Cinquant’anni fa la tragedia dell’Apollo 1, nella quale morirono i tre astronauti della Nasa Virgil Grissom, Edward White e Roger Chaffee. Era il 27 gennaio del 1967 e l’incidente avvenne a nella base di lancio dell’Air Force di Cape Canaveral, che allora si chiamava Cape Kennedy. Doveva essere solo una prova per testare il conteggio alla rovescia, in vista del primo lancio di una navicella Apollo con equipaggio, previsto per il 21 febbraio successivo, che avrebbe dovuto verificare le operazioni di lancio, monitoraggio a terra e possibilità di controllo.
We’re honoring the Apollo 1 crew at 10am ET today. This year is the 50th anniversary of the tragedy. Watch live: https://t.co/oJKHgKpQjH pic.twitter.com/68qOMv9m2Y
— NASA (@NASA) 26 gennaio 2017
Poco dopo l’ingresso nel modulo, Grissom notò uno strano odore nell’aria, furono subito prelevati campioni di aria ma la causa dell’odore non fu trovata e il conto alla rovescia riprese. Pochi minuti dopo ci furono invece dei problemi di comunicazione tanto che Grissom osservò: “Come faremo a raggiungere la Luna, se non possiamo parlare da due o tre edifici di distanza?”. Il conto alla rovescia fu interrotto di nuovo e mentre si cercava di risolvere i problemi di comunicazione uno degli astronauti esclamò “Fuoco!”. Gli astronauti cercarono di aprire il portello ma l’alta pressione della cabina lo impedì.
La commissione di inchiesta della Nasa stabilì che la causa dell’incendio fu un corto circuito (l’odore avvertito all’ingresso non fu collegato all’incidente) e il fuoco si diffuse rapidamente a causa dei materiale in nylon della cabina e l’atmosfera di solo ossigeno della cabina. Dopo l’incidente i voli con equipaggio delle missioni Apollo furono interrotti per 20 mesi e la capsula riprogettata. La sua atmosfera interna non fu più di ossigeno puro ma di ossigeno e azoto e furono sostituiti i materiali infiammabili.