Nel tempio della tradizione musicale tricolore si è riproposto spesso un affaire simil-Albano VS Michael Jackson, o “Ballo Ballo Ballo” della Carrà molto dalle parti di “Eleanor Rigby” dei Beatles. Si quantifica che siano stati nell’ordine di duecento i contenziosi giudiziari avviati nelle sessantasei precedenti annate sanremesi. A guidarci in questo viaggio, tra le varie fonti consultate, gli studi di un’autorità in materia come Michele Bovi e il libro “Il festival di Sanremo” di Serena Facci e Paolo Soddu (Carocci). Le querelle cominciarono già nella primissima edizione del Festival, che andava in onda in radio dal Salone delle Feste del Casinò municipale di Sanremo. Correva l’anno 1951 e al secondo posto si era piazzata la futura hit in 78 giri “La luna si veste d’argento“, intonata da Nilla Pizzi e Achille Togliani, ritornello: “La luna si veste d’argento/il sole si sveste dell’or/la notte del gran firmamento/ci insegna l’amor”. Qualcuno notò che uno dei due autori del testo, la milanese Ornella Ferrari in arte Biri, la Mogol in gonnella del dopoguerra, aveva preso spunto (non dichiarandolo) da “L’amica di nonna Speranza” di Guido Gozzano, vergata nel 1907: “I monti s’abbrunano in coro/il sole si sveste dell’oro/la luna si veste d’argento” scriveva il poeta crepuscolare.