A un mese dagli scoop del Fatto sul caso Consip, con il ministro Lotti e il generale dell’Arma indagati Canzio parla alla cerimonia in Cassazione: “Servono finestre di controllo giurisdizionale sulle indagini”. Sulla corruzione: "Riflettere se le misure di contrasto sono efficaci". E sulla prescrizione rilancia lo stop dopo il primo grado
La difficoltà di contrastare il “fenomeno grave della fuga di notizie“, la necessità di maggiore “riserbo” e della “massima discrezione” e quindi la proposta di “significative finestre di controllo” sulle indagini delle Procure. Il ragionamento è dei più alti magistrati della Corte di Cassazione, il procuratore generale Pasquale Ciccolo e il primo presidente Giovanni Canzio, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario proprio nella sede del Palazzaccio. Canzio ha criticato anche le inchieste “già di per sé troppo lunghe” e le “distorsioni del processo mediatico” favorite anche dalla “spiccata autoreferenzialità” di alcuni magistrati. Un intervento in una fase – come sempre – delicata del rapporto tra politica, magistratura e opinione pubblica. D’altra parte nelle scorse settimane un’inchiesta rivelata dal Fatto Quotidiano ha toccato direttamente il governo: il ministro Luca Lotti è accusato di rivelazione di segreto e favoreggiamento nel caso Consip.
Il pg Ciccolo: “no a esternazioni politiche o su processi”
Per il pg Ciccolo – il cui pensionamento, come per Canzio, è stato prorogato di un anno dal governo Renzi – “dinanzi al fenomeno della fuga di notizie su indagini in corso, grave perché rischia di ledere il principio costituzionale di non colpevolezza, più volte viene invocato l’intervento del mio ufficio, che risulta quasi sempre sterile per la obiettiva difficoltà di individuare le singole responsabilità”, spiega Ciccolo. I magistrati, inoltre, devono usare la “massima discrezione” evitando di sostenere pubblicamente le ragioni e la bontà del loro operato, lasciando questo compito ai canali ufficiali di comunicazione. Ciccolo insiste sottolineando nella sua relazione che è dovere dei magistrati evitare esternazioni sul loro lavoro e “particolarmente delicate, ma solo raramente suscettibili di sindacato in sede disciplinare, appaiono le esternazioni di carattere politico e quelle concernenti vicende processuali in corso, potendo esse ingenerare nella collettività il convincimento, non importa se erroneo, che l’attività istituzionale del magistrato possa essere guidata da opinioni personali“. E il pericolo aumenta, prosegue il procuratore generale, quanto più il magistrato sia conosciuto, stante il maggior impatto mediatico delle sue dichiarazioni”.
Canzio: “Rischio ribaltamento presunzione di innocenza”
Su questo aspetto si sofferma anche il presidente della Suprema Corte, Canzio, secondo il quale “merita di essere presa in seria considerazione la proposta di aprire talune, significative finestre di controllo giurisdizionale nelle indagini, piuttosto che prevedere interventi di tipo gerarchico o disciplinare”. Secondo l’alto magistrato “si scorge una frattura fra gli esiti dell’attività giudiziaria e le aspettative di giustizia” e il “disorientamento nasce dalla discrasia spazio-temporale fra l’ipotesi di accusa, formulata nelle indagini, il pre-giudizio costruito nel processo mediatico parallelo che si instaura immediatamente, le ansie securitarie dei cittadini, da un lato, e le conclusioni dell’attività giudiziaria che seguono a distanza di tempo dalle indagini, già di per sé troppo lunghe”. In questa situazione – di “conflitto tra la giustizia ‘attesa’ e la giustizia ‘applicata’” – si annida “il pernicioso ribaltamento della presunzione di innocenza dell’imputato”. “Talora – prosegue Canzio – sono lo stesso pubblico ministero titolare delle indagini o l’avvocato difensore a tessere un dialogo con i media e, tramite questi, con l’opinione pubblica: in tal caso, il corto circuito tra il rito mediatico e il processo penale è destinato ad accentuarsi”. Di fronte a questa situazione, per Canzio occorre con urgenza un “intervento riformatore” diretto “a restaurare le linee fisiologiche del giusto processo, ridando respiro, a fronte delle aspettative di giustizia, alla ricostruzione probatoria del fatto e all’accertamento della verità del giudizio, secondo criteri di efficienza, ragionevole durata e rispetto delle garanzie”. fq2-34681 video di Alberto Sofia
“Corruzione, pochi processi: riflettere se misure efficaci”
Ma Canzio tocca altri punti “sensibili” dell’attualità politica e giudiziaria. A partire dalla corruzione: “E’ fortemente avvertita nel Paese la percezione di una diffusa corruzione sia nella Pubblica Amministrazione che tra i privati – rileva il presidente della Cassazione – Essa non trova riscontro, tuttavia, nelle rilevazioni delle statistiche giudiziarie”, né in base ai dati nazionali e neanche in base a quelli della Cassazione (solo 273 lo scorso anno, pari allo 0,5 per cento del totale di quelli trattati). Di fronte a questa situazione, secondo Canzio, “occorre avviare una approfondita riflessione sull’efficacia delle attuali misure, preventive, repressive, di contrasto al fenomeno, perchè ne sia consentita l’emersione nelle sue reali dimensioni anche nelle aule di giustizia”. Quanto all’andamento del settore penale, i risultati della Cassazione hanno dimostrato una “significativa inversione di tendenza“: aumento del 12,2 per cento dei procedimenti definiti, calo dell’arretrato del 15,7, tempo di definizione di soli otto mesi, “ben al di sotto della media europea”. Certo, resta il problema della lentezza quasi estenuante dei processi. L’Italia, ricorda Canzio, resta sempre molto indietro nella classifica sui tempi e costi delle cause commerciali: occupa il 108esimo posto nel rapporto Doing Business che analizza le performance di 190 Paesi. Tutti i più importanti Stati dell’Unione Europea sono collocati in una posizione più alta.
“Stop a prescrizione dopo il primo grado”
Infine, la prescrizione, la cui riforma è ancora in attesa di essere approvata al Senato. Alla Suprema Corte il numero delle prescrizioni è “irrisorio” – ha riguardato circa 767 processi nell’ultimo anno, pari all’1,3% del totale – ma appare “comunque irragionevole che la prescrizione continui a proiettare gli effetti estintivi del reato nel corso del processo, pur dopo la condanna di primo grado, mentre sarebbe più corretto intervenire con misure acceleratorie sulla durata dei giudizi di impugnazione”.
“Serve legge per le adozioni dei figli del partner”
Ancora più deciso Canzio è sulla richiesta di una legge per le adozioni e i figli di coppie omosessuali. La Cassazione, dice, “non può e non intende sottrarsi al dovere di apprestare tutela ai diritti fondamentali della persona”, seguendo il “criterio guida dell’interesse preminente del minore”, ma “demandare il via esclusiva alla giurisdizione” la soluzione di questioni su scelte etico-sociali “non è la via preferibile“, sarebbe “da privilegiare il percorso ermeneutico disegnato sulla base di una chiara ed esplicita volontà legislativa”. In proposito, Canzio ha ricordato il verdetto della Cassazione che ha riconosciuto l’adozione da parte del convivente dello stesso sesso del figlio del partner escludendo ogni rilievo “all’orientamento sessuale” della coppia, e favorendo solo “il consolidamento del rapporto tra il minore e chi già se ne prende cura”, e quello che ha riconosciuto l’atto di nascita di un figlio nato da due madri con fecondazione eterologa in Spagna. Da queste sentenze, sottolinea Canzio, “emerge una ricostruzione dell’istituto famiglia intesa come comunità di vita e di affetti, incentrata sui rapporti concreti che si instaurano tra i suoi componenti, all’interno della quale il criterio guida resta quello dell’interesse preminente del minore”.