Tra i reati ipotizzati dalla Procura nel processo che si è concluso lo scorso dicembre 2016, con l’assoluzione degli imputati, c’era l’assunzione all’hotel Rigopiano di parenti degli amministratori comunali imputati. Nelle motivazione del verdetto sugli ipotizzati abusi si legge, tuttavia, “di una zona grigia moralmente sgradevole ma penalmente irrilevante, comportamenti abituali (in questo paese) di soggetti titolari di potere, i quali ritengono di utilizzare la loro posizione di primazia per assicurare vantaggi a familiari ed amici, consapevoli che il potere a loro affidato comporti di per sé tali privilegi”. Nella sentenza che assolve gli imputati dalla corruzione, in merito all’ampliamento della struttura travolta da una valanga, nella parte che riguarda le assunzioni clientelari i giudici scrivono che questa abitudine per i politici è “come se si trattasse di una sorta di un effetto collaterale (quando non addirittura lo scopo precipuo del loro impegno pubblico). In conclusione: io amministratore pubblico ti autorizzo a compiere una determinata attività economica che hai comunque diritto a svolgere, ricorrendo tutti i presupposti di legge. Tu imprenditore, visto che devi assumere qualche dipendente per svolgere tale attività, tanto vale che recluti quelli che ti segnalo io amministratore: Non hai nessun obbligo, ma facendolo ti guadagni la mia gratitudine”.
Uno degli imputati, consigliere comunale che avrebbe firmato la delibera e che avrebbe dovuto astenersi perché in conflitto di interessi, viene assolto perché “essendo evidente che l’interesse in conflitto era indiretto ed eccentrico rispetto all’oggetto della delibera. È soltanto il coniuge di una dipendente di una società pur sempre facente capo ai cugini Del Rosso, ma del tutto estranea all’oggetto della delibera, resa in favore della Del Rosso srl”.
Nella sentenza, depositata il 7/12/2016, poi in merito ai presunti abusi su terreni demaniali ad uso civico pastorale si confermano gli abusi, sanati successivamente da una delibera del Comune che diventò oggetto di accusa della Procura. La sentenza si riferisce ad occupazione abusiva tra il maggio e settembre 2008. I tre giudici scrivono che ”l’occupazione abusiva che riguardava una porzione di terreno piuttosto esigua (1.700 mq) tenuto conto della collocazione geografica (un’area di montagna totalmente disabitata e destinata a pascolo), fu sanata e stabilito per la sua occupazione un canone che non vi sono motivi per ritenere incongruo”. Come ha ricordato il Forum H2O il luogo ricade all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. In una intercettazione due imputati tra i quali il sindaco dell’epoca Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico (Giancaterino è il fratello di una delle vittime della valanga), dicevano che “la delibera che sanò l’abuso non doveva mettere in risalto lo specifico aspetto dell’occupazione abusiva”, perché secondo il giudice “tale preoccupazione è motivata da finalità meramente politiche e non dalla necessità di favorire illecitamente i propri sodali”.