RIPARARE I VIVENTI di Katell Quillévéré, con Tahar Rahim, Emmanuelle Seigner, Anne Dorval. Durata : 104’. (Francia/Belgio 2016) Voto: 3/5 (AMP)
Una “chanson de geste”. Così definisce il gesto del trapianto di cuore la scrittrice francese Maylis de Kerangal nel suo toccante romanzo Réparer les vivants. Le fa eco, entusiasta, la regista connazionale Katell Quillévéré da sempre sedotta da storie “al limite”, come l’acclamato Suzanne (2013). Riparare i viventi non fa eccezione, lavorando con accuratezza sul più delicato dei gradi di separazione: quello fra la vita e la morte. Al centro è una parabola esistenziale a doppia mandata che coinvolge da una parte l’adolescente Simon, cerebralmente morto dopo un incidente stradale, dall’altra una donna, madre di due giovani, in disperato bisogno di un trapianto cardiaco. L’uno sarà l’inconsapevole rigeneratore vitale dell’altra in un contesto di famigliari afflitti (i primi) e speranzosi (i secondi), ma soprattutto di un procedimento clinico e chirurgico senza precedenti nel cinema di finzione. Se infatti gli elementi melodrammatici parentali rappresentano il punto fragile nella narrazione del film, sono quelli descrittivi della “catena di montaggio” di un trapianto (l’esportazione del cuore di Simon, la sua conservazione, il funzionamento del centro trapianti nazionale francese, il “viaggio” dell’organo verso il nuovo destinatario ed infine il suo trapianto) a costituirne il punto di forza, dentro a una seduzione visiva precisa al minimo dettaglio che mai scade nella perversione. Un omaggio cinematografico al cuore come centro dell’essere umano a tutti i livelli. Adatto a chi non soffre di cardiopatie.