Non solo D'Alema. Anche l'ex segretario si dice pronto a un nuovo soggetto "largo, plurale, democratico". "Mi piacerebbe un confronto, nel partito spazi sempre più ristretti". Ma il presidente del partito cerca di correre ai ripari: "Per il congresso non c'è tempo, ma Renzi non si sottrae a sfida". Anche Vendola pronto a partecipare all'operazione a sinistra dei democratici
Aveva detto che dal Pd se ne sarebbe andato solo se l’avessero preso a calci. Ora quel momento sembra essere diventato più vicino. Dopo Massimo D’Alema e Nichi Vendola, dopo le proteste di Michele Emiliano e Enrico Rossi, ora tocca a Pierluigi Bersani: “Se Renzi forza – dice l’ex segretario del partito , rifiutando il Congresso e una qualunque altra forma di confronto e di contendibilità della linea politica e della leadership per andare al voto, è finito il Pd. E non nasce la cosa 3 di D’Alema, di Bersani o di altri, ma un soggetto ulivista, largo, plurale, democratico”. Per questo i vertici del partito sembrano mettere un pezzo di nastro adesivo per tenere i cocci. Il presidente Matteo Orfini, a Carta Bianca, su Rai3: “Possiamo convocare il congresso da giugno in poi – dice Orfini – Qualora ci dovesse essere un’accelerazione sul voto, non faremo in tempo a fare il congresso ma se c’è l’esigenza di ridiscutere con quale candidato andiamo alle elezioni, come chiede Bersani, potremmo tranquillamente trovare il modo di fare le primarie prima delle elezioni. Lo dico da presidente del partito che garantisce lo statuto. Il segretario del partito non ha intenzione di sottrarsi“. “Bersani – ragiona Orfini – vuole rifare l’Ulivo, Rossi parla di socialismo. A questo punto rifacciamo il Pci… Questo gioco dell’oca non funziona molto. Abbiamo fatto il Pd proprio per superare quei partiti che non funzionavano più”. Per quanto riguarda la legge elettorale Orfini sembra avvicinarsi alle proposte dei Cinquestelle: “Estendere la legge della Consulta al Senato”, ma con una soglia di sbarramento all’8% e una “correzione maggioritaria che favorisce governabilità”.
Video di Manolo Lanaro e Alberto Sofia
Bersani: “Con Renzi voglio parlare in pubblico”
A chi chiede se un faccia a faccia con il leader gli basterebbe, Bersani risponde di non voler incontrare Renzi: “Parlo in pubblico. E mi piacerebbe farlo nel Pd, dove è preoccupante il restringimento degli spazi democratici”. La distanza tra Bersani e Renzi resta su molte cose. Le riforme necessarie, le misure che servono alla ripresa economica e alla crescita. E anche la legge elettorale. Dice Bersani che “siamo passati in poche settimane da un sistema che era il record mondiale del maggioritario a un iper-proporzionale senza bussola, senza discutere”. Se si estende la legge elettorale della Camera al Senato si ha “una legge che garantisce l’ingovernabilità. Rende necessario un accordo con Berlusconi e neanche basta”. Per l’ex ministro “vanno tolti i capilista bloccati che portano a una Camera formata per il 70 per cento di nominati. E considero una provocazione allargare al Senato questo scempio. Possiamo discutere o no? E per favore: evitiamo le volgarità dei discorsi sulle seggiole. Io, Speranza, altri abbiamo dimostrato che noi ai posti semmai rinunciamo, in nome delle battaglie sui principi. È offensivo dire che vuole posti chi sta dicendo che bisogna abolire l’aberrazione dei nominati”.
“Renzi non insulti il Parlamento col discorso sui vitalizi”
E non c’entra nemmeno la vicenda dei vitalizi, evocata ieri Renzi. “E’ inaccettabile” quella frase, per Bersani. “Ci può star tutto nella vita, comprese le diverse opinioni, però se buttiamo anche a mare la dignità del Parlamento non si capisce dove andiamo. Non può insultare il Parlamento. I vitalizi non ci sono più dal 2012 e ci sono qui dentro deputati 30enni che non sono qui ad aspettare i 65 anni per avere qualche euro di contributi. Non so se siano bersaniani o renziani: oggi ne ho visto qualcuno che piangeva. Gente onesta, perbene, che fa la politica perché ci crede. Perché non si vive di solo pane. Il rispetto conta”.
“Con Gentiloni cosa si fa? Si autolicenzia in streaming?”
Un ragionamento che finisce per coinvolgere, necessariamente, il governo Gentiloni, che sarebbe la vittima sacrificale delle elezioni anticipate. “Il governo deve governare. Gentiloni vuole governare? Un presidente del Consiglio giura sulla Costituzione, non facciamo vedere un autolicenziamento in streaming alla direzione del Pd” dice Bersani nell’intervista. Renzi “vuole andare al voto per evitare Congresso, manovra, referendum Cgil… La sconfitta, andando avanti così, non è evitabile. Napolitano ha ragione, ma io non dico che non si può votare prima della scadenza. Dico andiamoci con ordine, dopo Congresso e con una legge elettorale decente”.
Vendola pronto a progetti a sinistra del Pd
In questi movimenti sotterranei, resta alla finestra Sinistra Italiana: star fermi o chiusi, in questa congiuntura, sarebbe un’idiozia, è il ragionamento. E’ il punto di partenza di Nichi Vendola e degli esponenti ex Sel: nessuna alleanza con Renzi ma, anzi, imporsi come avversari, a sinistra, del segretario Pd. Da qui la volontà di guardare con interesse non solo alle mosse di D’Alema ma anche ai sommovimenti della minoranza Pd, tenendo ben presente che un’eventuale lista di sinistra potrebbe anche includere personaggi di “peso” come Luigi De Magistris e Giuliano Pisapia. “Guardo con molto interesse a quello che si sta muovendo, all’impegno di D’Alema, che mi auguro faccia qualche autocritica”, è il pensiero che Vendola consegna alla Repubblica. Mentre Nicola Fratoianni, in un’intervista al Manifesto, sottolinea come le mosse di D’Alema “cambino” il quadro: “Sono stato tante volte in dissenso con D’Alema, ma da ultimo ho condiviso il suo No e molte delle cose che ho sentito sabato”, spiega Fratoianni. Trovando, sulla stessa scia, anche Stefano Fassina. “Pur mantenendo autonomia di visione, vogliamo stabilire relazioni con chi si muove sulla nostra lunghezza d’onda”, è il tweet dell’ex vice ministro dell’Economia. Tappa fondamentale sarà il congresso fondativo di Sinistra Italiana, in programma il 17 febbraio.