Il governo Renzi schivò la tegola dei fondi immobiliari allungandone la vita di due anni. Ma alla fine tutti i nodi vengono al pettine, e oggi a farne le spese sono i piccoli risparmiatori che agli inizi degli anni Duemila sottoscrissero questi prodotti finanziari pensando di puntare su un investimento solido come il mattone. Così il caso dei fondi delle Poste Invest Real Security e Obelisco, che hanno tradito 14mila risparmiatori bruciando gran parte dei loro investimenti, rischia di non essere isolato. Anche se il bilancio definitivo per i piccoli investitori ci sarà solo a fine corsa, fra il 2017 e il 2027, quando anche il più longevo di questi prodotti sarà giunto a scadenza.
Intanto, man mano che il tempo passa, i fondi immobiliari dovranno progressivamente dismettere il patrimonio in vista dei rimborsi ai quotisti da effettuare in chiusura del fondo secondo la deadline indicata nel prospetto. E se i prezzi di realizzo degli immobili saranno inferiori a quelli acquisto dovranno registrare le perdite che, in caso di scarsi rendimenti, si ripercuoteranno sui piccoli risparmiatori. L’ipotesi di un rosso per le dismissioni immobiliari non è del resto un’idea peregrina visto che gli investimenti nel mattone vennero fatti da oltre 400mila risparmiatori nel periodo di boom del settore fra la fine degli anni ‘90 e l’ inizio del Duemila. I realizzi, invece, avverranno nell’attuale contesto di mercato negativo: -39,7% i prezzi dal 2007 al 2017 e stabili nel 2017, secondo le stime di Tecnocasa.
Per fare un esempio di che cosa significhi tutto questo, basti pensare che il fondo Obelisco, in scadenza nel dicembre 2018, ha recentemente venduto in via Richard a Milano la vecchia sede della Nestlé per appena 10 milioni (circa 200 euro al metro quadrato) contro i 51 dell’investimento iniziale e i 14 della valutazione di esperti indipendenti rilasciata il 30 giugno 2016. “L’impressione è che i valori di realizzo siano più simili ai prezzi espressi dalla Borsa che non a quelli delle perizie degli esperti indipendenti. C’è di certo da stare in allerta”, chiarisce Marcello Rubiu, partner della società di consulenza Norisk. Non testimonia bene quindi il fatto che, al 19 gennaio, i fondi immobiliari quotati siano scambiati a prezzi in media del 35% inferiori al valore del patrimonio netto complessivo stimato al 30 giugno nei documenti societari. Senza contare che solo una decina su un totale di 24 fondi hanno mantenuto in parte le promesse fatte agli investitori, superando il prezzo di collocamento grazie alla somma fra valore di Borsa e i proventi già distribuiti ai quotisti. Il resto naviga in rosso (GUARDA LA TABELLA).
Qualche caso concreto? Se un quotista del fondo Socrate, gestito da Fabrica sgr (gruppo Caltagirone) e in scadenza nel 2020 decidesse di liquidare oggi il suo investimento, registrerebbe una perdita secca del 37 per cento. Senza contare l’attualizzazione delle somme in gioco. Eppure sulla carta la quota del fondo, che ha restituito 58 euro ai suoi quotisti, vale 521 euro, mentre in Borsa appena 244 euro contro i 500 euro del collocamento. Peggio ancora ha fatto Bnl Immobiliare dinamico (2020) che, collocato fra i risparmiatori a 250 euro, vale sul mercato 79 euro (-59%). In negativo anche Immobilium 2001 di Investire sgr (banca Finnat, famiglia Nattino) dove la perdita potenziale per ogni quota è nell’ordine del 20 per cento. Potenziale perché solo quando il patrimonio verrà dismesso nel dicembre 2017 si potranno fare i conti sulla falsariga di quanto accaduto per Invest Real Security. Per fortuna buona parte di questi fondi non andrà in scadenza a stretto giro e quindi, almeno in linea teorica, ha davanti la possibilità di recuperare terreno e di distribuire capitale e rendimenti ai quotisti come ha già fatto con successo il fondo Alpha gestito da Idea Fimit e collocato da Poste. Mercato del mattone permettendo, naturalmente.
Di certo per ora il miglior affare lo ha fatto chi ha venduto gli immobili ai fondi e chi li ha gestiti intascando laute commissioni: secondo quanto ricostruito dal settimanale Plus (Il Sole 24 Ore), dal collocamento di Invest Real Security Poste guadagnò circa 15 milioni, mentre Beni stabili sgr (ora confluita in Investire sgr di Finnat) intascò 11,5 milioni al netto di costi e provvigioni girate a Poste. Il fondo però ha perso più della metà del denaro inizialmente raccolto fra i risparmiatori (140 milioni) che hanno scommesso su un prodotto assai complesso, il cui successo dipende dalla qualità degli immobili in portafoglio, dalle capacità del gestore ed infine dal trend del mercato immobiliare.
Eppure “questi fondi sono stati venduti alla clientela retail con pochi risparmi come succedanei dell’appartamento in affitto a studenti – precisa Rubiu – Ma non sono affatto questo perché raramente investono nel residenziale. E poi sono prodotti complessi il cui successo è legato a doppio filo con la qualità degli immobili in portafoglio e la bravura del gestore. Come potrebbe del resto un piccolo investitore immaginare le prospettive immobiliari di un immobile cielo-terra in una grande città italiana o europea?”. Nonostante agli addetti ai lavori fosse chiaro che i fondi immobiliari non erano un prodotto da piazzare a cuor leggero agli sportelli di banche e Poste in un Paese fanalino di coda in cultura finanziaria, le autorità di vigilanza, Consob e Bankitalia, hanno fatto ben poco per tutelare i piccoli risparmiatori. “Se fossero intervenute per tempo, non saremmo arrivati fin qui”, conclude l’esperto.
Resta da chiedersi che cosa attenda ora i risparmiatori che hanno investito in fondi immobiliari? Per i quotisti di Invest Real Security, Poste ha già prospettato un indennizzo in contanti per gli ultraottantenni e una polizza quinquennale Vita (senza spese e con un contributo integrativo) sui cui versare le somme liquidate dal fondo per tutti gli altri quotisti. Ma l’ipotesi non convince tutte le associazioni dei risparmiatori, Codacons in primis, cosciente che in futuro potrebbe essere chiamata ad affrontare altri casi simili a quello di Invest Real Security.