“Lo stato di salute del Pd? E’ un partito che sta male per varie ragioni”. Così il deputato Pd, Gianni Cuperlo, ospite di Tagadà (La7), esordisce nella sua analisi critica del suo partito. “Quando all’atto di nascita del Pd” – spiega – “un autorevole dirigente lo definì ‘il primo esperimento di partito post-identitario‘, lì doveva suonare un campanello d’allarme. Una cosa è dire ‘partito post-ideologico‘, altra cosa è definirlo ‘post-identitario’, perché significa che non ha identità. Oggi la situazione si è aggravata”. E aggiunge: “Mi colpisce sempre questo atteggiamento di grande sicurezza e convinzione nel partito, però noi alle spalle abbiamo una sconfitta pazzesca: in quel referendum del 4 dicembre si è espresso in netta maggioranza un popolo che ha bocciato non solo una riforma ma una stagione e una classe dirigente. Una forza politica seria che ha una identità o la cerca o la vuole rafforzare, dopo un passaggio di quella natura, affronta una discussione”. Sulla polemica tra Michele Emiliano e Matteo Renzi, osserva: “Di fronte a quello che è successo, metterei lo statuto nel cassetto, perché un partito serio convoca un congresso e discute. Io farò di tutto perché il Pd non si spacchi. Ovviamente chi è al timone ha la principale responsabilità di indicare una rotta da condividere e in questo senso il segretario del partito non ha mostrato di aver compreso la portata e la gravità di quello che è accaduto il 4 dicembre“. Il parlamentare dem si pronuncia anche sul M5S: “Ci sono molte distanze tra noi e loro, penso all’alleanza con Farage in Europa e alla posizione sui migranti. Ma io resto dell’idea che la loro esperienza sia un patrimonio di ancoraggio alla democrazia, alle istituzioni, alla rappresentanza democratica di un pezzo del Paese. Liquidare quella roba come “nuovo populismo”, come fanno alcuni anche del mio partito, non va bene”. E su Virginia Raggi osserva: “Non so quanto durerà il suo mandato a Roma, noi abbiamo qualcosa del passato da farci perdonare sul fatto di aver sospeso in anticipo un sindaco (Ignazio Marino, ndr). Ma il M5S è arrivato a governare Roma in una condizione paradossale, cioè era convinto di vincere ma senza essersi preparato a dovere. Un po’ come quando devi andare a un’interrogazione, sai che avrai 6 e non apri nemmeno il libro. Conviene sempre aprire il manuale”