Esattamente cinquant’anni fa, quando ancora non faceva “il sociologo dei Baci Perugina”, Francesco Alberoni scrisse pagine profetiche sui movimenti collettivi; la cui lettura servirebbe moltissimo a tanti nostri visitatori pentastellati. Se non altro, per uscire dallo stato di infantilizzazione da innamoramento che li rende impermeabili all’evidenza e – così – incominciare a mettere in discussione la piega che ha preso il soggetto che molti attendevano come forza di liberazione dalla malapolitica. Quel M5S che ancora mantiene una presa salda sul bacino dell’indignazione, dilapidandone le potenzialità costituenti nelle reiterate mattane con retrogusto furbesco dei boss e nell’attappetamento dei colonnelli signorsì.

Altrimenti non si capirebbe la supina condiscendenza all’ultimo (in ordine di tempo) casquet grillesco, all’insegna de “il mondo ha bisogno di uomini forti” (frase smentita dallo stesso Grillo). E questi eroi sarebbero Donald Trump e Vladimir Putin, odierni promotori del bullismo come paradigma politico; oltre che di un po’ di argomenti che il M5S statu nascenti aveva messo all’indice. A cominciare del negazionismo nei confronti della corsa alla catastrofe ambientale, che – anzi – il neo presidente degli Stati Uniti intende accelerare per la gioia dei petrolieri. Quel “me ne frego” che tanto piace ai nuovi bulletti di periferia tipo Matteo Salvini e a quelli vecchi come Beppe Grillo.

Ma se è sbagliato definire Trump un fascista, per la semplice ragione che il totalitarismo novecentesco presupponeva un partito unico che colonizzava la società sotto la guida di un Führer, mentre il bancarottiere di New York usa tecniche e strumenti mediatici per manipolare l’elettorato dell’America profonda in larga parte rurale, dovrebbe far riflettere la messa in guardia di Alberoni sul rischio che un movimento carismatico scivoli nel totalitarismo. Magari in forme aggiornate.

Scriveva nel 1968 l’antico studioso dei movimenti: “Nella collettività finora amorfa si fa strada uno spirito di corpo, il senso di una comune appartenenza. […] I membri sono convinti di essere i portatori dei più elevati valori dell’universo, gli interpreti della volontà divina o della storia. L’ideologia del movimento ha, come sua caratteristica, di essere una spiegazione completa e facile per tutti e fornisce al movimento: a) una direzione; b) la sua giustificazione; c) le armi concettuali ed emotive di attacco e proselitismo; d) la speranza o la certezza del successo finale” (Statu nascenti, il Mulino, Bologna pag. 32).

Qualcosa che raggela il sangue al vecchio laico. Soprattutto considerando che questa fascinazione collettiva è soltanto una terribile mistificazione. E sconcerta assistere allo spettacolo di tanti seguaci persi nell’adorazione acritica di un profetismo con licenza di contraddirsi sistematicamente; e inanellare piccole o grandi follie: dal pendolarismo a Bruxelles tra liberisti reaganiani e nuclearisti xenofobi alla washball sostitutiva dei detersivi e agli aquiloni che intercettano fulmini per risolvere le carestie energetiche. Eppure mi sarei aspettato qualcosa di più del semplice mugugno quando Grillo proclama entusiasmo per i due energumeni Putin e Trump (in questo supportato dal destrorso in penombra Davide Casaleggio?). Mentre il mondo si avvia a marce forzate verso il passaggio successivo nel degrado politico, di cui tanto il russo che l’americano sono i sinistri portabandiera: dopo la post-democrazia, in cui la politica diventava un set da reality e le elezioni una gara tra marchi commerciali, ecco che si prospetta l’avvento della “democratura”, il prosciugamento delle regole democratiche ridotte a guscio vuoto in cui cresce l’autoritarismo. E non salva l’anima argomentare che tanto gli altri attori politici in campo fanno schifo.

Forse non è un caso se i controllori del Movimento hanno denominato la loro piattaforma “Rousseau”, visto che il ben noto Jean-Jacques è riconosciuto come il profeta della democrazia totalitaria. A gloria dei bulli internazionali e dei bulletti nostrani loro epigoni.

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