Un messaggio inviato undici ore prima della tragedia perché la "situazione" era già "diventata preoccupante" e i clienti "terrorizzati dalle scosse sismiche". La ricerca senza successo di una turbina per liberare le vie d'accesso. E poi l'allarme lanciato dopo la tragedia, bollata come "uno scherzo". Lette con il senno di poi lasciano senza parole le richieste d'aiuto arrivate dall'hotel di Farindola, travolto da una slavina nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio
Una email per chiedere “un intervento” delle autorità perché la “situazione” era “diventata preoccupante“. La ricerca senza successo di una turbina per liberare le vie d’accesso. E poi l’allarme lanciato dopo la tragedia, definita “una bufala” per un’ora e mezza, quando i 39 ospiti dell’albergo erano già sottoterra. Lette con il senno di poi lasciano senza parole le richieste d’aiuto arrivate dall’hotel Rigopiano di Farindola, travolto da una slavina nel pomeriggio di mercoledì 18 gennaio.
Già undici ore prima che la valanga di neve distruggesse la struttura, infatti, dall’albergo in provincia di Pescara era partita una dettagliata richiesta d’aiuto: i clienti erano “terrorizzati” dalle “scosse sismiche, le “strade bloccate“, i telefoni isolati. Per questo motivo occorreva “un intervento” da parte delle autorità. Una richiesta contenuta in una email inviata alle ore 7 del 18 gennaio al prefetto di Pescara, al presidente della provincia, alla polizia provinciale e al sindaco del comune abruzzese. A inviarla è Bruno Di Tommaso, amministratore unico dell’albergo che dopo poche ore sarà distrutto dalla slavina.
“Vi comunichiamo che a causa degli ultimi eventi la situazione è diventata preoccupante – scrive Di Tommaso – In contrada Rigopiano ci sono circa 2 metri di neve e nella nostra struttura al momento 12 camere occupate (oltre al personale). Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani, data in cui ci auguriamo che il fornitore possa effettuare la consegna. I telefoni invece sono fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse sismiche e hanno deciso di restare all’aperto. Abbiamo cercato di fare il possibile per tranquillizzarli ma, non potendo ripartire a causa delle strade bloccate, sono disposti a trascorrere la notte in macchina. Con le pale e il nostro mezzo siamo riusciti a pulire il viale d’accesso, dal cancello fino alla Ss42. Consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo. Certi della vostra comprensione, restiamo in attesa di un cenno di riscontro”.
Un riscontro che non arriverà. E dire che la provincia di Pescara era stata informata già alle ore 7 del 18 gennaio del fatto che per raggiungere l’hotel Rigopiano fosse necessaria una turbina. “A Rigopiano non si va”, viene riferito da un dirigente nella Sala Operativa. Gli spazzaneve erano al lavoro dalle 3 di notte e si erano dovuti fermare ad un bivio che porta all’hotel. È per questo motivo che i clienti dell’albergo – impauriti dalle scosse sismiche – non avevano potuto lasciare l’albergo. A quel punto scatta la ricerca della turbina per liberare le vie d’accesso all’hotel. Verso le 13 se ne trova una nell’aquilano verso Rieti, ma portarla nel pescarese ci sarebbero volute ore. Nel frattempo l’hotel viene travolto dalla slavina. In quel momento Giampiero Parete si trova all’esterno della struttura, ed è il primo a lanciare l’allarme: chiama l’amico Quintino Marcella, gli racconta cosa è successo all’albergo, che ospita sua moglie, i due figli e altre 36 persone.
Marcella, ristoratore molto noto nella zona, telefona subito al 113, che smista la sua chiamata la sala operativa della Protezione civile della prefettura di Pescara. “Mi ha chiamato un mio amico, è crollato l’hotel Rigopiano, ha moglie e figli lì sotto, ci sono altre persone”, dice il ristoratore. La risposta che riceve, però, è surreale: “Ancora questa storia? Abbiamo verificato, abbiamo sentito l’ albergo, la notizia è stata smentita, è una delle tante bufale di questi giorni”, dice un’operatrice nel dialogo pubblicato dal Messaggero. Marcella, però, insiste: prova a convincere la donna che la storia della slavina al Rigopiano è autentica, che il suo amico Giampiero non può aver mentito. “Mi dia il numero, lo chiamo io”, dice la donna.”Guardi che lassù non prende bene, cade la linea”, prova a spiegare Marcella. “Allora è uno scherzo” risponde l’ operatrice. “Uno scherzo del genere con il suo telefono?”, “Glielo avranno preso per fare uno scherzo”, conclude la donna.
I soccorsi non partono. Ci vorrà un’ora e 25 minuti prima che qualcuno faccia qualcosa. Marcella bombarda di telefonate i centralini di 112, 118, 115 e 113, fino a quando qualcuno non lo prende sul serio e richiama la Protezione civile. “Ci stiamo mettendo in moto“, rispondono. Mistero su cosa fosse successo nel frattempo, mentre Di Tommaso – l’uomo che ha inviato la prima mail d’aiuto – ha messo a verbale di essere stato contattato dalla sala operativa alle 17 e 40 e alla domanda su un possibile crollo dell’albergo, ha risposto: “Non mi risulta“. Resta da chiarire se in quel momento si trovasse o meno al Rigopiano. Il nastro della conversazione di Marcella con l’operatrice della Protezione civile, – registrato dal centralino del 113 – metterà invece gli investigatori della procura di Pescara sulle tracce della persona, che adesso rischia di essere la prima indagata nel fascicolo aperto sul crollo. Non sarà difficile identificare la donna, attraverso il registro delle 15 persone di turno al momento della chiamata di Marcella.