La conferenza dei servizi ha accolto la richiesta di sospensione dei lavori avanzata dal Campidoglio il 30 gennaio: ancora troppo forti le divisioni interne al M5S tra chi crede che (dopo il no opposto a Roma 2024) non si possa fermare l'opera, chi vorrebbe realizzarla riducendo le cubature e chi come l’assessore all’Urbanistica Berdini punta ad affossarla. Ora la scadenza si sposta al 3 marzo, ma non sarà più derogabile
La conferenza dei servizi per il nuovo stadio della Roma si ferma ad un passo dal traguardo: ad una settimana dalla scadenza dei lavori (fissata al 6 febbraio), il Comune ha chiesto ed ottenuto una proroga di 30 giorni. Il Movimento 5 stelle ha deciso di non decidere, perché ad oggi non sarebbe stato in grado di farlo: ancora troppo grande la distanza con la società su come rivedere un progetto che dovrà per forza subire una “sforbiciata” (nella migliore delle ipotesi) per vedere la luce. Soprattutto, però, ancora troppo forti le divisioni interne, tra chi crede che non si possa dire no anche allo stadio, chi vorrebbe costruirlo riducendo le cubature e l’ala estremista guidata dall’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini che punta proprio ad affossare l’opera. Meglio rinviare tutto allora.
PROGETTO DA 1,7 MILIARDI – La costruzione di un nuovo impianto (con annessi e connessi) nell’area di Tor di Valle è uno dei cardini del progetto sportivo degli americani di James Pallotta. Nella Capitale se ne parla da quasi tre anni: una grande opera dal valore complessivo di 1,7 miliardi di euro, per la gioia dei tifosi giallorossi (e dei costruttori). A fine 2014 il Comune aveva anche approvato la delibera di pubblica utilità che aveva fatto partire l’iter burocratico per il via libera definitivo. Ma allora a Palazzo Senatorio c’era Ignazio Marino. Con l’arrivo del M5s la posizione del Campidoglio è cambiata. In realtà all’inizio sembravano non esserci problemi: la scorsa estate il Comune aveva dato l’ok alla versione definitiva proposta dalla As Roma, facendo così iniziare la conferenza dei servizi che avrebbe dovuto concludersi il 6 febbraio. Per un esito positivo, però, serviva anche una variante urbanistica da parte del Campidoglio. E qui l’iter si è arenato e rischia di bloccarsi definitivamente.
TRE CORRENTI DENTRO AL M5S – Dopo le Olimpiadi, lo stadio della Roma è diventato un altro totem ideologico per la maggioranza. Ben più sofferto, perché se il ritiro alla candidatura di Roma 2024 era più o meno condiviso (tra i pochi a favore, curiosamente, c’era proprio Berdini) sull’impianto di Tor di Valle le posizioni sono molto più variegate. L’assessore all’Urbanistica non ha mai fatto mistero di essere contrario (“Sarebbe uno scempio”, “Sarà inutile per la città”, sono solo alcune delle sue stroncature). Per contro, c’è chi ritiene che Roma non possa permettersi di dire di no a un’altra delle poche opere previste in grado di portare risorse private: tra questi ci sarebbe proprio Virginia Raggi, l’ex vicesindaco Daniele Frongia (ora declassato ad assessore allo Sport) e i fedelissimi della sindaca. La soluzione di compromesso sarebbe invece una riduzione della cubature delle opere accessorie (si era parlato di un 20% in meno rispetto al milione di metri cubi complessivi), che però dovrebbe comunque conciliarsi con il contenuto della delibera di Marino per non azzerare l’iter burocratico.
SI DECIDE IL 3 MARZO – Il dibattito segue l’onda degli equilibri interni al M5s romano. In autunno, quando la sindaca era saldamente alla guida del Campidoglio, il Comune sembrava orientato a dire sì al progetto, più o meno ridimensionato, ma comunque in maniera tale da non fare ripartire la conferenza dei servizi. Infatti Berdini veniva dato come corpo estraneo, e addirittura in uscita dalla giunta. Poi, dopo l’arresto di Raffaele Marra e la crisi di dicembre, la posizione dei contrari ha ripreso quota e lo stesso assessore ha rialzato la testa: mentre il Comune chiedeva la proroga, i suoi uffici hanno già messo nero su bianco che “la Conferenza non può concludersi con esito favorevole a causa dei rischi idrogeologici”, come si legge nella lettera inviata dal Dipartimento Urbanistica alla Regione. Così il rinvio è diventato inevitabile.
“L’intenzione di fare lo stadio c’è, il problema noto è quello delle cubature che per noi vanno ridotte”, spiega Enrico Stefàno, uno dei consiglieri più rappresentativi. Resta però la necessità della variante da parte del Comune (oltre allo schema di convenzione con la società proponente): adesso la scadenza si sposta al 3 marzo, ma non sarà più derogabile. “Se non arriva il parere entro quella data la conferenza si ferma”, avverte l’assessore regionale Michele Civita. Che prova a suggerire anche una scappatoia: “Il Comune ha spiegato che la delibera di pubblico interesse di Marino non aveva valore urbanistico, magari potrebbe ripensarci…”. Significherebbe togliersi dall’impiccio di produrre un atto ufficiale a firma M5s, ma anche avallare il progetto così com’è. Difficile, di questi tempi. “Dovessi scommettere, oggi lo farei sullo stop o sulla riduzione…”, sussurra Berdini in Campidoglio. Virginia Raggi ha un altro mese per trovare la quadra: probabilmente più dentro che fuori al Movimento 5 stelle.