Cambia la proprietà, cambia il boss. E fa più notizia l’addio di quest’ultimo, al secolo Bernie Ecclestone, l’uomo che in quattro decenni ha trasformato la Formula Uno in un fenomeno mondiale. La Liberty Media, compagnia americana che ha rilevato il cento per cento delle quote azionarie della Formula One Group per 7,5 miliardi di euro, ha dato il benservito al Supremo. Una rivoluzione per il circus delle monoposto, dove Ecclestone è stato il padrone assoluto degli ultimi quarant’anni, rendendo i motori una passione per milioni di persone e costruendo un impero personale stimato in 2 miliardi di sterline.
La Liberty del miliardario americano John Malone, però, ha deciso di rimpiazzarlo. Vuole “svecchiare” la F1, puntando su giovani e digitale. Strategie che non combaciano con una figura ingombrante come quella di Ecclestone. Al suo posto ci sarà Chase Carey e un ruolo – quello di negoziatore con le scuderie – dovrebbe spettare a Ross Brawn, ex Ferrari e Mercedes nonché uno dei più grandi conoscitori dei regolamenti. In due, insomma, rimpiazzeranno il boss, 86 anni, a capo del circuito dal 1976. Quarant’anni, appunto. Che hanno cambiato la concezione della Formula 1 e la sua vita. Ex venditore di automobili, poi proprietario della scuderia Brabham con cui vinse due titoli e infine al timone dello spettacolo, sempre meno in mano ai team e sempre più aperto oltre i confini europei moltiplicando il business.
Il gran ciambellano, come lui stesso ha detto, è stato “deposto”. Finisce la monarchia che ha reso i gran premi non più un happening per gentleman, ma uno show planetario con spettacolo e intrattenimento parte integrante dello sport, mantenuto in equilibrio dalla sua capacità di mediare con le scuderie e trovare nuovi partner come primi ministri ed emiri. Qatar, Shangai, Singapore, Abu Dhabi, Sochi e Bahrain sono tappe riconducibili all’uomo nato nel Suffolk da un capitano di pescherecci. Del resto, ama gli uomini forti e in passato ebbe modo di dire che Adolf Hitler “sapeva far funzionare le cose”. E verso la politica ha sempre avuto un occhio di riguardo, venendo contraccambiato. Nel 1997, il governo Blair inasprì le leggi riguardanti le sponsorizzazioni delle multinazionale del tabacco, ma salvò la Formula 1. Perché? È certo che Ecclestone avesse elargito un contributo di un milione di sterline al Partito Laburista prima delle elezioni, restituito dai labour dopo che lo scandalo era ormai scoppiato. Una delle poche sconfitte di Bernie, sfiorato da diverse accuse di corruzione e di sessismo.
Ora sarà il momento della “americanizzazione” della Formula, come Casey ha già lasciato intendere. Qualcosa di simile alla Indycar e alla Nascar, che abbia un sapore ‘famigliare’. Non solo, Liberty Media vuole maggiore presenza sui social media per riavvicinarsi ai giovani, fascia in cui la F1 è sempre meno popolare. Una mossa delicata, perché i diritti tv – oggi tesoro inestimabile – tenderanno a perdere valore. Forse la prima proposta, poi messa da parte, di un periodo di transizione nel quale fosse protagonista ancora Ecclestone sarebbe potuto servire. È arrivata invece un’accelerazione. E ora Bernie si metterà a guardare il suo giocattolo, controllato da altre mani.