro dell’Educazione, quello che propone il reddito universale di base per tutti e l’abrogazione del Jobs act all’italiana, ha ottenuto il 36,21 per cento delle preferenze contro il 31,19% dell’ex rappresentante dell’esecutivo. Terzo Arnaud Montebourg (17,62%) che pochi minuti dopo l’annuncio dei risultati ha invitato i suoi a votare per Hamon. Domenica 29 gennaio i due si sfideranno al ballottaggio.
L’esito lascia sorpresi, ma non troppo. I sondaggi degli ultimi giorni avevano mostrato un disagio sempre maggiore della base, tanto da far temere la caduta dell’affluenza. La partecipazione è diminuita rispetto al passato, ma si è evitata la figuraccia: alla fine hanno votato tra 1,7 e 1,9 milioni di persone. La Francia socialista che si è presentata alle urne però, ha rivelato una forte spaccatura tra chi chiede di virare a sinistra per rispondere al populismo delle destre e chi invece preferisce puntare al centro per cercare di avere una chance al momento del voto per le presidenziali di aprile 2017. “Dobbiamo essere realisti”, raccontavano i militanti di Valls ai seggi ripetendo quasi a memoria il discorso del loro leader. Una visione totalmente opposta a quella dei sostenitori di Hamon: “Serve più sinistra per rispondere all’estremista Marine Le Pen”.
L’ex primo ministro superato a sinistra – Il candidato Hamon in lacrime si batte le mano sul cuore, Valls fa un discorso da battaglia perché “niente è ancora scritto”. Quando lo scrutinio era quasi finito, i due avversari si sono presentati alle telecamere per commentare i risultati e lanciare l’ultima sfida. Il primo è il nome che ha rotto ogni previsione, arrivando tardi in una campagna elettorale noiosa e riuscendo a imporre i suoi temi: reddito di base universale finanziato con le tasse ai robot, più diritti per i migranti e riduzione dell’orario di lavoro. Poi legalizzazione della cannabis e riconoscimento della Palestina. Ma soprattutto si è schierato contro i discorsi autoritari in tema di sicurezza. Una scelta data per perdente secondo alcuni, ma che gli è stata ispirata direttamente dai consulenti del senatore democratico Usa Bernie Sanders (i due si sono incontrati a settembre scorso). “Avete lanciato un messaggio chiaro di speranza e di rinnovamento”, ha detto Hamon rivolto agli elettori. “Voglio scrivere una nuova pagina dalla sinistra e della Francia. Insieme abbiamo deciso di fare della questione sociale e della questione ecologica due elementi fondamentali di un nuovo progetto”. Il candidato è stato ministro dell’Educazione nel 2014 sotto la presidenza di François Hollande e si è dimesso in polemica con la gestione dell’esecutivo. Proprio questa sua presa di distanza lo ha accreditato davanti agli occhi dell’ala più di sinistra del partito. Dall’altro lato c’è Manuel Valls, ex ministro dell’Interno ed ex primo ministro. E’ considerato l’uomo forte, quello del compromesso per il governo, e si è guadagnato più volte l’accusa di autoritario e razzista. E’ lui a parlare di più controlli alle frontiere dell’Unione e a ritenere “irrealizzabili e senza possibilità di finanziamento” le proposte di Hamon. “Una nuova campagna comincia”, ha detto in serata. “Una scelta si presenta da oggi. Una scelta tra il cuore e la ragione. Mi rifiuto di lasciare da soli i francesi davanti alla destra estrema, agli Usa di Donald Trump, alla Russia di Vladimir Putin”. E ha concluso: “Io difenderò l’uguaglianza e in particolare quella tra uomo e donna, perché nessuna donna può essere esclusa dallo spazio pubblico. Voglio battermi contro le disuguaglianze”.
Affluenza cala, ma si evita il disastro – La giornata da Marsiglia a Lille passando per Parigi è stata all’insegna dell’ansia dei socialisti per i seggi mezzi vuoti. Qualcuno intorno all’ora di pranzo ha dato la colpa all’ondata di freddo glaciale, guadagnandosi non poche derisioni in rete. Alla fine però la macchina ha tenuto: sono andate al voto tra 1,7 e 1,9 milioni di persone. Nel 2011 quando i socialisti avevano scelto François Hollande, gli elettori erano stati 2,7 milioni. Non bisogna dimenticare inoltre che per le primarie della destra di dicembre scorso se ne sono presentate quasi il doppio, superando la cifra di 4 milioni.
I militanti spaccati: “Serve più sinistra”. “No è l’ora del realismo” – Il voto è stato un banco di prova difficile per un partito a brandelli. Nel XXesimo arrondissement di Parigi, un quartiere almeno sulla carta tra quelli più a sinistra della Capitale, i militanti si sono presentati alle urne con lo spirito di chi si “batte per resistere di fronte al fallimento”. Charlotte, 18 anni e al primo voto, all’uscita dal seggio ha raccontato: “Sono qui perché non posso accettare che vinca Valls. Non è lui l’immagine del mio partito, almeno non quella che ho in mente io. Per rispondere al populismo serve più sinistra”. Nicolas Saporiti, 50 anni e imprenditore, ha spiegato invece che vota Hamon per accelerare un processo di rinnovamento tra i socialisti che ritiene ormai necessario. “A destra il terreno mi sembra già abbastanza occupato, andare al centro non ha alcun senso. Abbiamo un candidato che finalmente ci fa riflettere sul nostro rapporto con il lavoro e non ha paura a chiedere un intervento per modificare il sistema istituzionale”.
Guy, 60 anni, ha un’idea totalmente opposta: “Serve una sinistra riformatrice e moderna. E Valls la incarna perfettamente. Non dimentichiamo che questo governo ha approvato il matrimonio gay e una legge sul lavoro che è innovativa e in linea con quello che chiede l’Europa. Non è stato tutto un fallimento”. Anche Emanuel, 45 anni, ha votato per l’ex primo ministro: “Ci sono stati errori di comunicazione. Io non sono d’accordo quando dicono che la presidenza Hollande è stata una perdita di tempo. Malgrado tutto io ci credo ancora”. Clement et Morgan, 27 e 28 anni, hanno fatto avanti e indietro dal seggio due e tre volte: “Non abbiamo ancora deciso cosa votare. E’ difficile scegliere davanti a questo panorama. Dobbiamo pensarci ancora un po’. E’ dura, ma ci sentivamo male a stare a casa: è il momento di schierarsi”. Per questa domenica è andata, ora viene il ballottaggio e ci sarà da scegliere ancora.