Se i suoi “antieroi” sono invecchiati piuttosto male, il 60enne Danny Boyle invece non ha fatto che rastrellare successi e fiducia in se stesso. “Sicuramente come regista sono cresciuto tecnicamente, ma questo non implica che invecchiando sia migliorato, anzi. Ritengo che con l’età vada perdendosi quella magnifica sgangheratezza fatta di innocenza e di errori che mai più tornerà"
“Un film sul senso di invecchiare”. Questo voleva Danny Boyle come sequel per la sua memorabile pellicola del 1996, l’opera che l’ha immortalato quale “il regista di Trainspotting” ancor più quale vincitore dell’Oscar nel 2009 per The Millionaire. Chi se li poteva dimenticare i quattro squattrinati e balordi da Edimburgo che trascorrevano il tempo guardando i treni e strafacendosi di droghe. Oggi hanno superato i 40 e hanno capito che a “ogni occasione segue un tradimento”. T2 Trainspotting, in uscita italiana il 23 febbraio e in galà fuori concorso all’imminente Berlinale, era atteso da 20 anni. “Dieci anni fa ci abbiamo provato” spiega Boyle in visita romana “ma adattando Porno di Irvine Welsh – che è il sequel del suo romanzo Trainspotting – ho capito che non avrebbe dato vita a ciò che io immaginavo come capitolo successivo del film”.
L’ispirazione giusta è arrivata, a quanto pare, due anni fa in un viaggio a Edimburgo con lo scrittore scozzese al suo fianco. “Abbiamo osservato, ascoltato e l’idea ci è giunta rimescolando assai liberamente i due romanzi. A emergere è stata una sceneggiatura ancorata alla nostalgia della giovinezza che diventa per i protagonisti una forma di dipendenza ancor più pregnante di quella da stupefacenti”. Dunque rieccoli gli ex strafattoni impenitenti Mark Renton “Rent Boy” (Ewan McGregor), Simon “Sick Boy” (Johnny Lee Miller), Franco “Begbie” (Robert Carlyle) e Daniel “Spud” (Ewen Bremner): ci appaiono come un misto di malinconia e furore vendicativo, ripiegamento su loro stessi e paura di crescere, a tratti travolti dal senso del fallimento e disperazione vera e propria. “In altre parole – dice Boyle – sono il risultato del proverbio inglese per cui la gioventù è sprecata sui giovani, il loro essere fucked up (fottuti dalla vita) nasce dall’essersi rifiutati di diventare veri adulti, come emblematicamente recitava il famoso discorso “Scelgo di non scegliere la vita” che Mark pronunciò a 20 anni”.
Se i suoi “antieroi” sono invecchiati piuttosto male, il 60enne Danny Boyle invece non ha fatto che rastrellare successi e fiducia in se stesso. “Sicuramente come regista sono cresciuto tecnicamente, ma questo non implica che invecchiando sia migliorato, anzi. Ritengo che con l’età vada perdendosi quella magnifica sgangheratezza fatta di innocenza e di errori che mai più tornerà. Persino i geniali Coen hanno fatto i loro film migliori a inizio carriera, almeno secondo me”.
T2 sembra lo specchio delle parole di Boyle, essendo a tutti gli effetti un film crepuscolare sia nei temi che nella forma, antitesi di quell’irriverenza pop, data anche dal qui assente Iggy nella colonna sonora. “Con il budget assai più elevato di allora ci siamo potuti permettere i Queen” scherza Boyle che finalmente ha inserito nella soundtrack quel Radio Ga Ga da sempre desiderato. Anche lo sfondo socio-culturale britannico – qui specificatamente scozzese – è mutato. Benché il regista di Manchester tenga a sottolineare che “non siamo nel realismo sociale di Ken Loach”, i suoi protagonisti se la vedono con problemi di sussidi, di disoccupazione. Ironicamente T2 è anche vintage dal punto di vista politico, essendo presente una scena in cui i “nostri eroi” riescono a ottenere un finanziamento europeo per un progetto. “L’abbiamo girato durante il referendum per la Brexit. A film chiuso e Brexit vittoriosa ci siamo chiesti se mantenere o no la scena. L’abbiamo tenuta, e il film è già datato!”