All'inaugurazione dell'anno giudiziario il botta e risposta sulla questione dell’età pensionabile tra il presidente dell'Anm e il ministro della Giustizia, che ha invitato le toghe a non ripiegare in una dimensione corporativa
“Io certamente non voglio essere ricordato come il presidente dell’Anm che ha abdicato sulla difesa dell’indipendenza della magistratura, signor ministro spero che lei non voglia essere ricordato come quello che ha provato a violarla”. Sono queste le parole che il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Piercamillo Davigo – che nei giorni scorsi ha disertato l’apertura dell’anno giudiziario in Cassazione – ha rivolto, in merito all’età pensionabile delle toghe, al ministro della Giustizia Andrea Orlando presente all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano, che si è aperta con l’allarme lanciato dal Procuratore generale Roberto Alfonso, secondo cui l’amministrazione della giustizia “resta al collasso“. Da parte sua Orlando ha replicato: “Non credo che si stia attentando all’autonomia della magistratura perché si modifica l’età pensionabile, perché allora non mi saprei spiegare perché l’Anm non ha protestato quando si decise a suo tempo di portare l’età pensionabile da 70 a 75 anni”.
Lo scontro tra il numero dell’Anm e il ministro sulla questione dell’età pensionabile è andato in scena nell’aula magna del tribunale di Milano, dove Davigo è stato anche applaudito dopo aver spiegato di essere emozionato per essere tornato “in quella che è stata la mia casa per 25 anni”, ha parlato della “sofferenza” per la sua non partecipazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. “Ma quando sono in discussione principi – ha chiarito il presidente dell’Anm – non si media”. L’ex pm del pool Mani Pulite, infatti, ha ricordato che “il governo ha mandato a casa 450 magistrati con lo slogan ‘Largo ai giovani'”, senza prevedere “un’adeguata temporizzazione” delle uscite, ma poi ha fatto “prima una proroga per gli uffici direttivi e poi un’altra proroga”. Con questi interventi, a detta di Davigo, in pratica “il governo decide chi fa il giudice e l’Anm ha deciso di non accettare questo. I magistrati prorogati sono di sicuro i migliori, ma se passa il principio che il governo può scegliere in futuro potrebbe scegliere i peggiori”. E poi si è rivolto direttamente al ministro Orlando, prima dicendo che il Guardasigilli nel suo intervento “ha volato alto e l’ho apprezzato, ma mi sarei aspettato anche un colpo d’ala”, e poi dicendogli: “Signor ministro spero che lei non voglia essere ricordato come quello che ha provato a violarla (l’indipendenza della magistratura, ndr)”.
Orlando, rispondendo alle domande dei cronisti, ha replicato che “se modificare l’età pensionabile significa scegliersi i giudici allora questo vale quando si abbassa l’età pensionabile, ma anche quando si alza”. L’Anm, ha aggiunto, “non ha protestato quando si decise a suo tempo di portarla da 70 a 75 anni”. Orlando ha proseguito dicendo: “Non mi pare che si possano chiamare in causa questioni di carattere costituzionale o altrimenti vanno chiamate in causa sempre, anche quando magari la misura è più gradita all’insieme della categoria”. Infine, ha sottolineato che è “una questione che attiene alla dimensione organizzativa, quindi è fondata l’esigenza di far fronte alle scoperture di organico, questo rilievo lo colgo e lo affronto”.
Nel corso del suo intervento il ministro ha voluto mandare anche un messaggio ai magistrati sostenendo che “è un’insidia che i singoli soggetti della giurisdizione reagiscano alle difficoltà ripiegando in una dimensione corporativa, tentando di salvaguardare le proprie ragioni attraverso la delegittimazione di quelle degli altri e la finale delegittimazione di tutto il sistema”. Il ministro ha ricordato il tentativo perseguito dal governo negli ultimi anni di salvaguardare il buon funzionamento della giustizia con “l’ostinata ricerca del dialogo e del confronto” aggiungendo che “alla magistratura, nelle sedi istituzionali come in quelle associative, sono venuti importanti contributi di carattere progettuale, di cui abbiamo voluto far tesoro”. E poi ha tenuto a dire che “dall’avvocatura è venuta una grande disponibilità a svolgere un ruolo di prevenzione e soluzione di conflitti”. Proprio l’ordine degli avvocati di Milano questa sera conferirà al ministro il Sigillo di San Girolamo come “riconoscimento simbolico per il suo prezioso lavoro – è la motivazione – svolto a favore della giustizia”.
Infine Orlando ha annunciato l’introduzione il reato di tortura nel codice penale. “Qui, nella città di Cesare Beccaria – ha spiegato nell’aula magna del Palagiustizia milanese – voglio ribadire l’impegno per l’introduzione del reato di tortura. Non possiamo perdere altro tempo nell’affermare un principio che tra l’altro ci viene richiesto anche in sede europea e internazionale”. Nel dare l’annuncio il Guardasigilli, che ha citato Pietro Verri, ha anche fatto riferimento alle “cronache di questi giorni” e all’inchiesta della dda milanese che ha portato in cella un somalo accusato di aver sequestrato centinaia di persone in un campo di raccolta da lui gestito in Libia, di averne uccise quattro e sempre là di avere seviziato e stuprato decine di donne. Orlando ha anche rivendicato “con orgoglio (…) i passi compiuti nella promozione di diritti fondamentali”, come la legge sulle unioni civili.