Si è laureato col massimo dei voti l'ex presidente siciliano condannato a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Era tornato in libertà nel dicembre del 2015 dopo aver scontato cinque anni di pena nel carcere romano di Rebibbia
Centodieci e lode e una corona di rosmarino e peperoncini sulla testa, invece del solito alloro. Si è laureato in giurisprudenza col massimo dei voti Salvatore Cuffaro, l’ex governatore della Sicilia condannato a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia. Totò “Vasa Vasa” (bacia bacia, per la sua abitudine di baciare chiunque lo salutasse sulle guance), è tornato in libertà nel dicembre del 2015 dopo aver scontato cinque anni di pena nel carcere romano di Rebibbia. Cuffaro ha già una laurea in medicina, ma era stato radiato dall’ordine dei medici (venendo anche licenziato dall’Ispettorato regionale alla Sanità, di cui era dipendente) si dopo che la sua condanna era diventata definitiva.
Entrato nel penitenziario capitolino, aveva cominciato quindi a studiare giurisprudenza. E adesso ha ottenuto la laurea con una tesi dal titolo “Contrasto al sovraffollamento carcerario tra Costituzione e Convenzione europea”. Come relatore l’ex governatore ha scelto il professore Giorgi Spangher, mentre sul frontespizio della tesi ha fatto due dediche: “A mio padre la cui ascesa al cielo è avvenuta senza che il carcere mi abbia consentito di essere presente”, e poi “ai detenuti fine pena maì che hanno scelto di morire una sola volta piuttosto che morire ogni giorno”. Alla fine della discussione all’università romana Sapienza, Cuffaro non ha indossato la classica corona d’alloro, ma una di rosmarino e peperoncini, “simbolo – ha spiegato – il primo della Sicilia e della vita, mentre il secondo è un antidoto contro la malasorte”.
L’ex presidente della Regione Siciliana ha spiegato che non vuole tornare ad occuparsi istituzionalmente di politica – non comunque potrebbe farlo, essendo interdetto in perpetuo dai pubblici uffici – ma di volerlo fare attivamente, per difendere i diritti dei detenuti. “Più del corpo – ha detto Cuffaro – a essere detenuta nelle carceri italiane è la mente di chi sconta la pena. Gli istituti penitenziari non riabilitano, né rieducano, ma sono luoghi di sofferenza dove è impressionante e paradossale il numero dei suicidi per un Paese come il nostro dove non c’è la pena di morte”. Per la verità dopo la scarcerazione l’ex governatore era intervenuto più volte nel dibattito politico. Come quando si espresso sul Pd di Matteo Renzi. “Più che rottamare – aveva detto Cuffaro – direi che hanno riciclato, Anzi, hanno restaurato i miei tempi. Molti nuovi del Pd li ho tirati su io, una lista che non finisce più, dai più noti al sottobosco”.