E' quanto emerge dall'inchiesta della Dda di Catanzaro e della Guardia di Finanza che ha smantellato un gigantesco traffico di cocaina tra la Colombia e l'Italia. Indagate 54 persone, tra esponenti dei clan vibonesi, trafficanti e finanziatori insospettabili. L'operazione "Stammer" resa possibile grazie a un colonnello infiltrato e alle intercettazioni tra un boss e la sua amante
“È arrivato il momento di parlare chiaro, dopo 4 mesi, 3 volte, mi hanno fatto portare 10 milioni di euro a Genova e non è arrivato niente… Allora, c’è questo materiale? Se c’è il materiale portatelo qui e noi ve lo paghiamo subito, sennò non vogliamo avere niente, andiamo da un’altra parte e lo compriamo”.
Gli indagati dell’inchiesta “Stammer” parlavano di milioni di euro come se fossero noccioline. Il traffico che avevano messo in piedi però era di svariate tonnellate di cocaina che dalla Colombia viaggiava su nave verso l’Italia nascosta dentro i container che trasportavano banane. Ed è proprio in una piantagione di banane che la polizia colombiana nel maggio 2016, nell’ambito di quest’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, ha effettuato uno dei sequestri di cocaina più importanti della storia: “Quasi a otto tonnellate, di cui circa 1.500 chili già impacchettati e pronti per essere esportati”. “Quel carico avrebbe fruttato un miliardo e 600 milioni di euro” ha spiegato il generale Gianluigi Miglioli alla conferenza stampa dell’operazione “Stammer”, condotta dl Goa di Catanzaro.
Un’operazione che ha portato al fermo di 54 persone tra esponenti dei clan vibonesi, narcos e finanziatori insospettabili come ha sottolineato il procuratore Nicola Gratteri che durante l’incontro con i giornalisti ha elogiato la guardia di finanza e, in particolare, un colonnello infiltrato in Colombia: “È grazie a uomini come lui e alla professionalità del Goa che possiamo realizzare operazioni come questa”.
L’inchiesta è iniziata nel 2014 grazie a “una comunicazione pervenuta dal National Crime Agency – è scritto nel decreto di fermo – presso l’Ambasciata della Gran Bretagna in Italia il quale segnalava la connivenza tra un’organizzazione criminale colombiana e una italiana impegnate nell’importazione di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica da destinare al mercato europeo”. Le intercettazioni hanno fatto il resto: la cocaina arrivava al porto di Gioia Tauro ma non solo. “Noi pensiamo sempre al porto calabrese – ha affermato infatti Gratteri – ma in questa occasione sono stati utilizzati anche Genova, Napoli e Livorno dove abbiamo sequestrato un carico di 63 chili di cocaina”.
In manette sono finiti i vertici della cosca Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e della cosca Fiaré di San Calogero, entrambe federate alla più nota famiglia mafiosa dei Mancuso di Limbadi. A incastrare i narcotrafficanti è stata una cimice che gli uomini del colonnello Michele Di Nunno sono riusciti a piazzare una cimice nel condizionatore dell’ucraina Oksana Verman, amante del boss Salvatore Pititto.
A lei l’indagato raccontava tutto fornendo agli inquirenti i riscontri necessari all’attività di indagine. Era diventato così una sorta di “pentito inconsapevole” perché svelava alla compagna “quello che aveva fatto e che aveva intenzione di fare”. In sostanza, le cosche vibonesi fungevano da raccoglitore dei soldi dei calabresi, di un gruppo di siciliani e di campani. Soldi che poi, in contanti, venivano consegnati ai narcos colombiani in cambio della cocaina. Spesso, però, si creavano degli intoppi o dei ritardi che innervosivano i calabresi: “Perché qui non si fa niente se non c’è prima il materiale e poi si dà il denaro – è la voce di un indagato ascoltata dai finanzieri – perché i soldi sono qui sul tavolo, qui sul tavolo ci sono tutti i soldi. Hanno chiesto dalla Calabria 10 milioni di euro, hanno messo 100 mila in una valigia per consegnarli personalmente a JJ quando arriva…”.
JJ fa di nome “Jhon” ed è il colombiano che da Bogotà era arrivato a Mileto a garanzia della buona riuscita dell’operazione. Una sorta di “ostaggio” al quale i calabresi, se l’affare va a buon fine, “pagano” una vacanza che si conclude con il ritorno in Sud America. A proposito, “dalle ultime intercettazioni – è scritto nel decreto di fermo firmato dal procuratore Gratteri, dall’aggiunto Giovanni Bombardieri e dal pm Camillo Falvo – emerge che l’associazione, qualora dovesse emergere qualche intoppo nell’imminente importazione di sostanza stupefacente, procederà con l’eliminazione fisica dell’emissario colombiano”.
Il 15 dicembre scorso, a casa dell’amante ucraina, Salvatore Pititto si lascia scappare uno sfogo. “Seccato dal protrarsi della trattativa, riferiva alla donna che, se non avessero definito la stessa entro un periodo di tempo estremamente breve, avrebbe proceduto all’eliminazione fisica di Jhon”. “Mi tolgo la pistola, – dice alla donna – appena parla quella sera stessa lo sparo… Bastardi mi ha portato all’elemosina questi”.