C’è una maglia dell’Inter, la squadra per la quale tifava, sulla bara di Alessandro Giancaterino, il maitre del ristorante dell’hotel Rigopiano morto mercoledì scorso travolto dalla valanga. Nella camera ardente allestita nel Consiglio comunale di Farindola, sul Gran Sasso pescarese, a 10 chilometri da Rigopiano, ci sono una ventina di parenti ed amici del 42enne, tra le prime vittime identificate. Dietro la bara, attraverso le finestre, si vede la montagna innevata che ha ucciso Giancaterino. I suoi funerali si svolgeranno domani alle 11 a Farindola. Sempre domani, alle 14.30 a Penne, 15 chilometri più a valle, le esequie di Gabriele D’Angelo, 31 anni, cameriere dell’albergo Rigopiano e volontario della Croce Rossa. Nella piccola sala del Comune montano, circa 1.300 abitanti, il cui gonfalone è dietro il feretro con i fiori, ci sono tra gli altri la moglie di Giancaterino, Erika, e il fratello Massimiliano. Il figlio della vittima, Niccolò di nove anni, ha saputo solo ieri sera della morte del padre ed è assistito da uno psicologo, riferiscono i familiari. “Alessandro aveva già lavorato come direttore di sala al ristorante a Penne – ricorda lo zio materno Antonio Chiarini, poliziotto in pensione venuto da Reggio Emilia -. Poi aveva gestito un bar a Penne, ma non gli piaceva, e da tempo era tornato a fare il suo lavoro, stavolta al Rigopiano”. Sulle polemiche per presunti ritardi nel liberare dalla neve la strada dall’albergo, dopo la scossa di terremoto, i familiari di Giancaterino sembrano propendere per l’evento eccezionale della valanga, “mai vista così da queste parti”, dice lo zio. “Non vogliamo trovare un colpevole a tutti i costi, fare polemiche”, dice il fratello di Giancaterino.
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